Televisione

Quattro Ristoranti, Alessandro Borghese è tornato. Pregi e difetti del programma cult (come saranno gli episodi post coronavirus?)

Sarà interessante vedere ad esempio come sarà affrontata la prossima edizione: le riprese sono state congelate a causa Coronavirus, potranno cominciare solo quando la macchina della ristorazione verrà rimessa in moto e a quel punto si capirà anche come guanti, mascherine, distanziamento sociale e plexiglass impatteranno sul format

di Francesco Canino

Se c’è un programma che non soffre dell’overdose di tele-fornelli è senza dubbio 4 Ristoranti, il format di Alessandro Borghese, la cui nuova edizione va in onda su Sky Uno il giovedì alle 21.25: il meccanismo è semplice e sempre uguale, con quattro ristoratori della stessa area geografica e specializzati nello stesso settore – dalla trattoria gourmet al ristorante di pesce – che si battono a colpi di menù e golosità local per conquistare l’ambito premio di 5 mila euro. Ma più che una sfida culinaria, è un grande racconto popolare della ristorazione italiana.

A confermare o a ribaltare la classifica, con un coup de théâtre diventato ormai liturgico, ci pensa sul finale lo chef conduttore, che gioca contemporaneamente il ruolo di giudice in campo, compagno di bevute e ispettore dei Nas. Oltre che di critico temuto (ma mai minaccioso), come l’iconico Charles Duchemin de L’ala o la coscia? – cult francese del ’76 con l’indimenticabile Louis de Funès – meno surreale ma altrettanto inflessibile nel difendere la tradizione enogastronomica, in questo caso del Belpaese. Il pregio di Borghese è questo: non fa volare piatti, non s’atteggia a insopportabile gastro-fighetto come fanno molti suoi colleghi e sa rendere in chiave pop i tecnicismi della ristorazione. Il difetto? L’impressione è che spesso tutto resti in superficie, mentre il cuoco-conduttore avrebbe tutti gli strumenti per dialogare di più con il pubblico, senza pedagogismi per carità!, magari su un tema chiave come la scelta delle materie prime (vero petrolio dell’industria agro-alimentare italiana), consigliando come evitare i ristoranti fuffa, le sole o ancora come decrittare una volta per tutte lo stra abusato «rapporto qualità-prezzo».

Invece a prevalere è il fattore gara, che poi è il vero mordente del programma, sempre uguale sin dalla prima stagione seppur con un crescendo produttivo e di scrittura che ha portato alla virata quasi patinata delle puntate ora in onda, molto belle quelle a Venezia e in Valle d’Aosta. Del resto perché cambiare se il meccanismo è rodato e gli ascolti crescono? (il primo episodio della sesta stagione, visto da 693.749 spettatori, è stato il più visto di sempre). Giocando con abilità sull’adattamento del format tedesco – il programma è basato su Mein Lokal, Dein Lokal – gli autori hanno declinato astutamente la gara creando un «grande romanzo popolare della ristorazione italiana», spaziando dalle città alla provincia più profonda e sempre più marginale in tv. Il risultato? Un racconto sui vezzi, vizi e i tic di ristoratori e clienti, una narrazione della gloriosa tradizione dell’accoglienza italiana che si evolve incrociando le tendenze enogastronomiche più attuali (dai vini naturali alle cotture a bassa temperatura, ormai onnipresenti) e le mode moleste (quanti tortini al cioccolato con cuore caldo avrà dovuto ingurgitare Borghese?).

Ma la vera killer application di 4 Ristoranti è il casting, architrave portante della versione italiana, scelto con arguzia per mixare tutti i sapori: così l’«aggiungi un posto a tavola» diventa il palcoscenico dove va in scena di tutto, lo scontro generazionale – il ristoratore fighetto in grande ascesa vs la sciura cotonata che porta avanti col piglio di una valchiria la trattoria di famiglia – e quello caratteriale, il bonaccione cui va sempre bene tutto, lo stratega che pensa solo alla vittoria e rifila un voto basso dopo l’altro, il tizio che dopo mille repliche ancora si scorda di pulire la cappa e si fa beccare in fragranza di unto o quell’altra che rifila gamberi surgelati ma poi nega l’evidenza. L’incastro è reso perfetto da una presenza immancabile: lo stronzo, quello che ce la mette tutta per far andare di traverso il gioco agli altri e si accanisce dalla prima portata fino all’incontro-scontro sul van. E più sono stronzi, più la puntata funziona perché lo spettatore sa subito con chi prendersela e con chi schierarsi.

Intanto il Borghese si diverte, e si vede, gigioneggia e prosegue il suo viaggio in Italia destinato a durare a lungo perché le declinazioni del racconto sono potenzialmente infinite. Sarà interessante vedere ad esempio come sarà affrontata la prossima edizione: le riprese sono state congelate a causa Coronavirus, potranno cominciare solo quando la macchina della ristorazione verrà rimessa in moto e a quel punto si capirà anche come guanti, mascherine, distanziamento sociale e plexiglass impatteranno sul format: a partire dallo scambio dei piatti tra commensali, che, evidentemente, per un bel po’ di tempo non sarà più possibile.

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