Metti una sera di maggio. Un dopo cena e una telecronaca di Champions League. E chi vuoi che te la racconti? Sandro Piccinini. Più di 25 anni a Mediaset come principe della sciabolata, voce pulita, riga tra i capelli come una volta, conduttore raffinato e preciso, faro di una tv sportiva competente e spettacolare come Guida al campionato e Controcampo. A Kitikaka concede forse la 90esima intervista in un giorno. Da quando si è preso un anno di riposo ritirandosi volontariamente dalla tv è più richiesto di un virologo ai tempi del Coronavirus.

Sandro Piccinini o del riposo del guerriero.
Mi ero già preso un anno sabbatico. Con il lockdown l’ho solo prolungato.

Sei andato a trovare un “congiunto”?
Lo stretto indispensabile. Ovvero la mia compagna.

Hai rischiato di non farcela…
Se il ministero non avesse fatto delle specifiche era un problema. Alla prima lettura ero rimasto abbastanza male. Abbiamo capito che era una dimenticanza. Se non fosse cambiato nulla sarebbe stato ridicolo.

Quarantena milanese, la tua…
Ho fatto il pendolare nel lavoro per 20 anni con Roma, ma alla fine ho ceduto. All’inizio non l’avrei mai detto che sarei rimasto a Milano. L’alternativa adesso è Londra. Pura questione di piacere. Oscillo tra qui e là. L’ultima volta sono riuscito ad andarci a Natale. È un luogo che avrei potuto scegliere come residenza.

Eraldo Pecci ci ha detto: la rinuncia più grande del lockdown è non poter prendere l’automobile e andare a trovare gli amici a Bolzano o a Firenze…
È anche la mia natura, fare su è giù, muovermi. Al di là di Londra non stavo fermo a casa mia per più di una settimana da almeno 35 anni.

Allenamenti sì, allenamenti no… la Serie A ricomincia?
Il ministro Spadafora sta facendo il possibile e con buon senso. Per lui era più comodo annullare tutto, non avrebbe rischiato nulla e quasi tutta l’opinione pubblica sarebbe stata d’accordo. Mi pare invece che stia verificando fino in fondo attraverso i protocolli d’intesa se ci sono possibilità di ripresa. Il mondo del calcio però non lo aiuta. Giocare tutte le 124 le partite sarà molto dura. Se poi viene imposta la quarantena a tutti i contatti del primo contagiato…

…va in campo la primavera.
Ma nemmeno. Se lo stato imporrà il rischio zero sarà impossibile trovare un accordo. Se Lega e Federcalcio si fossero accordati per la soluzione più agile che prevedesse 15 partite in tutto, magari nella seconda metà di luglio, forse ce la si poteva fare.

Pessimista…
Si sono intestarditi con il calendario classico. Tutte queste partite con le squadre che viaggiano su e giù per l’Italia. Se invece fissavi due sedi al Centro-Sud, che so Roma e Napoli per fare playoff e playout il rischio per me sarebbe stato abbattuto. Una soluzione d’emergenza come test in vista di settembre.

Peccato, era un bel campionato…
Bellissimo e sarebbe un peccato annullarlo non assegnando lo scudetto. Ho letto le interviste a Lotito, e lo capisco: la Lazio era vicina all’impresa pazzesca. Io dico: trovate formule agili e alternative. Perché non immaginare una sfida in tre partite tra Juve e Lazio? Qui si vuole o tutto o niente.

Invece bastava qualcosa…
E magari tra due settimane il virus scompare

La Bundesliga ricomincia…
Si accollano il rischio, però in una regione hanno già obbligato una squadra alla quarantena. Il punto è sempre lo stesso: o attendo il contagio zero o ti prendi un margine di rischio. Nel calcio c’è il contatto fisico, il rischio è d’obbligo.

Primo segreto di Fatima: tra i profili Twitter RealVarriale e RealPiccinini quale Real è nato prima?
Io sono arrivato abbastanza tardi su Twitter, probabilmente lui.

