Il consigliere eletto dai dipendenti diffonde una nota insieme alla collega Borioni per spiegare che sulla vicenda della tentata truffa "a ogni richiesta di approfondimenti il Presidente ha sempre opposto gli obblighi di riservatezza imposti dal segreto istruttorio". Pd e M5s vorrebbe audire l'ex giornalista del Giornale in Vigilanza, mentre il centrodestra fa quadrato
La vicenda della tentata truffa alla Rai, riaccende le polemiche su Marcello Foa. I consiglieri di viale Mazzini, Riccardo Laganà e Rita Borioni, attaccano il presidente eletto in quota Lega, rilanciando la ricostruzione della tentata truffa riportata da Repubblica sabato 9 maggio. E aggiungendo alcuni dettagli: “Le prime notizie si ebbero solo in ragione delle reiterate richieste di chiarimenti sulla sicurezza informatica dei sistemi Rai fatte dai sottoscritti. A seguito di quella richiesta l’Ad diede in cda alcune frammentarie notizie di quel tentativo di truffa”, specificano i due consiglieri, eletti in consiglio rispettivamente come rappresentante dei dipendenti della televisione pubblica, per quanto riguarda Laganà, e in quota Pd, nel caso di Borioni. “Questo solo per sottolineare – continuano – che i chiarimenti sulla questione non avvennero per iniziativa del Presidente, ma solo perché dopo le prime sommarie informazioni, chiedemmo ulteriori informazioni su una vicenda che appare, ancora oggi, dopo un anno, piuttosto nebulosa e inquietante”.
La tesi di Laganà e Borioni è che Foa si sia sottratto alle richieste di chiarimento interno: “A ogni richiesta di approfondimenti, avvenuta anche i giorni successivi l’audizione in vigilanza sul tema, il Presidente ha sempre opposto gli obblighi di riservatezza imposti dal segreto istruttorio. Per queste ragioni, come Consiglieri di Amministrazione dell’azienda vittima del tentativo di truffa, siamo ancora qui ad aspettare i prossimi scoop giornalistici per poterci fare un’idea della vicenda”. Il centrodestra, però, difende a spada tratta l’ex giornalista del Giornale, che la maggioranza di governo – formata da Pd e M5s – vorrebbe audire in Vigilanza. I leghisti addirittura provano a ribaltare le accuse, paventando ipotetiche irregolarità nell’elezione di Laganà in cda. “Con che faccia un consigliere Rai come Laganà attacca il presidente Foa eletto regolarmente e con una professionalità esemplare? Proprio lui, che non ha ancora chiarito se rappresenti tutti i dipendenti Rai o solo qualche partito di maggioranza. Sulla vicenda della tentata truffa alla Rai, che vede il presidente della Rai parte lesa, sarà la Lega a chiedere l’accesso agli atti in commissione di Vigilanza e a presentare ricorso sulla richiesta di audirlo avanzata da Pd, 5S e Iv solo per evidente fame di poltrone”, dice il capogruppo del Carroccio in commissione di Vigilanza, Paolo Tiramani.
“Le rispondo io che non ho votato per lui: Riccardo Laganà è stato eletto in una regolare elezione tra tutti i dipendenti, ai cui atti poteva accedere chiunque. Invece le schede dell’elezione di Foa in Vigilanza Rai chissà perché non vengono mostrate”, gli ha risposto su twitter Vittorio di Trapani, il segretario di Usigrai. A stretto giro, però, sia Massimiliano Capitanio che tutti i senatori eletti dalla Lega in commissione Vigilanza hanno diffuso note simili a quelle di Tiramani. “Su quale altare qualcuno vorrebbe sacrificare il nome di Foa? Sulla base di quale nuova alleanza politica viene rispolverata da repubblica quasi un anno dopo una notizia vecchia già uscita e già ampiamente chiarita? Questo Paese ha già ampiamente dimostrato che esiste una macchina del fango ma anche una macchina dell’opportunismo politico, composta da riposizionamento e spoil system”, sostiene pure Forza Italia con Antonio Martino. E se il diretto interessato, cioè Foa, ha dato mandato per agire contro Repubblica, per Daniela Santanché di Fratelli d’Italia “la levata di scudi contro il presidente della Rai, figura di garanzia, la dice lunga sulla mania della sinistra di occupare poltrone. Una volta che ci si siedono sopra non si staccano più”.