Per il ministro del Tesoro Roberto Gualtieri “tutti i nodi politici sono stati sciolti”. I tempi della fumata bianca, però, risentono ancora delle fibrillazioni interne alla maggioranza su alcuni passaggi fondamentali del Decreto Rilancio da 55 miliardi, primo fra tutti quello che riguarda la regolarizzazione dei migranti. “Il testo ora è migliorato ma non è stato ancora raggiunta l’intesa. Si lavora di buon accordo per giungere a una soluzione positiva” hanno detto in tarda serata fonti M5s, a testimonianza del fatto che, nonostante le buone intenzioni, la quadra non sia ancora stata trovata. Il provvedimento, però, ha già molte certezze, a partire dai soldi (1,5 miliardi) da destinare alla scuola anche per stabilizzare 16mila insegnanti da settembre.

Per il via libera definitivo, però, bisognerà ovviamente aspettare la ratifica del Consiglio dei ministri, che non è stato ancora convocato. I motivi? Gli stessi delle ultime 48 ore. Ovvero: il dissenso del M5s sulle regolarizzazioni di braccianti agricoli, colf e badanti; la contrarietà di Italia viva su Irap, bonus vacanze e reddito di emergenza. Nonostante tutto, però, l’accordo sembra essere vicino, almeno stando ai rumors che si registrano nella tarda serata, a preconsiglio ancora in corso. La vera novità, invece, è la veemente protesta dei sindaci delle grandi città turistiche (tra gli altri anche quelli di Milano, Roma, Napoli, Firenze, Palermo), che hanno letto la bozza del Dl Rilancio e hanno inviato una lettera di protesta al premier Giuseppe Conte: “Così siamo a rischio default” hanno scritto.

Provvedimenti certi e discussioni in corso – Nel decreto per aiutare le famiglie e le imprese ci sono, come annunciano Gualtieri e la ministra Lucia Azzolina, 1,5 miliardi per la scuola e l’impegno per stabilizzare 16mila insegnanti a settembre. Arrivano anche norme sulle mascherine, per semplificare l’iter di certificazione e per bloccare l’Iva, aiuti agli alberghi, come lo stop alla prima rata dell’Imu, e l’annunciato blocco della rata di giugno dell’Irap per le aziende tra i 5 e i 250 milioni di ricavi. Ma qui iniziano i problemi, perché sulla formulazione della norma auspicata da Confindustria emergono mal di pancia e distinguo. Nella maggioranza c’è chi, tra i parlamentari Pd e M5s, avrebbe preferito un altro tipo di intervento. Ma c’è anche chi, come Iv, lo giudica troppo poco e chiede di ampliare la platea ed eliminare il requisito di aver subito danni per l’emergenza. Il confronto sulle norme, che sembrava chiuso, promette di andare avanti, così, fino alla convocazione del Consiglio dei ministri, probabilmente nella giornata di martedì.

Il nodo della regolarizzazione dei migranti – Ma a tenere banco nella maggioranza, ed alimentare tensioni tra gli alleati, è soprattutto lo scontro sulle regolarizzazioni. Perché domenica notte un’intesa sembrava chiusa anche con i rappresentanti M5s: “E’ arrivato un sostanziale via libera di Bonafede e Crimi“. Ma in mattinata dalle fila M5s iniziano i distinguo, poi la frenata, in nome del “no alle sanatorie indiscriminate”. Il punto è che la bozza d’intesa, sostenuta dalla ministra Luciana Lamorgese, da Peppe Provenzano per il Pd, da Teresa Bellanova per Iv e da Leu, prevede un doppio binario: la regolarizzazione di lavoratori in nero, italiani e non, e permessi di soggiorno di sei mesi per i migranti che cerchino lavoro. Vengono introdotti requisiti stringenti: nel primo caso il datore di lavoro regolarizza il lavoratore in nero che fosse in Italia prima dell’8 marzo, con una sanatoria delle irregolarità penali, pagando un forfait di 400 euro; nel secondo caso il lavoratore il cui permesso di soggiorno sia scaduto dopo il 31 ottobre 2019 può chiedere un permesso di sei mesi per cercare lavoro versando una somma di 100 euro. Ma il M5s ribolle: i più critici contestano entrambi i meccanismi, nel primo caso denunciando il rischio di ‘salvare’ caporali e sfruttatori, nel secondo per i sei mesi di permesso senza lavoro. Dalla bozza emerge che la sanatoria non riguarderebbe chi sia stato condannato per caporalato o sfruttamento della prostituzione, di minori o dell’immigrazione clandestina. Ma a sera manca un’intesa.

