Sfiduciata all’unanimità. Un epilogo pressoché inedito per le istituzioni capitoline. Accade a Roma, nel municipio IV Tiburtino, dove nella giornata di mercoledì la presidente in quota M5s, Roberta Della Casa, ha ricevuto il benservito da tutti componenti del consiglio circoscrizionale, compresi i 15 eletti pentastellati, dopo 8 ore di assemblea. Un duro colpo per la minisindaca, considerata una fedelissima di Virginia Raggi, il cui rapporto con la sua maggioranza in quasi 4 anni di amministrazione non è mai decollato. Anzi. “Io all’interno del gruppo territoriale del M5s sono stata scelta con l’inganno – ha esordito Della Casa nel suo discorso in Consiglio, fra lo stupore generale – perché la mia disponibilità per altri ruoli sarebbe stata scomoda per qualcuno”. Per poi prendersela con i consiglieri: “Molti degli eletti che oggi mi sfiduciano se non fosse stato per me non sarebbero neanche entrati in lista: parliamo di persone che ancora oggi non sono iscritte a Rousseau o che nemmeno si sono iscritti al M5s”.
Crimi sospende i 15 consiglieri ribelli – Della Casa è la quarta minisindaca del M5s sfiduciata dal 2016 a oggi. L’hanno preceduta Paolo Pace al Municipio VIII Garbatella nel 2017 (in realtà fu lui a dimettersi per poi passare a Fratelli d’Italia); Roberta Capoccioni al Municipio III Montesacro nel 2018; e Mario Torelli al Municipio XI Magliana nel 2019. Solo che questa volta si registra la durissima posizione del M5s nazionale. L’attuale capo politico, Vito Crimi, sul Blog delle Stelle ha annunciato la “sospensione con decorrenza immediata dal Movimento” e che “nei loro confronti è stato avviato un procedimento disciplinare”. Da capire cosa deciderà di fare la sindaca Raggi, che fino a pochi giorni fa sembrava intenzionata a nominare Della Casa commissario. Le due si sono avvicinate moltissimo a inizio 2019, quando la sindaca corse a darle solidarietà dopo che ignoti bruciarono dei cassonetti proprio sotto casa della presidente di municipio. Da allora, tagli di nastro e fotografie insieme. Ma adesso pesa proprio il risultato, schiacciante, che ne mette in dubbio la ricevibilità della “candidatura”, seppure come reggente per l’ultimo anno di mandato.
Municipio IV, il “sociale” la pietra dello scandalo – Il rapporto fra Della Casa e la maggioranza, come detto, non è mai sbocciato. In quello che era considerato “il municipio di mafia capitale” – al Tiburtino c’era la sede della Coop 29 Giugno di Salvatore Buzzi e qui facevano politica alcuni dei protagonisti dell’inchiesta sul ‘mondo di mezzo’ – sin dall’inizio del mandato presidente e consiglieri sottoscrissero il cosiddetto “patto per il sociale”, che però i componenti della maggioranza ritengono che non sia stato mai rispettato. Il casus belli il 16 aprile, quando la giunta Della Casa, in piena emergenza Covid, stanzia 90mila euro per una serie di eventi culturali nella prestigiosa Villa Farinacci. Soldi che, per la capogruppo M5s, Germana Di Pietro – diventata prima oppositrice della Della Casa – dovevano “essere adoperati per tutti i disagi economici e psicologici che la nostra popolazione sta vivendo e non per momenti di aggregazione che non sappiamo neanche se potranno essere organizzati”. Quando la presidente ha rilasciato un’intervista a Roma Today evocando la sfiducia come unica opportunità per tornare indietro: i consiglieri l’hanno presa in parola e hanno sottoscritto insieme all’opposizione la mozione, approvata mercoledì.
Fermento nel M5s romano. Lozzi: “Serve delegato esterno” – Nonostante i riflettori abbassati per l’emergenza Covid – che mette al centro delle cronache soprattutto la Regione Lazio – in città il M5s è in fermento, anche in virtù degli equilibri interni e dei 12 mesi che porteranno alle elezioni comunali del 2021. A parte la levata di scudi di Crimi, non si registrano interventi in favore di Della casa da parte di esponenti pentastellati in Campidoglio. Anzi. La sua collega del Municipio VII Tuscolano, Monica Lozzi, auspica addirittura che “un eventuale delegato alla guida del Municipio ricada su candidati esterni alle parti interessate”, dunque anche al M5s. Le narrazioni locali raccontano di una presidente Lozzi, fra i minisindaci pentastellati che pare viaggiare con un consenso interno maggiore, rivale di Raggi e in asse con il collega in quota ex Sel, Amedeo Ciaccheri, come alternativa al Pd “ufficiale” alle primarie del centrosinistra.
Intanto De Vito “denuncia” tre suoi colleghi – Ma non è tutto. In una giornata complicata per il M5s romano, ci si è messo anche Marcello De Vito. Il presidente dell’Assemblea capitolina, a processo per la vicenda dello stadio dell’As Roma, ha presentato un esposto ai probiviri pentastellati contro i colleghi Andrea Coia, Enrico Stefano e Angelo Sturni, tre esponenti di spicco della maggioranza in Campidoglio. I tre sono accusati da De Vito di essersi messi di traverso a una delibera dal titolo “Forum Roma 2030/2050”, a firma proprio del presidente d’Aula, che prevedeva la realizzazione di un nuovo organismo permanente di confronto sul futuro della città, una sorta di Consulta articolata su laboratori tematici dove politici e tecnici affrontano asset giudicati strategici per il miglioramento dei servizi e la crescita della Capitale. Un provvedimento applaudito dalla stessa Raggi. Ma il gruppo pentastellato, guidato da Giuliano Pacetti, ha deciso di prendere le parti dei tre, parlando di “comprensibile stanchezza” di De Vito e auspicando che la sua iniziativa “non voglia testimoniare una volontà di isolamento di cui non potremo che prendere atto”.