Venerdì 15 maggio è stato il secondo anniversario dell’ennesimo giro di vite nei confronti dell’attivismo per i diritti umani in Arabia Saudita.

Quel giorno del 2018 vennero arrestate contemporaneamente le principali protagoniste delle campagne per porre fine al divieto di guida per le donne e al sistema del “maschio di casa”, ossia del tutore sovrintendente alle principali decisioni riguardanti le donne.

Su un totale di 13 attiviste sotto processo per presunte violazioni della legge sui reati informatici, cinque hanno iniziato il terzo anno di carcere: Loujain al-Hathloul, Samar Badawi, Nassima al-Sada, Nouf Abdulaziz and Maya’a al-Zahrani.

Nei primi tre mesi di prigionia sono rimaste in isolamento completo, senza contatti con le famiglie e con gli avvocati. Anche in seguito sono state sottoposte a tortura e violenza sessuale.

Amnesty International è tornata a chiedere, con un appello al re Salman bin Abdulaziz, il loro rilascio e proscioglimento da ogni accusa.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Omofobia, la lettera di Asia Argento contro le discriminazioni: “Cara diversità, ti ringrazio”

next
Articolo Successivo

Sala: “Centri diurni per disabili? La Regione Lombardia non ha ancora dato regole per riaprire. Chiediamo tamponi e test continui”

next