Ribattete entrambi a tutti le risposte ai vostri tweet…
Ne faccio uno ogni due settimane. Ho mollato dopo il primo iniziale di entusiasmo.

Sei oramai un influencer…
So centellinare i tweet.

Ne leggo uno. “Chissà come abbiamo fatto arrivare a questo livello. Dopo l’epidemia dovremmo interrogarci a lungo sulla qualità della classe politica italiana. E sulla nostra, visto che votiamo noi”. Insomma, con chi ce l’avevi?
Fu dopo l’ultima conferenza stampa di Conte. Un’esperienza abbastanza infelice. Lo ammise anche lui di non aver detto cose chiare, di aver fatto confusione. E poi era un discorso generale, un po’ amaro, in tante situazioni mi pare d’aver visto personaggi non all’altezza dal punto di vista della competenza. Non riguarda solo questo governo, ma è una tendenza degli ultimi anni, purtroppo. E poi, dicevo, interroghiamoci anche noi: se si è impoverita la classe politica vuol dire che ci siamo impoveriti noi come società che li votiamo.

Controcampo quanti epigoni ha avuto?
Parecchi. Fu una formula azzeccata con personaggi giusti e non sostituibili. Avevamo un palco con Mughini, Abatantuono, l’avvocato Prisco, Valentino Rossi, il professor Scoglio, Arrigo Sacchi.

Hai ospitato anche Vittorio Feltri…
Il primo anno avevo Mughini, Feltri e Vanzina. Non i soliti giornalisti di calcio ma degli appassionati di calcio.

Arbitraggio all’inglese o cartellino rosso?
Rosso no, ma giallo sì. Non mi piaceva l’accapigliarsi, mi piaceva il fioretto. La discussione tesa va bene, ma uno per volta, così si dà ritmo alla trasmissione. A volte facevo anche solo un cenno con gli occhi per far parlare l’uno o l’altro.

A Controcampo arrivò anche Calciopoli.
Facemmo tre quattro puntate nel 2008. Pazzesco. Discutevamo sempre sugli errori arbitrali e sulla sudditanza psicologica, ma faceva parte del gioco. Che certi arbitri, in certe partite, avessero un occhio di favore per le grandi squadre, o per la Juve in particolare, era evidente. Però che ci fosse dietro un sistema con intercettazioni e tutto il resto, francamente non pensavo esistesse.

Il “fattore C” di Controcampo: Canalis, Chiabotto, Corna, Colombari…
Erano ragazze davvero in gamba. Trovarono uno spazio in mezzo agli uomini senza strafare, ma al tempo stesso con un ruolo attivo. Elisabetta si inserì alla grande. Anche Luisa compagna di Aldo Serena fu una sorpresa.

Un nome, un perché: Maurizio Mosca.
Ero un ragazzino e arrivavo dalle tv locali di Roma. Non avevo nemmeno trent’anni e lui già collaborava con noi. Ci fu subito grande intesa. Facemmo insieme lo speciale Guida ai Mondiali di Italia ’90. Io sapevo come metterlo in azione e nelle condizioni migliori. Lui era molto diffidente, ma di me si fidava. Siamo diventati molto amici.

Un animale da palcoscenico…
Da lui ho imparato tantissimo su quello che funziona o meno proprio in diretta. Lui era capace di comprendere in trasmissione dopo tre minuti se una cosa funzionava o meno. Aveva l’Auditel incorporato. Attirava l’attenzione in modo divertente, con le sue trovate, le sue gag, le bombe di mercato. Al tempo stesso se c’era un discorso serio lo sapeva fare.

Secondo segreto di Fatima: com’è nato il pendolino di Maurizio Mosca?
Poco prima dei mondiali, la domenica dopo la riunione di scaletta, prima di cominciare, si andava giù nella piazzetta di Milano Due, quella del laghetto, per un ultimo caffè. In questo baretto di fianco alla cassa c’erano dei portachiavi con gli stemmi delle squadre di calcio. Una volta stavamo pagando e Maurizio ne prende un paio: voglio regalarli a mio nipote. Li prende in mano e li fa dondolare come per giocarci. Tornando in redazione gli viene in mente ‘sta roba. Così facciamo subito in onda i pronostici delle partite. Poi nel tempo di pendolini se n’è comprati tanti, ultraprofessionali, da mago vero.

