In totale 6939 casi di Covid-19 in tutto il Paese, 97 morti, 16 nuovi casi nelle ultime 24 ore. Il tutto su una popolazione di 25 milioni di persone. L’Australia è stata – fino ad oggi – miracolata dalla pandemia. Tanti e vari sono i motivi che per adesso ci hanno permesso di non subire le stesse drammatiche conseguenze di altri Paesi. Alcune sono geografiche e strutturali, tra le quali la bassa densità della popolazione: poco più di 3 persone per km quadrato, contro le oltre 200 in Italia.
La popolazione australiana vive nella maggioranza dei casi in case indipendenti, spesso con un giardino, quindi con spazi personali molto più ampi – e meno contatti con estranei – della popolazione europea o asiatica, rinchiusa in condomini. Una cultura di prossimità meno sviluppata (il che è spesso un difetto, intendiamoci bene): le persone sono abituate a passare più tempo nel loro ristretto circolo familiare e casalingo, anche perché spesso le distanze con la casa dei genitori o amici sono assai superiori, data la vastità territoriale del Paese.
Una infrastruttura digitale molto più sviluppata di quella italiana, il che ha permesso al Paese di poter sostenere il passaggio allo smartworking in maniera veloce e indolore. Un sistema scolastico che – rispetto a quello italiano – utilizza maggiormente le nuove tecnologie. I miei figli, ad esempio, hanno pochissimi libri e fanno tutti i compiti online, così come usavano Google Classroom per la gestione dei loro task in classe molto prima che scoppiasse la pandemia.
Poi vi sono dei fattori culturali che ci differenziano enormemente e che hanno avuto un peso fondamentale nella gestione della crisi in Australia. In primo luogo, la popolazione ha una forte abitudine ed educazione al rispetto delle regole. Lo si nota in ogni aspetto della vita sociale e la pandemia ha evidenziato ancora di più l’attitudine delle persone ad ascoltare, capire e obbedire, anche se non sono d’accordo con le decisioni prese.
Quando leggo le horror stories provienienti dall’Italia di gente che volontariamente sfida i divieti e viola la legge per protestare contro le misure di chiusura, mi si gela il sangue. Qui sarebbe impensabile; anzi, se la direttiva è di stare lontani 1,5 metri, la maggioranza delle persone sceglie 2 metri di separazione. E’ una questione culturale che probabilmente ha origini lontane, quando il Paese fu scoperto e una società nuova fu creata in pochi decenni. Saltando le tappe – spesso in maniera cruenta, come testimonia la storia – e abituando la popolazione a quella parola inglese, che non a caso non ha traduzione in una corrispondente parola italiana: compliance.
Poi c’è la questione politica: l’attuale governo è del Liberal Party e quindi – non sorprendentemente – ha l’attenzione principalmente focalizzata verso il fattore finanziario. Il Primo Ministro Scott Morrison, soprattutto all’inizio della gestione della crisi, sembrava molto più concentrato sulla ripresa economica del Paese che sulla situazione sanitaria.
Ciononostante, il partito di opposizione (Labour Party) ha più volte appoggiato le decisioni del Governo e non ha mai tentato di sfruttare l’opportunità per giochi politici di ribaltone. Ha lavorato, anzi, per aiutare il Governo a complementare la propria strategia, cercando di indirizzare il focus su altri aspetti più di tipo sociale. Ma senza polemiche o contenziosi, sempre usando un approccio bi-partisan e lavorando nella opportune sedi istituzionali, piuttosto che facendo sparate in tv.
Rispetto all’Italia, qui è risultata molto più chiara la definizione e separazione di responsibilità decisionali tra il Governo centrale e gli Stati (l’equivalente delle Regioni nel sistema italiano). Io ad esempio vivo nello stato del Vittoria, governato dal Labour Party e con un governatore che ha avuto un approccio più cauto del Governo centrale.
Scott Morrison ha annunciato venerdì scorso un piano in tre fasi per rimuovere gradualmente le restrizioni in atto e il governatore del Vittoria si è subito premurato di dire che nel nostro Stato le decisioni non verranno recepite fino ad almeno lunedì, quando lo Stato approverà il proprio pacchetto di misure. La differenza consiste nel fatto che quando Morrison ha presentato le misure in diretta nazionale, si è subito premurato a chiarire che gli Stati avranno l’autonomia per passare da una fase all’altra della ripresa in momenti differenti, in linea con la loro situazione di salute pubblica. Insomma, i casi Governo centrale contro Calabria da noi sono impensabili.
