Cento anni fa, il 18 maggio 1920, nasceva San Giovanni Paolo II. E forse non è un caso se proprio in questa data, seppur tra norme abbastanza ferree, i fedeli italiani potranno ritornare nelle loro chiese per partecipare alle messe. Papa Francesco avrebbe dovuto presiedere una grande celebrazione eucaristica in piazza San Pietro, domenica 17 maggio, per ricordare questo importante anniversario che cade a quindici anni dalla morte di Karol Wojtyla.
Le limitazioni imposte dalla pandemia di coronavirus hanno purtroppo costretto il Vaticano a cancellare questo importante appuntamento che avrebbe richiamato anche tanti fedeli dall’estero, in particolare dalla Polonia.
Francesco ha voluto comunque ricordare il suo predecessore che lo nominò prima vescovo, nel 1992, poi arcivescovo di Buenos Aires, nel 1998, e, infine, nel 2001, gli impose la berretta rossa. Bergoglio ha, infatti, scritto la prefazione al bellissimo libro fotografico intitolato San Giovanni Paolo II. 100 anni. Parole e immagini (Libreria Editrice Vaticana), curato da monsignor Giuseppe Merola. Un volume che il Pontefice definisce una “bella iniziativa”.
In effetti si tratta di un vero e proprio omaggio nei confronti di quel Papa polacco a cui Francesco si richiama spesso nel suo magistero. “San Giovanni Paolo II – scrive Bergoglio nella prefazione – è stato un grande testimone della fede, un grande uomo di preghiera che ha vissuto completamente immerso nel suo tempo e costantemente in contatto con Dio, una guida sicura per la Chiesa in tempi di grandi cambiamenti. Tante volte, nel corso della mia vita di sacerdote e di vescovo ho guardato a lui chiedendo nelle mie preghiere il dono di essere fedele al Vangelo come lui ci testimoniava”.
Per il Papa “rimangono come eredità viva alla Chiesa il suo magistero, le sue encicliche su Gesù redentore dell’uomo, su Dio ricco di misericordia, sullo Spirito Santo, l’enciclica Redemptoris Mater su Maria nella vita della Chiesa; le sue encicliche sociali, i suoi insegnamenti quotidiani; il preziosissimo dono del catechismo della Chiesa cattolica. Rimangono impresse nella memoria, a noi che abbiamo vissuto gli anni del suo lungo e fecondo pontificato, la sua grande passione per l’umano, la sua apertura, la sua ricerca del dialogo con tutti, la sua determinazione nel mettere in atto ogni tentativo per fermare le guerre, la sua propensione ad andare incontro a chiunque e ad abbracciare chi soffre. Con lui, primo vescovo di Roma proveniente dall’Europa dell’Est, la ‘Chiesa del silenzio’, la Chiesa dei martiri d’Oltrecortina, ha trovato voce”.
Un ritratto fedele dei ventisette anni di pontificato che hanno davvero mutato non solo il volto del cattolicesimo, ma del mondo intero. Nel volume la poliedricità del Papa polacco viene illustrata in modo approfondito e a 360 gradi offrendo ai lettori che lo hanno conosciuto e amato, a quelli che appartengono alla cosiddetta“generazione Wojtyla” e a coloro che per motivi anagrafici non hanno nessun ricordo di lui di approfondire la sua figura e soprattutto il suo luminoso insegnamento tuttora attualissimo. Senza perciò omettere le pagine dolorose della sua esistenza.
Come ha spiegato Francesco, infatti, “quello che a volte rischiamo di dimenticare, e che desidererei porre all’attenzione dei lettori, è quanto questo Papa abbia sofferto nella sua vita. Le sue sofferenze personali si sono legate a quelle del suo popolo e della sua nazione, la Polonia. Precocemente orfano di madre, vive il dramma della morte dell’amatissimo fratello e poi del padre. Quando entra nel seminario clandestino di Cracovia ha perso tutti i suoi familiari più stretti. Vive la sua donazione totale a Dio e alla sua Chiesa in un tempo in cui tanti suoi amici perdono la vita durante la guerra. In un suo libro biografico, già Papa, rivelerà che ogni giorno si domandava perché il Signore lo avesse lasciato vivo, mentre intorno a lui così tante persone morivano. La sofferenza che ha vissuto affidandosi totalmente al Signore, lo ha forgiato e ha reso ancora più forte la fede cristiana alla quale era stato educato in famiglia”.
Francesco ricorda, inoltre, come Wojtyla “è stato uno straordinario educatore di tanti giovani che attraverso di lui, giovane prete, venivano introdotti nel cammino di una fede concreta, testimoniata, vissuta in ogni istante della vita. San Giovanni Paolo ha sofferto da Papa, ha subito il terribile attentato del 1981, ha offerto la propria vita, ha versato il suo sangue per la Chiesa, e ci ha testimoniato che anche nella difficile prova della malattia, condivisa quotidianamente con il Dio fatto uomo e crocifisso per la nostra salvezza, si può restare lieti, si può restare noi stessi. Si può gioire nella certezza dell’incontro con Gesù risorto. Ormai quindici anni ci separano dalla sua morte. Tre lustri possono essere pochi, ma sono tanti per i ragazzi e i giovani che non l’hanno conosciuto o che di lui hanno soltanto qualche vago ricordo dai tempi dell’infanzia. Per questo nel centenario della sua nascita era giusto far memoria di questo grande santo testimone della fede che Dio ha donato alla sua Chiesa e all’umanità”.
Bergoglio non ha dubbi: “Lui è stato un grande testimone della misericordia e durante tutto il suo pontificato ci ha richiamato a questa caratteristica di Dio. È bello ricordarlo in modo semplice: con delle immagini, così espressive e capaci di trasmetterci ciò che Giovanni Paolo II è stato. E con brevi testi e preghiere tratte dalle sue omelie, dai suoi documenti e dal suo magistero. Mi auguro che questo testo possa arrivare nelle mani di molti e soprattutto dei giovani: ricordiamo la sua fede, e la sua figura ci sia di esempio per vivere la nostra testimonianza oggi. Sentiamo riecheggiare il suo appello a spalancare le porte a Cristo, a non avere paura. Camminiamo lieti, nonostante le difficoltà, lungo i sentieri del mondo, seguendo le orme dei giganti che ci hanno preceduto nella certezza che non siamo e non saremo mai soli. Questo ci ha insegnato lungo tutta la sua vita San Giovanni Paolo II, coltivando sempre un legame speciale con la nostra mamma in cielo, Maria, madre della tenerezza e della misericordia”.