Da telecronista la partita più emozionate che hai commentato.
La finale di Champions del 1999. Manchester contro Bayern Monaco. Il Manchester nei minuti di recupero passa dalla sconfitta di 1 a 0 alla vittoria per 2 a 1. Ero un grande appassionato di calcio inglese, mi emozionai tantissimo. Però la partita che mi diede più soddisfazione, perché c’era una pressione tremenda addosso, fu Milan-Juve, finale Champions 2003. Per noi che avevamo l’etichetta da tv milanista c’era una responsabilità impressionante. Fece 20 milioni di spettatori e ai rigori ci fu l’80% di share.

Come l’ultimo discorso del presidente del consiglio Conte qualche giorno fa…
Andò tutto bene, non arrivò mezza telefonata di protesta. Non so cosa sarebbe successo se ci fossero stati i social.

Com’è stato Silvio Berlusconi datore di lavoro?
L’ideale. Uno che tutti vorrebbero. Era attentissimo. Metteva bocca su tutto, con intuizioni spesso perfette. Lo sentivamo molto vicino, al tempo stesso nelle nostre trasmissioni non abbiamo mai avuto pressione di alcun tipo. Abbiamo fatto arrabbiare il Milan diverse volte: ricordo la lite in diretta tra Adriano Galliani e Serena.

E Aldo Serena non finì benissimo…
Comunque qualche magagna Berlusconi la sottolineava.

“Sandro mi consenta…”
Fu durante un Real Madrid Barcellona. Io commentavo da tubo, da Milano. Eravamo in prima serata su Italia 1. Ero tutto gasato. Nell’intervallo salgo in regia, chiedo a Ettore com’è andata, e lui: ‘C’è Berlusconi al telefono’. Mi fa: ‘Guardi Piccinini, lei è bravo, bella telecronaca, peccato però che non l’abbia sentito nessuno perché all’inizio ha fatto l’elenco degli assenti quindi la gente avrà cambiato canale’. Infatti avevo aperto la telecronaca parlando dei grandi assenti – Hugo Sanchez, Butragueno… Mi schermii: dovevo dirlo. ‘Ma non subito – mi interruppe Berlusconi – mi dica prima i motivi per cui devo vedere la partita’. E aveva ragione.

I dettagli prima di tutto…
Chiamava i registi durante le riprese delle partite. Se inquadravano una curva con pochi tifosi s’imbestialiva. Nelle amichevoli estive noi avevamo il “raggruppatore di folle”. Si chiamava Luigi Ceresoli. Se c’era poca gente, che so per un Milan-Monza o un Milan-Varese, andava nelle curve le faceva aprire e spingeva i tifosi nelle tribunette in modo che si stringessero tutti lì. Poi Bopi Bonnici ci metteva del suo facendo le strette.

Silvio maniacale…
Non voleva barba e baffi sul viso di quelli che conducevano, ricorderai il caso Bartoletti… Berlusconi era maniaco per mille cose. Dava consigli su tutto: faceva correggere anche le luci. Ci sarebbe materiale per un libro.

In un’intervista recente hai evocato l’attesa per un grande gruppo Amazon-Apple ad affiancarsi alle offerte di calcio esistenti. E lì vorresti finire dopo l’anno sabbatico…
Nel nuovo contratto tv magari entrerà qualche nuovo soggetto. Oggi il mercato è chiuso. Mi auguro però molte novità. Ho lavorato e guadagnato tanto. Sono tranquillo, non ho necessità impellenti. A 20 anni accetti qualsiasi cosa, oggi se non arriva l’offerta giusta pazienza.

