Dopo giorni di braccio di ferro nella maggioranza sulla questione della regolarizzazione degli stranieri impiegati in agricoltura o come badanti e colf, sembrava che il governo nella notte tra domenica e lunedì avesse raggiunto un’intesa di compromesso: un permesso temporaneo di sei mesi, convertibile in permesso di lavoro alla sottoscrizione del contratto, per i migranti che lavorano nei campi o nelle nostre case. Con una serie di vincoli stringenti. Tra gli altri punti era previsto che il datore di lavoro che avesse presentato istanza per regolarizzare un dipendente ottenesse uno scudo penale e amministrativo per aver denunciato le irregolarità pregresse. Ma nel pomeriggio il Movimento 5 Stelle, che si era detto contrario a una regolarizzazione su larga scala, attraverso il sottosegretario all’Interno Carlo Sibilia ha fatto sapere che la partita “non è chiusa, non risultano accordi e c’è un confronto aperto nel M5S e col capo politico Vito Crimi“. E ha attaccato in particolare l’ipotesi dello “scudo“: “Nessuno comprende come si possa immaginare un condono penale e amministrativo per chi questo reato”, lo sfruttamento di lavoratori nero nei campi, “lo ha commesso e va perseguito per legge”. E ancora: “Chi pensiamo possa andare in prefettura a dire ‘io avevo dei migranti irregolari nel campo, li ho sfruttati facendoli lavorare in nero’?”. “Nessuno mi può convincere che per risolvere un problema si debba fare uno sconto di pena a qualcuno” ha aggiunto su facebook il viceministro dell’Economia Laura Castelli. “Il MoVimento 5 stelle è per la legalità, sempre”.
Sono due gli scogli su cui il M5s ha fatto infrangere l’accordo di massima raggiunto la scorsa notte, facendo slittare ancora il varo del decreto Rilancio. Oltre che alla sanatoria penale per i datori di lavoro che regolarizzino chi è in nero, i pentastellati si oppongono anche alla possibilità per il lavoratore di chiedere un permesso temporaneo di soggiorno di sei mesi per cercare lavoro in Italia. La norma delineava infatti un doppio binario nelle regolarizzazioni. Il primo: il datore di lavoro denuncia un lavoratore in nero e lo fa emergere, con una sanatoria di tutte le irregolarità penali e il pagamento all’Inps di un forfait. Il secondo binario: è il lavoratore a poter chiedere un permesso temporaneo di soggiorno di sei mesi per cercare lavoro. Lo può fare chiunque abbia avuto un permesso di lavoro precedente, scaduto dal 31 ottobre 2019. Per regolarizzarsi, il lavoratore deve pagare all’Inps una somma che si ipotizza attorno ai 100 euro. Il M5s frena anche su questo meccanismo, perché chiede che il permesso venga dato solo a chi abbia un contratto di lavoro.
Così metà giornata, dopo la notizia dell’intesa, il Movimento 5 Stelle ha diffuso una nota per ribadire il no a “qualunque intervento che si configuri come una regolarizzazione indiscriminata” ma anche “a qualunque ipotesi di sanatoria sui reati commessi. Non possiamo immaginare che possa farla franca chi si è macchiato di caporalato, di sfruttamento delle persone. Questo significherebbe, tra l’altro, anche prendersi gioco di tutte quelle aziende oneste che invece hanno sempre rispettato le leggi e rispettato i diritti dei lavoratori. Se vogliamo dare un segnale forte e chiaro, dovremmo inasprire le pene e aumentare i controlli”. Poi l’attacco di Sibilia: “In questo modo si trasmettono due messaggi negativi: da un lato sembra che non si riesca a perseguire chi commette questo reato, mentre le nostre forze dell’ordine lo fanno ogni giorno, con impegno e dedizione; in secondo luogo diciamo all’imprenditore agricolo onesto di ispirarsi a quel mondo fatto di delinquenti, di chi evade le regole, perché nei fatti non vieni perseguito. Noi, come M5S, la politica del condono non l’abbiamo mai sostenuta, su nessun fronte, tanto meno in questo. Per il M5S ben venga la lotta dura al caporalato, ma nessuno sconto per i criminali, sia ben chiaro. Per noi l’intesa non c’è”.
