La Procura di Roma, che ha aperto un'indagine sul sequestro di Silvia Romano, ha deciso di attivare nuove verifiche sui protocolli di sicurezza adottati per la permanenza della cooperante liberata in Somalia dopo 18 mesi di sequestro
La Procura di Roma, che ha aperto un’indagine sul sequestro di Silvia Romano, ha deciso di attivare nuove verifiche sui protocolli di sicurezza adottati per la permanenza della cooperante, sequestrata in Kenya e liberata in Somalia dopo 18 mesi, come referente della onlus “Africa Milele”. I carabinieri del Ros stanno eseguendo una serie di perquisizioni, da questa mattina, nella sede della onlus a Fano. È stata acquisita documentazione relativa alle attività della onlus e materiale informatico: i militari dell’Arma avrebbero copiato alcuni hard disk e il contenuto dei telefoni. Si tratta di un controllo anche per verificare le condizioni di sicurezza in cui si trovava la giovane al momento del rapimento.
Nei mesi in cui la giovane è stata tenuta sotto sequestro, gli inquirenti avevano già fatto indagini, ascoltando anche i vertici per verificare le modalità del viaggio e della permanenza della volontaria nel villaggio di Chakama. Ora dopo il racconto fatto dalla ragazza ai magistrati e alcune dichiarazioni rese dalla responsabile della ong i magistrati vogliono proseguire su questo filone. Silvia, reduce già da un’esperienza come volontaria in Africa, fece un colloquio e un corso online e poi fu mandata nel villaggio in Kenya. Conosceva l’inglese e dunque fu mandata in qualità di referente con diverse responsabilità. “Non fu mai lasciata sola” ha dichiarato la responsabile della ong Lilian Sora sottolineando che per la sicurezza c’erano due “masai armati di machete” ma uno di loro “era al fiume” quando la ragazza fu rapita. Silvia era arrivata il 5 novembre e fu rapita il 20: “Non avevamo fatto in tempo ad attivare l’assicurazione“.
L’associazione “non rientra tra le organizzazioni destinatarie di alcun sostegno della cooperazione italiana” e ha “operato in totale autonomia senza informare la Farnesina” aveva spiegato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio nel question time alla Camera, sottolineando che la “scelta di svolgere un’attività di volontariato non può diventare motivo di attacco personale”. Sulla onlus nei giorni scorsi si erano concentrati molti attacchi per l’assenza di una rete di sicurezza in paesi dove le situazioni possono all’improvviso diventare imprevedibili.