In attesa dei dettagli sul Recovery fund, il fondo per la ripresa su cui si concentrano le speranze dei governi dell’Europa del Sud a partire dall’Italia, i Paesi europei valutano la convenienza degli strumenti di risposta economica alla pandemia già disponibili. A partire dai prestiti del Meccanismo europeo di stabilità, che stando all’accordo raggiunto dall’Eurogruppo venerdì scorso – il board del Mes si riunirà venerdì per confermarlo – non avranno condizionalità se non l’utilizzo dei soldi per coprire le spese sanitarie legate al Covid. La novità degli ultimi giorni è che Spagna, Portogallo e Grecia – altri Paesi che per finanziarsi sul mercato pagano ancora interessi relativamente alti, come l’Italia – hanno fatto sapere di non avere intenzione, per ora, di approfittare di quei finanziamenti che possono arrivare fino al 2% del loro pil.
Il punto è che le condizioni sono in effetti convenienti – l’Italia risparmierebbe circa 600 milioni l’anno, la Spagna 200 – ma resta il timore dello “stigma“. Insomma: l’onta di essere i primi, nel corso di questa emergenza, a chiedere un aiuto esterno. Ammettendo in qualche modo la propria debolezza sui mercati. C’è chi teme che basterebbe questo per mandare un segnale di allarme che scatenerebbe la speculazione, facendo così salire i tassi sul debito residuo e riducendo o azzerando la convenienza. Anche se va ricordato che il ricorso alla linea di credito precauzionale del Mes sulla carta potrebbe consentire alla Bce di avviare il piano di acquisti illimitato di titoli di Stato Omt, un vero scudo anti spread che salverebbe la situazione.
Muoversi per primi, in ogni caso, sembra rischioso. Così la settimana scorsa il viceministro delle finanze portoghese Ricardo Mourinho Félix – peraltro numero due di Mário Centeno, che ora guida l’Eurogruppo – ha chiarito che per ora il Portogallo “grazie all’aggiustamento fatto negli ultimi anni ha condizioni di accesso al mercato regolari e persino molto favorevoli e quindi in questo momento non sembra che l’uso di questa linea di credito abbia senso“. Parole simili a quelle usate dalla ministra dell’Economia spagnola Nadia Calvino: “Al momento le condizioni del nostro Paese sono molto favorevoli, non abbiamo problemi ad andare sui mercati”. In scia anche il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire, ma in quel caso la decisione non sorprende dato che il Paese si finanzia sul mercato a tassi negativi anche sui titoli decennali.
Ben diverso il caso della Grecia, che sui decennali paga oggi un interesse superiore al 2%. Nonostante questo il ministro delle Finanze Christos Staikouras ha dichiarato che “in base ai dati attuali non è necessario ricorrere al prestito”. Come segnala Pagellapolitica, sulla stampa locale ci sono retroscena stando ai quali il punto è proprio che Atene – ben memore delle esperienze del passato con il fondo Salva Stati – non si fida e non vuole essere il primo Paese Ue a chiedere il prestito. Intende aspettare le mosse dell’Italia.
Dove, come è noto, il Movimento 5 Stelle continua a vedere i prestiti Mes come fumo negli occhi nonostante sia stato chiarito che non ci saranno le temute “condizionalità”, mentre gli alleati dem sono favorevoli a chiederli. Il premier Giuseppe Conte ha detto più volte che le valutazioni del governo si baseranno su valutazioni di effettiva convenienza ma l’ultima parola spetterà al Parlamento. Anche l’opposizione è divisa: Forza Italia assolutamente pro Mes, Lega contraria. Ma nei giorni scorsi alcuni governatori leghisti del Nord, da Attilio Fontana a Luca Zaia, hanno aperto spiragli. L’organizzazione della sanità spetta alle Regioni ed è difficile dire no alla prospettiva di quei 36 miliardi da spendere per ospedali e cure domiciliari.