Silvia Romano è stata sequestrata per la seconda volta ma i rapitori non vogliono nessun riscatto. Hanno dichiarato, nello scarno comunicato diffuso alla stampa, che i motivi che li hanno spinti a compiere questo gesto è che questa ragazza è la loro peggior nemica. Hanno aspettato 18 lunghi mesi. Sono stati in silenzio. Hanno scritto e posato in un cassetto, senza svelarlo a nessuno, testi diffamatori che hanno dato alle stampe poco dopo che questa è scesa dall’aereo.
Li hanno diffusi sui giornali e sulle tv, senza che nessuno se ne accorgesse. Sono finiti nei bar, arrivando perfino nelle sedi del governo. Ce l’hanno con lei perché è giovane ed è donna, quindi è per forza, sempre, una poco di buono, che va in Kenya a cercare altro. Sono arrabbiati con lei perché è andata dal nemico, in Africa, ad aiutare vite umane. Ma queste vite umane sono dalla parte del nemico che questi neo-rapitori preferiscono veder annegare in mare piuttosto che aiutare.
Poi ci sono gli altri due peccati capitali. Si è convertita alla religione dell’avversario, non si sa se volontariamente, se le è stato imposto. Non si sa cosa pensasse, cosa facesse in quei 18 mesi di orrore al quale è stata costretta, a vent’anni, senza sapere che il vero orrore sarebbe cominciato tornando dalla sua tribù. Un gruppo nomade, abituato a insultare anche Liliana Segre, a minacciare di morte una ex deportata (già scampata alla soluzione finale).
Quindi non bisogna stupirsi della caratura morale dei neo-carcerieri di Silvia perché il loro dio è il soldo. Loro volevano i 4 milioni che abbiamo pagato per liberarla dalla prima prigionia. Volevano quei soldi come bottino perché sono dei banditi, abituati a rubare. E, proprio perché non li hanno avuti, l’hanno rapita, sapendo che ne spenderemo molti di più per darle la scorta tentando di liberarla.
Io so, conosco i nomi di questi rapitori. Ma non li farò. Non perché abbia paura. Ma perché meritano di essere dimenticati.