Come prevedibile per un virus che affrontiamo in mascherina e guanti di plastica usa-e-getta, il Covid-19 rischia di spazzare via tante belle chiacchiere sul Green New Deal e la transizione ecologica. Ora ci si scandalizza per l’assembramento dei 400 che sbarcano alla riapertura di Capri, ma con le esasperazioni di un certo tipo di overtourism avremmo dovuto comunque, prima o poi, fare i conti, a prescindere dalla pandemia, date le conseguenze in termini di scempio ecologico.
Sul piatto della bilancia, per quanto riguarda il nostro Paese, c’è un peso economico non indifferente, pari a circa un 13% del Pil, che non si riduce certo agli ombrelloni sulle spiagge, ma comprende una vasta gamma di attività, e va dalle fiere alle navi da crociera.
Questo settore economico fa già leva principalmente, di per sé, su beni pubblici che più pubblici di così come sono – i mari, i monti, i paesaggi, l’aria e il sole, il patrimonio artistico e culturale – non se ne possono trovare. Dunque, adesso che si parla di soldi a pioggia anche per la ripresa del turismo, addirittura di un bonus vacanze per la nuova stagione estiva, la prima d.C. (dopo Covid), ci si aspetterebbe una scelta selettiva, che tenga conto proprio della necessità di avviare una rifondazione ecologica del turismo.
Un ministro come Dario Franceschini, che viene dalla tradizione politica della sinistra democristiana e ha già mostrato di darsi da fare, per esempio per lo spettacolo o i musei, e la sottosegretaria delegata al turismo Lorenza Bonaccorsi, che in Lazio si era battuta per rifondare la rete dei Cammini, dovrebbero sicuramente essere persone sensibili a un’accorta programmazione politica dell’investimento pubblico anche in questo settore.
Di quello che si potrebbe e dovrebbe fare adesso, parlano precisamente i rappresentanti di una quarantina di operatori del turismo attivo e sostenibile in un appello molto circostanziato che hanno firmato nei giorni scorsi. Chi organizza viaggi a basso impatto ambientale, a piedi, in bicicletta o in barca a vela, guarda con orgoglio la recente crescita già esponenziale di questa nicchia (per il solo cicloturismo viene calcolato un fatturato sui 7 miliardi di euro all’anno), e vede anche facilmente i vantaggi di questo stile slow, che si svolge prevalentemente all’aria aperta, in era d.C.
Ma ci sono da considerare varie altre caratteristiche del turismo attivo e sostenibile: coinvolge il viaggiatore in un’attività fisica, con tutti i benefici del caso; svolgendosi in particolare a primavera e autunno, contribuisce a distribuire e diminuire la cosiddetta ‘pressione antropica’ sui territori; cura programmi organizzati all’insegna del rispetto dell’ambiente, tra l’altro quasi del tutto ‘a emissioni zero’; punta sull’Italia minore, quella dei piccoli borghi e delle campagne, dove genera un’economia diffusa, favorendo i produttori locali e le piccole strutture ricettive; infine, contribuisce all’educazione ecologica, prima di tutto diffondendo la pratica della mobilità dolce.
Non sono solo parole e intenzioni, ma fatti, che chiunque ha modo di sperimentare: personalmente l’appello mi è stato girato dal fondatore di Salento Bici Tour, Carlo Cascione, e posso assicurare che attraverso gli itinerari che organizza da ormai un decennio questa Associazione di promozione sociale con base a Lecce, ho avuto modo di scoprire assolutamente il meglio, e tutto il buono e sano, di quel magnifico territorio pugliese.
E’ chiaro che in questo caso e in tanti altri analoghi si tratta di piccole attività, perlopiù cooperativistiche, che occupano altrettanti piccoli nuclei di lavoratori, quindi poi privilegiando interlocutori simili per dimensione: ma è questa fittissima rete ‘minore’ che contribuisce in maniera determinante a mantenere il bello dell’Italia e la nostra economia.
La politica può e deve fare molto per queste realtà: un esempio virtuoso viene dalla provincia autonoma di Bolzano, che non si è limitata a sostenere l’overtourism dello sci, ma ha fatto da tempo la lungimirante scelta d’incentivare l’ospitalità nelle aziende agricole, e così oggi una parte considerevole dell’equilibrio del territorio si deve ai masi turistici. Con tanti bei fiorellini del Gallo Rosso che valgono come le stelle Michelin per alberghi e ristoranti.