Al via la scuola on line nella Terza Casa Circondariale di Rebibbia. Si tratta di un settore particolarmente dinamico del complesso penitenziario romano. Vi sono recluse persone con trascorsi di tossicodipendenze, con limiti di età e di residuo pena. È stato uno dei primi istituti a sperimentare la “custodia attenuata”, con i detenuti che mangiano tutti insieme in un’apposita sala e possono godere di un’ampia offerta di attività culturali: cineforum, corsi di teatro, poesia, serigrafia, mosaico, rivista, varie discipline sportive.

Ma il percorso di reinserimento sociale, che qui funziona molto più che altrove con un tasso di recidiva relativamente basso, passa soprattutto per i due capisaldi della funzione rieducativa della pena: lavoro, con importanti opportunità occupazionali dentro e fuori dal carcere, e istruzione, con i corsi del nostro istituto scolastico J. von Neumann e l’attività di volontariato dei tutor a sostegno degli studenti iscritti all’università Sapienza di Roma.

Com’è noto, l’emergenza del coronavirus che ha colpito tutti noi ha avuto risvolti drammatici all’interno dei penitenziari. Una volta di più, il carcere si è rivelato l’estremità più esposta della nostra società, dove le ripercussioni di vicende e congiunture si avvertono con la massima intensità. La preoccupazione dei contagi in ambienti che, per usare un eufemismo, definiamo promiscui ha portato alla rapida, progressiva chiusura di tutte le relazioni con l’esterno, dal volontariato fino alle attività scolastiche.

Com’era facilmente prevedibile, la chiusura dei colloqui con i familiari – cui i detenuti tengono enormemente, oltre ogni misura che da fuori si possa immaginare – non poteva che essere la goccia che ha fatto traboccare il vaso della sopportazione, purtroppo sfociata nei notori episodi di ribellione e violenza con tragici epiloghi, anche fomentati da soggetti esterni.

Comunque, anche nell’attuale complicatissima contingenza, il regime particolare e le attenzioni cui sono sottoposti i detenuti della Terza Casa ha contribuito a evitare che la situazione, di per sé ovunque esplosiva, trascendesse. Si è partiti da subito a mettere in atto misure decongestionanti e attrezzarsi per assicurare un minimo possibile di comunicazioni: utilizzando diverse piattaforme digitali, i detenuti hanno potuto rivedere e parlare con genitori, mogli, figli, in questa fase così difficile.

Nel contempo, sia il mondo dell’istruzione che l’amministrazione della giustizia cercavano di attrezzarsi per la ripresa dell’attività didattica, che tanto ha dimostrato di poter contribuire al trattamento e rieducazione dei condannati. Assicurare il diritto allo studio a tutti, a prescindere dall’età e dalle condizioni, si riconferma come modo estremamente efficace per offrire concrete opportunità di revisione critica del proprio vissuto e fornire prospettive alternative ai percorsi devianti.

Da qualche anno, a partire da un’attività di volontariato di alcuni di noi docenti, la nostra scuola ha avviato un vero e proprio corso di Istituto tecnico economico all’interno della Terza Casa. Quest’anno avevamo un secondo periodo didattico e una classe terminale, con ragazzi che devono sostenere gli esami di Stato per ottenere il diploma nel prossimo giugno.

Dopo la chiusura per il Covid-19, in perfetta intesa con la Direzione e l’Area educativa, ci siamo adoperati per far recapitare dispense su cui gli studenti potessero proseguire la propria preparazione. Nel frattempo, mettendo in sinergia le poche risorse tecniche e informatiche a disposizione, abbiamo cercato di superare tutte le immaginabili difficoltà anche giuridiche per predisporre la connessione ed effettuare vere e proprie lezioni da remoto, per meglio soddisfare il bisogno espresso dai detenuti studenti di potersi confrontare con i docenti, per ottenere spiegazioni e delucidazioni.

Finalmente, la buona notizia è che si può cominciare: la scuola si adegua, si trasforma ma la trasmissione, la condivisione e l’apprendimento di conoscenze e competenze conserva intatto tutto il suo valore.

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