di Sara Antonia Passante *

I Dpcm e i decreti governativi che si sono succeduti in questi mesi raccomandano, ai fini del contenimento della pandemia, l’adozione di misure di “organizzazione del lavoro” quali la chiusura di reparti non essenziali, il ricorso al lavoro agile, la limitazione delle trasferte dei lavoratori etc. Si tratta della esplicitazione del principio generale vigente in materia di sicurezza sul lavoro secondo il quale le misure di protezione e salvaguardia della salute dei lavoratori possono avere anche natura organizzativa e procedimentale.

Come nella prima fase emergenziale, anche nella cosiddetta “fase 2”, nel quadro di misure che limitano gli spostamenti (incluso il commuting casa-lavoro) e che impongono il distanziamento fisico nei luoghi di lavoro, viene raccomandato il ricorso al lavoro agile. Il Protocollo del 24 aprile 2020 all’art. 8 raccomanda il ricorso al lavoro agile “avendo a riferimento quanto previsto dai Ccnl e favorendo così le intese con le rappresentanze sindacali aziendali” .

La legge n. 27 del 24.4.2020 (di conversione del cosiddetto Decreto Cura Italia) ha esteso la portata della disposizione sul diritto al lavoro agile “fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19”. Tale diritto viene riconosciuto in favore dei lavoratori disabili nelle condizioni di cui all’art. 3 comma 3 della legge 104/90 e di coloro che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità in condizioni di gravità ai sensi della medesima legge, se tale modalità risulti compatibile con le caratteristiche della prestazione, nonché in favore dei “lavoratori immunodepressi e ai familiari conviventi di persone immunodepresse” .

Il Protocollo sottoscritto dalle Parti Sociali il 24.4.2020 e richiamato nel Dpcm del 26 aprile 2020 prevede che alla ripresa delle attività sia opportuno coinvolgere il medico competente “per le identificazioni dei soggetti con particolari situazioni di fragilità” e sia “raccomandabile” che la sorveglianza sanitaria “ponga particolare attenzione ai soggetti fragili anche in relazione all’età”.

Con Circolare del Ministero della Salute del 29.4.2020 si chiarisce che “in merito a tali situazioni di fragilità, i dati epidemiologici rilevano una maggiore fragilità nelle fasce di età più elevate della popolazione (>55 anni di età), come riportato nel menzionato Documento Tecnico, nonché in presenza di comorbilità che possono caratterizzare una maggiore rischiosità. La situazione di “maggiore fragilità” viene individuata dunque sia nella età che nella sussistenza di eventuali patologie del lavoratore.

Deve considerarsi che l’art. 26 della Legge n.27 del 24.4.2020 non ha previsto l’estensione del diritto di assentarsi dal lavoro con equiparazione della assenza al ricovero ospedaliero in favore dei lavoratori con disabilità grave ai sensi dell’articolo 3 comma 3 L.104/92 e dei lavoratori in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ai sensi dell’articolo 3 comma 1 della medesima L. 104/92, oltre la data del 30 aprile 2020.

Tuttavia, la bozza del decreto in corso di approvazione e annunciato dalla ministra Nunzia Catalfo prevede, all’art. 9, la proroga dei termini della misura di cui all’art. 26 comma 2 sino al termine del periodo emergenziale, e quindi sino al 31.7.2020.

Nel contempo, resta aperto il tema delle tutele effettive, sia dal punto di vista della salute che dal punto di vista “economico” e “lavorativo”, per i lavoratori fragili/disabili non in possesso dei requisiti previsti dalla “legge 104” e della certificazione dello stato di handicap grave o lieve. Si tratta, ad esempio, di soggetti affetti da patologie compensate con trattamento farmacologico come diabetici, cardiopatici, portatori di malattie renali, reumatiche, di patologie attuali o pregresse che li rendono suscettibili di conseguenze particolarmente gravi in caso di contagio.

I lavoratori in condizioni di “fragilità” avranno anzitutto diritto a svolgere la prestazione lavorativa in modalità agile, ove tale modalità risulti compatibile con le caratteristiche della prestazione, in ossequio alla disposizione generale di cui all’art. 2087 cc, dell’art. 32 della Costituzione, delle disposizioni antidiscriminatorie (in particolare della Direttiva 2000/78 con riferimento ai fattori “handicap” ed “età”), dell’art. 39 della legge n.27 del 24.4.2020.

Nell’ordinamento europeo vi è l’assunzione di una nozione di “handicap” – di stampo “sociale” e non esclusivamente “medico”- da intendersi quale “menomazione personale che, in interazione con barriere di diversa natura, sia suscettibile di ostacolare la piena ed effettiva partecipazione della persona alla vita professionale su base di uguaglianza con altri lavoratori”. Il datore di lavoro dovrà dunque in ogni caso applicare, anche ai sensi dell’art. 3 comma 3 bis del dlgs 216/2003, ogni necessario e ragionevole accomodamento nella propria organizzazione al fine di garantire il diritto al lavoro e alla salute dei soggetti “fragili”.

Deve aggiungersi che il Protocollo siglato dalle parti sociali il 24.4.2020 stabilisce che il datore di lavoro “provvede alla tutela dei lavoratori” che versino in “situazioni di particolare fragilità”: il datore di lavoro dovrà dunque attuare ogni possibile “adattamento” all’interno della propria organizzazione al fine di tutelare il lavoratore “fragile”.

Quanto ai soggetti con disabilità “da lavoro”, si rileva che Inail contribuisce alla spesa sostenuta dai datori di lavoro per interventi relativi all’adattamento delle postazioni di lavoro. Tale contributo potrebbe in questa fase essere utilizzato anche tenendo in considerazione le necessità di sicurezza connesse al rischio di contagio Covid-19 (ad esempio per assegnare il lavoratore con disabilità da lavoro a diverse mansioni, previo finanziamento da parte di Inail di interventi formativi o di riqualificazione professionale).

* Avvocata giuslavorista, vivo ed esercito la professione a Bologna, sempre dalla parte dei lavoratori. Nel più ampio costante confronto con tutte le problematiche connesse al diritto del lavoro, ho approfondito negli ultimi anni i temi della tutela antidiscriminatoria.

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