Le posizioni: M5s contro regolarizzazione, Bellanova in pressing – Nei giorni scorsi la ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova aveva minacciato le dimissioni se non fosse passata la regolarizzazione chiesta a gran voce dalle imprese del settore. Il capo politico del Movimento 5 Stelle, Vito Crimi, aveva però ribadito la contrarietà dei vertici M5s a un intervento su larga scala: “Noi diciamo no alla regolarizzazione degli irregolari. Se il nostro obiettivo è sostenere l’agricoltura allora dobbiamo lavorare a misure per garantire il mercato, ma la soluzione non è la regolarizzazione, come se in agricoltura lavorassero solo migranti irregolari”. Di lì il confronto tra il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e una delegazione di esponenti di Italia Viva a Palazzo Chigi il 7 maggio. E altri vertici, ultimo dei quali quello notturno tra il premier Conte e i capi delegazione dei partiti di maggioranza. Che non ha sciolto i nodi. Tanto che il consiglio dei ministri sul decreto Rilancio, in cui avrebbe dovuto essere inserita la misura, pare destinato a slittare ancora.
Raccolta a rischio. Nel lavoro domestico emergenza licenziamenti – Le associazioni delle imprese agricole stimano una carenza di 200mila persone per la raccolta. E sui circa 300mila stranieri impiegati nelle campagne italiane, l’Osservatorio Placido Rizzotto stima che gli irregolari siano il 35%. Mentre nei ghetti di diverse Regioni vivono tra 160mila e 180mila persone senza alcuna tutela sanitaria. Per quanto riguarda il lavoro domestico, Assindatcolf conta 860mila persone in regola e ben 1,2 milioni senza contratto. La categoria sta scontando pesantemente l’emergenza coronavirus: ad aprile le assunzioni sono crollate del 50% ed i licenziamenti cresciuti del 30% rispetto all’anno precedente.
L’appello di un gruppo di parlamentari: “No a veti a una proposta di civiltà” – Questa mattina intanto un gruppo di deputati, senatori, europarlamentari e consiglieri regionali di tutti i partiti di maggioranza – Pd, M5S, Leu, Iv – ha lanciato un appello in cui si legge che “le misure attualmente previste per la regolarizzazione dei cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale sono del tutto inadeguate e condizionate da una propaganda inaccettabile” e si chiede a governo e maggioranza “un atto di coraggio e di reale discontinuità“. “Non possiamo pensare che una parte di uno dei suoi partiti – affermano tra gli altri gli europarlamentari Pietro Bartolo e Pierfrancesco Majorino, i deputati Laura Boldrini, Lorenzo Fioramonti, Nicola Fratoianni, Riccardo Magi, Matteo Orfini, Erasmo Palazzotto, Luca Pastorino e Fausto Raciti e i senatori Gregorio De Falco, Loredana De Petris, Davide Faraone, Elena Fattori, Paola Nugnes e Sandro Ruotolo – “metta un veto incomprensibile su una proposta di civiltà”. Regolarizzare i cittadini stranieri presenti sul nostro territorio “è una scelta di buonsenso politico, le frontiere dei paesi di origine sono chiuse a causa della Pandemia e quindi non ci sono i presupposti per nessuna forma di rimpatrio. Tenere persone sul territorio nazionale in condizione di illegalità significa esporle al pericolo di marginalizzazione e di sfruttamento da parte della criminalità organizzata, tutte cose che fanno comodo a chi lucra il consenso sulla paura e sulla xenofobia”. La richiesta quindi è di estendere la misura a tutti i cittadini stranieri sul territorio attraverso un permesso di soggiorno valido per tutto il 2020 e comunque fino alla fine dell’emergenza.