Questa non è la storia di un campione. Questa non è una storia di riscatto. Questa è la storia di un uomo che si è scontrato contro un muro; il muro che divide il calcio e l’omosessualità. Una separazione così netta da farne un tabù, come se non esistesse. Questa è la storia di Justin Fashanu, il primo calciatore professionista ad aver dichiarato di essere gay. È il 1990 quando Fashanu, tramite il Sun, fa outing, esprimendo a tutti la propria omosessualità. L’intento delle sue dichiarazioni era quello di provare a dare coraggio a chi come lui si era tenuto quel segreto dentro per tanto tempo; la speranza di essere il primo a rompere il ghiaccio, seguito poi a ruota da altri. In realtà succede l’esatto contrario.
Il Sun titola: “Il giocatore da 1 milione di sterline è gay”. Fashanu era noto nel mondo del calcio britannico per essere stato il primo giocatore nero a valere così tanto, il primo dei suoi record socio-calcistici. A sborsare quella cifra nel 1981 era stato Brian Clough, leggendario allenatore del Nottingham Forest, che aveva deciso di puntare su di lui dopo averlo visto segnare a valanga con la maglia del Norwich, con cui aveva esordito poco più che maggiorenne. Una barriera culturale abbattuta, l’approdo in una squadra che pochi anni prima aveva vinto la Coppa Campioni: tutti ingredienti per vivere una storia da far rimanere impressa nella memoria. Presto però la favola diventa un incubo: se in campo le cose non vanno, quello che irrita di più Clough, dotato di una mente calcistica avanti anni luce rispetto ai suoi colleghi, ma pur sempre cresciuto nella middle class inglese degli anni 50, non sono le sue prestazioni, quanto quello che fa, e dove lo fa, nel suo tempo libero.
Fashanu frequenta i locali gay, si dice. E lo sostengono in tanti, quasi tutti. Clough perde ogni stima per il suo giocatore, arrivando a insultarlo davanti a tutto lo spogliatoio. E così presto “Fash” si trova emarginato dal gruppo, costretto ad allenarsi da solo e mal visto dai tifosi: Justin è solo. Da qui in avanti la sua carriera sarà una lunga, estenuante caduta, condita da un grave infortunio al ginocchio che lo terrà lontano dai campi per 3 anni. Fa avanti indietro dagli Stati Uniti nella speranza di trovare finalmente una squadra, ma ovunque vada il suo nome è sinonimo di vergogna. Dal 1988 al 1991 sostiene provini con 10 società, dalla Prima Divisione inglese fino ai dilettanti: tutti i club in breve tempo lo scaricano, non intenzionati ad associare il loro nome a quello di Fashanu. I pettegolezzi sulle sue attività notturne non si contano. La sua figura origina imbarazzo nel mondo del calcio.
Proprio per questo nel ’90 decide di togliersi un peso e dichiarare la propria omosessualità: primo giocatore in attività di sempre a farlo. Il suo coraggio però non viene apprezzato: addirittura il fratello minore, John, lo rinnega pubblicamente. Anche la comunità nera lo abbandona, non intenzionata a combattere la sua battaglia. Nel tentativo di darsi nuovo slancio, Fashanu vende ai giornali scandalistici storie che lo vorrebbero coinvolto in rapporti sessuali con diversi politici e uomini di spicco britannici, ma tutte si rivelano false o infondate, dando un’altra spinta verso il basso alla sua carriera e alla sua salute mentale. Dopo essere stato anche in Nuova Zelanda, Fashanu torna in America, nel Maryland, dove trova un incarico da allenatore-giocatore.
La squadra è modesta, ma in quell’angolo degli Stati Uniti Fashanu sente di poter finalmente trovare il suo spazio. Ma la sua è una storia maledetta. Il 25 marzo 1998 un ragazzo di 17 anni chiama la polizia locale dicendo di essersi risvegliato nel letto di Fashanu, e che questi aveva abusato di lui. Il giocatore inizialmente si mostra collaborativo con la polizia, ma dopo l’interrogatorio fa perdere le sue tracce. Il fatto di essere un gay di colore, due categorie che non godevano di particolare simpatia tra le autorità, sommate al fatto che nel Maryland l’omosessualità era considerata un reato, fanno cadere nel panico Fashanu, che torna in Inghilterra sotto falso nome nella speranza di trovare un estremo aiuto. La sua speranza però diventa un’illusione perché nessuno vuole saperne alcunché, né il fratello né il suo storico agente.
Il 3 maggio viene trovato impiccato in un garage semi abbandonato. Quello che resta è un biglietto nel quale giustifica il suo gesto dicendosi sicuro di venire condannato, raccontando anche la sua versione dei fatti, secondo i quali il ragazzo avrebbe provato a ricattarlo, e lui avrebbe rifiutato. Quella di Fashanu è la vicenda di un uomo che ha provato a lottare da solo contro dei pregiudizi troppo più forti di lui. Nel corso degli anni sono state fatte tante speculazioni sulla sua storia e sul perché si sia comportato così; c’è chi lo considera una vittima e chi semplicemente un debole. 30 anni dopo, ancora non sappiamo come reagirebbe il mondo del calcio all’omosessualità di un calciatore, per il semplice fatto che dopo di lui nessuno ha più avuto lo stesso coraggio. L’imbarazzo che regola il rapporto tra questa comunità e il Football è ancora d’attualità, argine riluttante del conservatorismo calcistico. Forse un giorno la triste carriera di Fashanu assumerà un nuovo valore.