Se – come sembra probabile – siamo riusciti a schivare la crisi del virus, rimane la preoccupazione dell’impatto di questa situazione sulla salute mentale dei cittadini, in un paese dove le statistiche mostrano che una persona su cinque soffre di problemi mentali (depressione, ansia etc.) e l’Australian Bureau of Statistics stima che quasi la metà della popolazione australiana avrà un problema di salute mentale nel corso della propria vita.
L’Università di Sydney ha recentemente pubblicato uno studio che indica come nei prossimi cinque anni potremmo vedere un aumento tra 750 a 1.500 suicidi all’anno a causa dell’impatto della pandemia e delle sue ripercussioni economiche sulla popolazione, il che rappresenta un aumento significativo tra il 25 ed il 50% rispetto ai 3mila suicidi registrati in media ogni anno in Australia. Come prima risposta, il ministero della Salute ha stanziato fondi aggiuntivi per la prevenzione del suicidio, anche perché si teme che quasi un terzo dei suicidi aggiuntivi possa verificarsi tra i giovani.
Vi sono studi e preoccupazioni simili per i Paesi europei e, per chi fosse interessato, l’Oms è una fonte preziosissima di dati. A riprova che la pandemia ha due differenti fasi di crisi da gestire: quella sanitaria (virus, decessi, contagi) e quella psicologica/mentale (depressione, suicidi). La prima ha avuto sviluppi e risposte varie in ogni Paese. La seconda ci vedrà combattere – a mio modesto parere – su un piano maggiormente livellato, visto che le conseguenze sulla salute mentale delle persone potrebbero essere meno legate proporzionalmente all’intensità del virus e al numero di contagi e morti.
Il sistema Italia sulla gestione della fase sanitaria ha avuto parecchi inciampi, come sappiamo. Mi piacerebbe pensare e augurarmi che – magari studiando le buone pratiche degli altri Paesi – il nostro Paese possa fare una figura migliore nell’affrontare la fase due e minimizzare le conseguenze di questa tragedia sulla psiche di tutti i suoi cittadini.
Federico Marcon
Curioso e instancabile argonauta
Mondo - 11 Maggio 2020
L’Australia affronta il Coronavirus senza inciampi: quando sento dell’Italia mi si gela il sangue
In totale 6939 casi di Covid-19 in tutto il Paese, 97 morti, 16 nuovi casi nelle ultime 24 ore. Il tutto su una popolazione di 25 milioni di persone. L’Australia è stata – fino ad oggi – miracolata dalla pandemia. Tanti e vari sono i motivi che per adesso ci hanno permesso di non subire le stesse drammatiche conseguenze di altri Paesi. Alcune sono geografiche e strutturali, tra le quali la bassa densità della popolazione: poco più di 3 persone per km quadrato, contro le oltre 200 in Italia.
La popolazione australiana vive nella maggioranza dei casi in case indipendenti, spesso con un giardino, quindi con spazi personali molto più ampi – e meno contatti con estranei – della popolazione europea o asiatica, rinchiusa in condomini. Una cultura di prossimità meno sviluppata (il che è spesso un difetto, intendiamoci bene): le persone sono abituate a passare più tempo nel loro ristretto circolo familiare e casalingo, anche perché spesso le distanze con la casa dei genitori o amici sono assai superiori, data la vastità territoriale del Paese.
Una infrastruttura digitale molto più sviluppata di quella italiana, il che ha permesso al Paese di poter sostenere il passaggio allo smartworking in maniera veloce e indolore. Un sistema scolastico che – rispetto a quello italiano – utilizza maggiormente le nuove tecnologie. I miei figli, ad esempio, hanno pochissimi libri e fanno tutti i compiti online, così come usavano Google Classroom per la gestione dei loro task in classe molto prima che scoppiasse la pandemia.
Poi vi sono dei fattori culturali che ci differenziano enormemente e che hanno avuto un peso fondamentale nella gestione della crisi in Australia. In primo luogo, la popolazione ha una forte abitudine ed educazione al rispetto delle regole. Lo si nota in ogni aspetto della vita sociale e la pandemia ha evidenziato ancora di più l’attitudine delle persone ad ascoltare, capire e obbedire, anche se non sono d’accordo con le decisioni prese.
