Promosso dall’Istituto Nazionale Tumori di Napoli, "in condizioni di emergenza, con elevate aspettative e assenza di trattamenti efficaci", spiega l’Agenzia italiana del farmaco è stato il primo approvato nel corso della emergenza Covid 19. La soddisfazione degli scienziati
Era stata la prima sperimentazione approvata dall’Aifa nei giorni più drammatici dell’emergenza coronavirus. Oggi secondo l’Agenzia italiana del farmaco i risultati sono “incoraggianti anche se non definitivi” sul Tocilizumab, il farmaco utilizzato solitamente per trattare l’artrite reumatoide, somministrato ai pazienti con grave distress respiratorio per un’intuizione dai medici e ricercatori degli ospedali di Napoli Pascale, Cotugno e dei Colli. Un farmaco che ha contrasta l’eccesiva risposta immunitaria e la “tempesta di chitochine”.
Lo studio suggerisce che possa ridurre “significativamente” la mortalità a un mese, ma che il suo impatto sia meno rilevante sulla mortalità precoce. Promosso dall’Istituto Nazionale Tumori di Napoli, “in condizioni di emergenza, con elevate aspettative e assenza di trattamenti efficaci”, spiega l’Aifa è stato il primo approvato nel corso della emergenza Covid 19. I risultati dello studio guidato da Paolo Ascierto, direttore dell’Unità di Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative del Pascale sono stati quelli di “una moderata riduzione della mortalità” ma più nello specifico suggerisce che tocilizumab possa ridurre “significativamente la mortalità a un mese, ma che il suo impatto sia meno rilevante sulla mortalità precoce. Ci si augura che gli studi di fase tre randomizzati tutt’ora in corso possano nelle prossime settimane confermare questi risultati. Lo studio sarà presto pubblicato su una rivista internazionale in modo da consentire una revisione approfondita da parte della comunità scientifica”.
“L’analisi riguarda 301 pazienti – spiega l’oncologo – registrati per lo studio di fase 2 (in 20 ore tra il 19 e il 20 marzo) e 920 pazienti registrati successivamente tra il 20 e il 24 marzo, provenienti da 185 centri clinici distribuiti su tutto il territorio italiano. A causa della limitata disponibilità iniziale di farmaco, e della rapidissima richiesta da parte dei centri, in entrambi i gruppi, solo il 60% dei pazienti è stato trattato con Tocilizumab, in qualche caso anche a rilevante distanza di tempo dalla registrazione. Inoltre, verosimilmente a causa di una selezione operata nei centri, i pazienti trattati erano clinicamente peggiori di quelli non trattati, con insufficienza respiratoria più grave e forme di assistenza respiratoria più intensiva. L‘efficacia del Tocilizumab – continua Ascierto – è stata valutata attraverso il tasso di mortalità a 14 e a 30 giorni. A 14 giorni il tasso di mortalità riportato nella fase 2 è risultato 18.4%, considerando tutti i pazienti (trattati e non), e 15.6%, considerando solo quelli che hanno ricevuto il farmaco. Questi valori, pur se inferiori al 20% previsto a priori, non possono essere considerati significativi. Invece, i risultati sono significativi a 30 giorni, quando i valori di letalità sono 22.4% in tutti i pazienti e 20.0% nei soli trattati (rispetto al 35% che ci si aspettava a priori).
L’analisi degli effetti collaterali non ha mostrato segnali rilevanti di tossicità specifiche. Complessivamente, quindi, lo studio Tocivid 19, pur con i limiti di uno studio a singolo braccio (ovvero senza il braccio di controllo con il placebo), suggerisce che Tocilizumab possa ridurre significativamente la mortalità a un mese, ma che il suo impatto sia meno rilevante sulla mortalità precoce. Ci si augura che gli studi di fase 3 randomizzati tutt’ora in corso possano nelle prossime settimane confermare questi risultati. Infine, sarà anche interessante estrapolare i dati relativi a possibili biomarcatori [per esempio il valore basale dell’interleuchina-6] per verificare se possono essere utili nel selezionare i pazienti che possano avere un beneficio dal trattamento. I prossimi mesi ci vedranno sicuramente impegnati in una serie di ulteriori analisi dei dati”. L’oncologo ringrazia il virologo Franco Buonaguro “con cui ho condiviso l’intuizione di somministrare il farmaco off label, e Franco Perrone, per il lavoro svolto con grande professionalità e perseveranza, e per essere stato in grado di finalizzare in soli 10 giorni questo importantissimo studio. Inoltre Aifa che ha dimostrato che quando il gioco si fa duro, è il momento in cui i duri scendono in campo. Grazie di cuore a nome di tutta la comunità scientifica e non. Non ultimi, i miei direttori Attilio Bianchi e Gerardo Botti, nonché il direttore Di Mauro, per averci supportato h24 in questi giorni intensi e per essere sempre stati al nostro fianco. Infine, mio “fratello” Enzo Montesarchio, senza il quale non avremmo mai potuto iniziare questa avventura”.