Slittamenti e Italia Viva di traverso sul bonus turismo – La norma, assicurano dal Pd, arriverà in Cdm e lì un accordo si troverà. Ma intanto la convocazione slitta. Una riunione tecnica del preconsiglio, preparatoria del Cdm, doveva tenersi in mattinate ma è stata rimandata fino alle 21. E a quanto pare durerà fino a notte fonda. Italia Viva, nel frattempo, chiede con Maria Elena Boschi di modificare, perché troppo complesso nei requisiti, il bonus turismo: meglio dare i soldi agli albergatori. I renziani contestano anche il reddito di emergenza, su cui un accordo tra M5s e Pd è stato raggiunto, e i “troppo pochi fondi alle famiglie e alle scuole paritarie”. Nelle ultime ore però è la difficoltà a far quadrare le coperture a tenere banco. L’Irap, per dire, toglie soldi alla sanità, coperti dalle risorse in deficit: “Ma poi – dicono dal Pd – nei prossimi mesi ci si dovrà porre il tema di accettare il prestito del Mes”. Più in generale 55 miliardi non sono pochi, ma le richieste si moltiplicano di ora in ora e qualche nodo è possibile sia rinviato al Parlamento, dove già si prepara l’assalto alla dirigenza.

La protesta dei sindaci delle città turistiche – Spine e nodi a cui va aggiunta la protesta dei sindaci delle grandi città turistiche italiane. “Se non saranno accolte le nostre richieste ponderate e motivate, le nostre città rischieranno seriamente il default e l’impossibilità oggettiva di spingere il sistema paese nella ripresa economica e turistica”. Parola dei sindaci Gnassi, Brugnaro, De Magistris, Nardella, Orlando, Raggi, Sala, che hanno scritto a Conte, dopo aver letto la bozza del Dl Rilancio, per chiedere di rivalutare le norme relative ai Comuni. In particolare, i sette sindaci di Rimini (anche rappresentante Anci turismo), Venezia, Napoli, Firenze, Palermo, Roma e Milano, protestano per il mancato riferimento al ristoro dell’imposta di soggiorno, “in un fondo aggiuntivo rispetto a quello dei 3 miliardi concordato con Anci. Il mancato incasso di queste imposte avrà come conseguenza il blocco di molti servizi essenziali – hanno sottolineato nella missiva – e l’impossibilità di andare incontro alle richieste delle imprese che chiedono una sospensione dei tributi locali quantomeno per il periodo di chiusura delle attività“.

Operatori del turismo: “Noi ignorati speciali” – Una presa di posizione che fa eco alle preoccupazioni degli operatori del turismo, che si definiscono “ignorati speciali”, “presi in giro”, “sconcertati“, “atterrati”, “a rischio implosione”, con imprese “sempre meno di sicure di avere le forze per riaprire” a fine crisi e milioni di posti lavoro a rischio. “Per il settore c’è poco e niente: il credito di imposta servirà a poco, viste le prospettive praticamente nulle di ripresa. E anche il Fondo ha una dotazione irrisoria. Sembra quasi che il turismo, da teoricamente ‘sorvegliato speciale’ visto che è il più colpito dall’emergenza, sia diventato l’ignorato speciale” ha detto all’Ansa Vittorio Messina, presidente di Assoturismo Confesercenti. “Serve un piano straordinario di sostegno, non provvedimenti a macchia di leopardo. Grande delusione anche per il bonus vacanze – ha aggiunto – sia per l’attuazione che per l’importo. Così è inutile, era meglio mettere le risorse sugli indennizzi, che devono essere più sostanziosi. Adesso basta, non c’è più tempo”.

“Se il testo finale dovesse rimanere quello che sta circolando nelle bozze di queste ore, devo dire che il mondo del turismo sarebbe non solo deluso, ma anche completamente atterrato nella possibilità di ripartire: non è assolutamente sufficiente per supportare un piano di tenuta delle aziende per quest’anno e neanche, un rilancio” spiega Marina Lalli, presidente di Federturismo Confindustria, che continua a sperare che il documento circolato in queste ore non sia quello completo nella parte relativa al turismo. Secondo il presidente di Federterme Confindustria Massimo Caputi il problema è anche legato al fatto che non c’è un ministero dedicato per un settore che vale il 13% del pil: “Avendo viaggiato per 5 ministeri diversi, non c’è nessuno che combatte per il turismo, qui si rischiano due milioni di disoccupati. I nostri colleghi spagnoli, americani, svizzeri, tedeschi – dice – hanno già i soldi in cassa, lo Stato è stato fulmineo, ha dato la liquidità in due ore, noi sono due mesi che riempiamo moduli”. Caputi ribadisce anche il grosso problema legato all’art. 42 del Cura Italia che sancisce che il contagio da Covid-19 è infortunio sul lavoro: “Ci espone a un’infinità di contenziosi. Chi vorrà aprire con questo rischio per dipendenti e clienti?”

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