Quando leggo le horror stories provienienti dall’Italia di gente che volontariamente sfida i divieti e viola la legge per protestare contro le misure di chiusura, mi si gela il sangue. Qui sarebbe impensabile; anzi, se la direttiva è di stare lontani 1,5 metri, la maggioranza delle persone sceglie 2 metri di separazione. E’ una questione culturale che probabilmente ha origini lontane, quando il Paese fu scoperto e una società nuova fu creata in pochi decenni. Saltando le tappe – spesso in maniera cruenta, come testimonia la storia – e abituando la popolazione a quella parola inglese, che non a caso non ha traduzione in una corrispondente parola italiana: compliance.
Poi c’è la questione politica: l’attuale governo è del Liberal Party e quindi – non sorprendentemente – ha l’attenzione principalmente focalizzata verso il fattore finanziario. Il Primo Ministro Scott Morrison, soprattutto all’inizio della gestione della crisi, sembrava molto più concentrato sulla ripresa economica del Paese che sulla situazione sanitaria.
Ciononostante, il partito di opposizione (Labour Party) ha più volte appoggiato le decisioni del Governo e non ha mai tentato di sfruttare l’opportunità per giochi politici di ribaltone. Ha lavorato, anzi, per aiutare il Governo a complementare la propria strategia, cercando di indirizzare il focus su altri aspetti più di tipo sociale. Ma senza polemiche o contenziosi, sempre usando un approccio bi-partisan e lavorando nella opportune sedi istituzionali, piuttosto che facendo sparate in tv.
Rispetto all’Italia, qui è risultata molto più chiara la definizione e separazione di responsibilità decisionali tra il Governo centrale e gli Stati (l’equivalente delle Regioni nel sistema italiano). Io ad esempio vivo nello stato del Vittoria, governato dal Labour Party e con un governatore che ha avuto un approccio più cauto del Governo centrale.
Scott Morrison ha annunciato venerdì scorso un piano in tre fasi per rimuovere gradualmente le restrizioni in atto e il governatore del Vittoria si è subito premurato di dire che nel nostro Stato le decisioni non verranno recepite fino ad almeno lunedì, quando lo Stato approverà il proprio pacchetto di misure. La differenza consiste nel fatto che quando Morrison ha presentato le misure in diretta nazionale, si è subito premurato a chiarire che gli Stati avranno l’autonomia per passare da una fase all’altra della ripresa in momenti differenti, in linea con la loro situazione di salute pubblica. Insomma, i casi Governo centrale contro Calabria da noi sono impensabili.
Se – come sembra probabile – siamo riusciti a schivare la crisi del virus, rimane la preoccupazione dell’impatto di questa situazione sulla salute mentale dei cittadini, in un paese dove le statistiche mostrano che una persona su cinque soffre di problemi mentali (depressione, ansia etc.) e l’Australian Bureau of Statistics stima che quasi la metà della popolazione australiana avrà un problema di salute mentale nel corso della propria vita.
L’Università di Sydney ha recentemente pubblicato uno studio che indica come nei prossimi cinque anni potremmo vedere un aumento tra 750 a 1.500 suicidi all’anno a causa dell’impatto della pandemia e delle sue ripercussioni economiche sulla popolazione, il che rappresenta un aumento significativo tra il 25 ed il 50% rispetto ai 3mila suicidi registrati in media ogni anno in Australia. Come prima risposta, il ministero della Salute ha stanziato fondi aggiuntivi per la prevenzione del suicidio, anche perché si teme che quasi un terzo dei suicidi aggiuntivi possa verificarsi tra i giovani.
Vi sono studi e preoccupazioni simili per i Paesi europei e, per chi fosse interessato, l’Oms è una fonte preziosissima di dati. A riprova che la pandemia ha due differenti fasi di crisi da gestire: quella sanitaria (virus, decessi, contagi) e quella psicologica/mentale (depressione, suicidi). La prima ha avuto sviluppi e risposte varie in ogni Paese. La seconda ci vedrà combattere – a mio modesto parere – su un piano maggiormente livellato, visto che le conseguenze sulla salute mentale delle persone potrebbero essere meno legate proporzionalmente all’intensità del virus e al numero di contagi e morti.
Il sistema Italia sulla gestione della fase sanitaria ha avuto parecchi inciampi, come sappiamo. Mi piacerebbe pensare e augurarmi che – magari studiando le buone pratiche degli altri Paesi – il nostro Paese possa fare una figura migliore nell’affrontare la fase due e minimizzare le conseguenze di questa tragedia sulla psiche di tutti i suoi cittadini.
