La Procura di Milano ha aperto un fascicolo conoscitivo, quindi senza ipotesi di reato e indagati, sulla scelta di Regione Lombardia di incaricare con affidamento diretto la multinazionale Diasorin per la sperimentazione dei test sierologici, portata avanti in collaborazione col Policlinico San Matteo di Pavia. Il fascicolo, come apprende l’Ansa, è stato aperto dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e dal pm Stefano Civardi ed è scaturito dall’esposto di un’impresa concorrente, la TechnoGenetics.

La TechnoGenetic aveva interessato, lo scorso 17 aprile, Consob, Anac e Autorithy della Concorrenza e annunciato anche un ricorso al Tar. La società, joint venture italo-cinese della diagnostica con sede a Lodi, aveva lanciato accuse pesanti: “C’è stato un aiuto di Stato a un soggetto privato” sui progetti dei test del sangue che dovrebbero aiutare a conoscere l’evoluzione della pandemia di coronavirus nel Paese. I test, secondo le stime dell’azienda riportate nell’esposto, potrebbero produrre profitti “di almeno un miliardo di euro”. Solo in Italia, solo nei primi due mesi.

Negli esposti si contestava la legittimità dell’accordo sul progetto sviluppato dalla Spa piemontese con il team del professor Fausto Baldanti del Policlinico di Pavia, una struttura pubblica ospedaliera. Un test di nuova tecnologia per il quale il Policlinico percepirà finanziamenti e royalities dell’1% sulle vendite future. In seguito agli annunci sulla capacità di questo tipo di test di concedere “la patente di immunità” a chi risulterà aver sviluppato gli anticorpi al virus, il titolo Diasorin aveva fatto registrare un record.

La vicenda era stata rivelata da Il Fatto Quotidiano che ha contestato a Baldanti un potenziale conflitto d’interesse: il professore faceva parte del gruppo di lavoro del Comitato tecnico scientifico del Consiglio superiore della Sanità e di un organismo di lavoro messo in piedi dalla Regione Lombardia, incaricati di studiare la qualità dei test di tutte le aziende, senza aver dato notizia delle royalties Diasorin al San Matteo. Dopo l’inchiesta del Fatto, il professor Baldanti ha rivendicato la correttezza del proprio operato ma ha preferito dimettersi dai gruppi di lavoro.

La contestazione era “un del tutto inedito partenariato pubblico-privato” e aver messo le conoscenze e il know-how di un’amministrazione pubblica scientifico-ospedaliera a servizio degli interessi di un soggetto privato, la spa piemontese. Che grazie a questo – è la tesi della TechnoGenetics – otterrà il brevetto e la possibilità di commercializzare i kit.
Secondo gli avvocati di Technogenetics, Francesco Abiosi e Ludovico Bruno, l’azienda pubblica, per mettersi al servizio di un privato, avrebbe dovuto individuarlo attraverso un bando. E siccome non l’ha fatto c’è stata una violazione delle norme sulla libera concorrenza.

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