Battuta molto divertente: a Sky ci sono più telecronisti che partite.
È vero. La Rai non può agire da soggetto privato e prendere esterni. Dazn punta sui giovani. Non è che un allenatore che rientra dopo l’anno sabbatico ha 300 squadre che lo attendono. Poca roba. Ripeto: nel prossimo contratto si apriranno spazi. Il nuovo presidente di Lega è un manager internazionale e penso vorrà coinvolgere qualche gruppo nuovo.

Lessico Piccinini. Lezione numero uno: “sciabolata”.
Venne d’istinto, spontanea. Dopo ti accorgi che una cosa funziona perché la senti nell’aria, perché sotto casa mentre fanno una partitella la ripetono in continuazione. Sono termini nati per rendere più essenziale la telecronaca, per usare meno parole, essere meno didascalici. Durante la telecronaca vedi quello che succede, perché dire: “lancio sulla destra verso tizio? Sciabolata! Oppure “mucchio selvaggio”. E in due parole fotografi la situazione.

Lezione numero due: “Non va!”
Non stai a dire “la palla esce di due metri sopra la traversa”. Non c’è bisogno di aggiunger parole perché si vede.

Sandro cuore giallorosso o biancoceleste?
Mio papà Alberto fu un grande giocatore della Juventus e giocò in nazionale. Sono nato così con una simpatia per la Juve ovviamente. Poi mi innamorai di Omar Sivori. Era troppo divertente. Solo che un certo punto passò al Napoli e iniziai a tifare Napoli. Sivori smise e tornò in Argentina e io rimasi con tutte le sue maglie, il distintivo, gli autografi. Finito lui, come dire, mi è passata. Iniziai a fare le telecronache a Roma dove tra Roma e Lazio bisogna essere equidistanti altrimenti di scotennavano.

Quindi cuore azzurro partenopeo…
Fino a 17 anni ho pianto per il Napoli di Sivori. Non ti dico quando nel 1975 il Napoli perse lo scudetto con il gol di Altafini core ‘ngrato. Da ex napoletano José entrò come sempre e a fine partita, qui con la Juve, e fece gol facendoci perdere lo scudetto.

A giocare a calcio si dice che eri una schiappa…
Ci ho provato. Avevo una gran tecnica, ma non avevo un gran fisico. Poi ci fu il trauma di mio papà, mi ha guidato fino ai 14 anni quando morì. Mi sentii un po’ perso. Mia mamma capiva la situazione, il dramma, mi organizzò un provino con la Roma allenata allora da Liedholm. Il Barone aveva giocato con mio papà nel Milan, nel famoso terzetto Gre-No-Li. “Portalo e vediamo”. Mi allenai con la prima squadra, giocai benissimo, mi fecero i complimenti. E lui: “Sandro fatti la doccia poi parliamo”. Ero al settimo cielo. L’ho superato, dai, ce l’ho fatta. E il Barone mi fa: “Come va a scuola Sandro?”. Pensando di ottenere altri punti: “Benissimo, papà ci teneva tanto”. E lui: “Sandro allora continua a studiare. Se studi hai un lavoro sicuro, calcio è per pochi”. Fu una mazzata.

Perché non esistono telecronisti donne per commentare le partite di calcio?
Beh qualcuna c’è. Tiziana Alla che ha commentato i Mondiali femminili è stata bravissima con le partite dell’Italia.

Ma perché non un match di calcio maschile? Sembra un trono inavvicinabile: una trasmissione di calcio sì, la cronaca no…
C’è sempre l’idea che una voce femminile in telecronaca sia troppo nuova rispetto alla tradizione, ma è solo una questione di abitudine. Ci vuole un po’ di coraggio da parte dei direttori di rete.

Un aggettivo, una parola per descrivere alcuni tuoi colleghi: Nando Martellini
La classe. The Voice. Un timbro vocale splendido.

Bruno Pizzul.
La competenza.

Bruno Longhi.
L’esperienza.

Pierluigi Pardo.
Torrenziale.

Sandro prendiamo il pendolino di Maurizio: usciamo dal tunnel del virus e del lockdown?
(imita Mosca magnificamente ndr) “Sai che ti dico? Dal primo giugno tutti al mare”.

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