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Palermo, 9 mar. (Adnkronos) - I vigili del fuoco del Comando provinciale di Palermo resteranno per tutta la notte tra via Quintino Sella e via Gaetano Daita per tenere sotto controllo l'edificio in cui ieri mattina si è propagato un vasto incendio che ha distrutto l'appartamento all'ultimo piano dell'ex sottosegretario alla Salute, Adelfio Elio Cardinale, e della moglie, l'ex magistrato Annamaria Palma. I due sono riusciti a mettersi in salvo, tutti i residenti sono stati evacuati, un uomo di 80 anni è rimasto intossicato. "Le fiamme sono state circoscritte e non si propagano più. Sono in corso adesso le operazioni di bonifica che consistono nello smassamento della parte combusta e nello spegnimento dei focolai residui. Per tutta la notte sul posto sarà effettuato un servizio di vigilanza antincendio", ha spiegato in serata all'Adnkronos Agatino Carrolo, direttore regionale dei vigili del fuoco della Sicilia, da ieri mattina sul luogo del rogo.
"Abbiamo dovuto tagliare il tetto con le motoseghe. I miei uomini hanno lavorato a 25 metri su un piano inclinato di 30 gradi e abbiamo lavorato con la dovuta cautela. Tagliato il tetto si impedisce alle fiamme di propagarsi. Quindi rimangono da effettuare le operazioni di bonifica, di rimozione del materiale combusto e laddove ci sono dei focolai residui spegnerli. Oltre a questo si prevede di effettuare un'operazione di vigilanza antincendio ceh consiste in un presidio fisico a vigilare lo stato dei luoghi fino a quando non ci sarà più bisogno", ha detto.
E ha aggiunto: "Ci siamo trovati ad operare ad un altezza di 25 metri dal piano di calpestio. Dobbiamo spegnere un incendio importante di un tetto di circa 400 mq di falde e le fiamme sono particolarmente insidiose perché questa combustione è caratterizzata dal cosiddetto fuoco covante ossia una combustione in condizione di sotto ossigenazione che corre nello spazio di ventilazione del tetto. Quindi in superficie non si vede nulla ma ad un certo punto le fiamme affiorano dove è possibile".
Roma, 8 mar (Adnkronos) - "Non c’è molto da dire, se non che mi vergogno e che mi dispiace molto. Il Pd è germogliato dalle tradizioni più alte e più nobili della storia politica del Paese. Ha nel suo dna l’europeismo. Ed è di tutta evidenza che non può essere questo il nostro posizionamento". Lo scrive sui social Pina Picierno rispondendo alle proteste sui social per il post del Pd sulla questione del piano di Difesa Ue in cui si legge 'bravo Matteo' a proposito delle posizioni di Matteo Salvini.
"Mi vergogno, infatti. E sono allibita", aggiunge la vice presidente del Parlamento europeo.
Roma, 8 mar (Adnkronos) - "Ma vi siete bevuti il cervello Elly Schlein? Vi mettete a scimiottare Salvini. I riformisti sono vivi? Hanno qualcosa da dire? Paolo Gentiloni, Lorenzo Guerini certificate la vostra esistenza in vita al netto di Pina Picierno e Filippo Sensi". Lo scrive sui social Carlo Calenda, rilanciando un post del Partito democratico sulla questione del piano di Difesa Ue in cui tra l'altro si legge 'bravo Matteo' a proposito delle posizioni di Salvini.
Roma, 8 mar (Adnkronos) - "In Italia si aggira un tizio - si chiama Andrea Stroppa - che rappresenta gli interessi miliardari e le intrusioni pericolose di Elon Musk. Dopo avere espresso avvertimenti vagamente minatori e interferito sull’attività di governo, questo Stroppa ha insultato due giornalisti, Fabrizio Roncone e la moglie Federica Serra, con il metodo tipico dell’intimidazione". Lo dice il senatore del Pd Walter Verini.
"Esprimiamo solidarietà ai due giornalisti. E ci chiediamo anche cosa aspetti Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio di questo Paese, a far sentire la sua voce contro queste ingerenze, questi attacchi, questi tentativi di intimidazione a giornalisti e giornali”, aggiunge il capogruppo Pd in Antimafia.
Roma, 8 mr (Adnkronos) - "Mentre il dibattito politico italiano viene inevitabilmente attratto dalla demagogia, da Trump arriva un’altra sberla: l’ipotesi del ritiro di 35.000 soldati americani dalla Germania. Si va di cigno nero in cigno nero, ma tutto questo sembra non ridestare dalla bolla della politica politicante il governo". Lo scrive sui social il senatore Enrico Borghi, vicepresidente di Italia Viva.
