Il contrabbando di sigarette dalla Libia sulle navi della Marina Militare era iniziato ben prima che la nave Caprera arrivasse a Tripoli. Ne sono convinti gli inquirenti brindisini che hanno iscritto due nuovi ufficiali nel registro degli indagati: si tratta del Sottotenente di Vascello Nicola Petrelli, 46enne di Fasano, e del parigrado Francesco Castano, 38enne di Taranto. Nelle scorse ore ai due è stato notificato un avviso di garanzia. Sale quindi a otto il numero di persone coinvolte nell’inchiesta ribattezzata “Amianto”: nei giorni scorsi in carcere è finito Marco Corbisiero, l’ufficiale tecnico che acquistava il materiale per tenere in efficienza le motovedette della Guardia Costiera libica, mentre ai domiciliari si trovano il suo presunto socio in affari Hamza Ben Abulad, l’ufficiale libico e gestore di fatto della fantomatica società Altikka for Service, e altri tre militari italiani.

L’ipotesi investigativa, secondo finanzieri guidati dal colonnello Gabriele Gargano e coordinati dai pubblici ministeri Giuseppe De Nozza e Alfredo Manca, si basa su una serie di elementi che dimostrerebbero che Petrelli e Castano fossero a conoscenza di quanto Corbisiero stesse facendo con i soldi dello Stato. Dalle carte dell’inchiesta infatti emerge che “le prime fatture intestate all’Altikka For Service vennero emesse a partire dal 2 gennaio”: una data che gli inquirenti hanno definito “spartiacque” perché venne affidato a quella società completamente sconosciuta fino ad allora “un ordine di fornitura imponentissimo” e soprattutto senza l’acquisizione di alcun preventivo né il coinvolgimento dei fornitori che avevano lavorato fino a quel momento con le navi italiane.

Quel 2 gennaio, insomma, si sospetta sia partito l’asse commerciale tra Corbisiero e Hamza: un sistema semplice che utilizzando fatture gonfiate per i pezzi di ricambio necessari alle motovedette, faceva arrivare a bordo dello scafo anche sigarette e pillole di Cialis. E in quel momento a bordo di nave Capri, Petrelli e Castano rivestivano rispettivamente l’incarico di ufficiale in seconda e di ufficiale di rotta.

Agli atti sono finite anche le telefonate tra i due che in alcuni passaggi appaiono particolarmente spaventati dalle dichiarazioni che Corbisiero, una volta finito nei guai, avrebbe potuto rilasciare. “L’amico Fritz (riferito a Corbisiero, ndr) c’ha un avvocato buono che gli dice di tenere la bocca chiusa… che non si tolga qualche sassolino… che non si toglie qualche sassolino dalla scarpa e butta merda…”.

Non solo. Sembra delinearsi l’ipotesi che in realtà degli oltre 700 chili di sigarette sequestrati dai finanzieri a bordo di nave Caprera una parte doveva arrivare in Italia nascosta nelle sentine di nave Capri, ma il piano sarebbe sfumato perché il mezzo avrebbe fatto rotta per l’Italia il giorno stesso in cui al suo comandante arrivò l’ordine. Corbisiero, quindi, non avrebbe avuto il tempo di organizzare l’imbarco del materiale. Un imprevisto che poi sarebbe stato risolto con l’imbarco nottetempo di ben 6 quintali di sigarette su Nave Caprera. Senza che nessuno, durante i turni di guardia, si accorgesse di nulla.

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