Il caso drammatico dello scoppio e successivo vasto incendio dell’azienda chimica 3VSIGMA di Porto Marghera ha lasciato ieri milioni di persone residenti in Veneto con il naso all’insù ad inseguire la nuvola nera che si era sprigionata, lasciando cadere a terra in un raggio di 3-4 chilometri benzene e derivati, etanolo e acetone mentre diossine e IPA sono in fase di verifica da parte di Arpa Veneto. Veleni sparsi ovunque.
Ma soprattutto altri 2 lavoratori sono in gravi condizioni e i ritardi nell’allarme partito dallo stabilimento (e dallo stesso comune di Venezia) fanno il paio con le multiple denunce da parte di sindacati e maestranze già pervenute nell’estate scorsa, lamentanti turni di lavoro massacranti e scadenti condizioni di sicurezza nell’impianto chimico incriminato, con tanto di sciopero per evidenziare pubblicamente tali carenze che, in un impianto ad altissimo rischio come questo, non potevano essere sottovalutate… Pena il disastro puntualmente avvenuto.
Gli infortuni sul lavoro hanno superato in Veneto la soglia dei 50.000, con decine di morti già nell’estate del 2019; i servizi ispettivi sono in sofferenza con l’Inail dove si calcola una carenza organica non inferiore al 30% e gli Spisal che hanno personale totalmente insufficiente, evidenziato da anni. E, anche in questo caso, finendo per promuovere uno sciopero dello stesso Spisal verso la Regione Veneto datato 25 ottobre scorso. Solo a seguito di questa forte azione, sono state finalmente operate 25 assunzioni, peraltro senza risorse aggiuntive ma con modalità penalizzanti i lavoratori in organico, obbligando a ridimensionare il numero di visite e soprattutto – per far qualche numero in più – scegliendo le meno complesse tra le industrie, come denunciato recentemente dalla Fp-CGIL.
Insomma sulla sicurezza in Veneto si deve risparmiare, non fa audience…
Eppure sono tragedie continue quelle che accadono, che fanno testo solo quando avvengono e restano nell’oblio dal giorno successivo. I numeri parlano chiaro: sono solo 140 gli addetti nello Spisal Veneto che dovrebbero effettuare non meno di 21.000 verifiche l’anno, pari ad un già per se misero 5% delle imprese. Quando in Emilia Romagna l’obiettivo fissato dal Presidente Bonaccini è di almeno il 9% delle imprese presenti sul territorio. Lavoro svolto da 225 tecnici che assieme agli operatori INAIL fanno ben altri numeri, 346 per la precisione (Rapporto di attività UOC-Spisal 2018) senza che ciò togliesse ossigeno alle imprese serie ma anzi alimentandole, come dimostra il più alto tasso di crescita occupazionale, di export e di Pil in Emilia Romagna nel 2019 rispetto a tutte le altre regioni italiane, con un numero di addetti Spisal più che doppio rispetto a quello Veneto.
Dunque la sicurezza non solo è una garanzia per chi lavora ed un minor costo in vite umane ma anche in costi che ricadono su Inail e Inps e dunque sulla collettività, diventando una garanzia per la legalità e per noi consumatori giacché impedisce concorrenza sleale e infiltrazioni mafiose.
Altro argomento correlato con questo gravissimo incidente che vede ricadute anche nell’agricoltura veneziana, essendo impedito da ieri sera raccogliere frutta e verdura nei luoghi come Sant’Erasmo colpiti dalla nube tossica, è il grande e ancora oggi irrisolto tema di Porto Marghera. Bene ha fatto il senatore Ferrazzi a chiedere al governo nazionale, vista l’indifferenza di comune e Regione, di innescare la marcia più accelerata verso la riconversione green di quell’area così vicina a Venezia. E così maltrattata da decenni di scempi ambientali, oggi avviata a parole verso un Green New Deal che però stenta a decollare, facendo permanere industrie che oltre ad una intrinseco livello di pericolosità ne aggiungono altri per carenza di protezioni e di controllo pubblico.
Una nube nera ha tolto ossigeno ad una narrazione auto assolvente che non corrisponde al vero, in una Regione in cui il lavoro e la sicurezza sono argomenti scomodi, una vera emergenza politica.