"Oggi il Capitano ha animato i suoi gazebo nei fatti contro la linea della Premier e dell’altro Vicepremier (che dovrebbe essere il Ministro degli Esteri). Di fronte a questi scenari, serve un soprassalto di responsabilità. Oggi - aggiunge Borghi - di fronte agli sviluppi della guerra in Ucraina e alla svolta anti-Nato di Trump sono in gioco le nostre libertà democratiche: questo è il tema chiave di questi anni".
Washington, 8 mar. (Adnkronos) - E' stata eseguita tramite fucilazione la condanna a morte di Brad Keith Sigmon, che aveva scelto il plotone di esecuzione alla sedia elettrica e all'iniezione letale, i metodi adottati dalla South Carolina per le pene capitali. La Corte Suprema dello Stato aveva rifiutato l'ultima richiesta di sospensione dell'esecuzione, la prima tramite fucilazione eseguita negli Stati Uniti in 15 anni.
Il legale dell'uomo, condannato a morte per l'omicidio dei genitori della sua ex fidanzata con una mazza da baseball, ha spiegato al Washington Post che il suo assistito ha scelto il plotone di esecuzione perché "ha paura" ed è preoccupato per le possibili sofferenze provocate dall'iniezione letale, il cui procedimento, ha aggiunto il legale, viene "tenuto segreto".
Secondo quanto riferiscono i media americani, un plotone di esecuzione di tre agenti ha sparato all'uomo da una distanza di circa 4,6 metri all'interno del Broad River Correctional Institution nella capitale dello stato Columbia.
I giornalisti che hanno assistito all'esecuzione da dietro un vetro antiproiettile hanno affermato che Sigmon indossava una tuta nera con un piccolo bersaglio rosso fatto di carta o stoffa sul cuore. In una dichiarazione finale letta dal suo avvocato, Gerald King, Sigmon ha dichiarato di voler inviare un messaggio di "amore e un invito ai miei fratelli cristiani ad aiutarci a mettere fine alla pena di morte".
Al condannato è stato quindi messo in testa un cappuccio e circa due minuti dopo il plotone di esecuzione, composto da volontari del South Carolina Department of Corrections, ha sparato attraverso fessure in un muro.
Da quando è stata reintrodotta la pena di morte negli Usa nel 1976 sono state eseguite solo tre condanne a morte per fucilazione, tutte nello Utah, nel 1977, nel 1996 e nel 2000.
Roma, 8 mar. (Adnkronos) - “Il risultato record raggiunto con il 2x1000 per il 2024 consente al Partito democratico un investimento straordinario sui territori: questa settimana abbiamo inviato oltre un milione di euro alle nostre articolazioni regionali e provinciali, che si somma alle 440.000 euro già anticipate. Si tratta solo del 70% di quanto pattuito, in quanto lo Stato non ha ancora trasferito l’intero 2x1000 spettante ai partiti politici. Ma noi invieremo comunque entro marzo il restante 30%, superando in totale i 2 milioni di euro relativi al solo 2024. Se sommiamo queste risorse al mezzo milione di euro trasferito lo scorso anno, possiamo calcolare che, in questi due anni di segreteria, il Pd nazionale ha trasferito ai territori più del doppio delle risorse trasferite negli otto anni precedenti sommati insieme, cioè dalla fine del finanziamento pubblico al 2022". Lo sottolinea il tesoriere del Pd, Michele Fina.
"Oggi -aggiunge- possiamo farlo perché sta arrivando a compimento una grande opera di risanamento del nostro bilancio, ma soprattutto perché abbiamo fatto fin dall’inizio una scelta precisa: investire per sostenere la partecipazione, l'attività politica e, in ultima istanza, la democrazia nel Paese. Abbiamo unito tutti i livelli del partito in un unico sforzo corale. Per questo nel 2024 siamo risultati il primo partito in assoluto con 10.286.000 circa di risorse, con una crescita di 3 milioni in due anni e ben 628.000 contribuenti che ci hanno scelto. È il dato più alto della nostra storia”.
“In un tempo in cui -le democrazie liberali sono messe in discussione dalla prepotenza finanziaria di plurimiliardari stranieri e dalla forza economica delle big tech, il Partito democratico -aggiunge la segretaria Elly Schlein- riparte dai territori, dal coinvolgimento della base, dal riacquisto e riapertura delle sedi, dalla formazione politica".