Lo stop ai dividendi e al riacquisto di azioni proprie per un anno, l’impegno a “gestire i livelli occupazionali attraverso accordi sindacali” e l’utilizzo dei soldi per sostenere costi del personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi localizzati in Italia. Sono solo questi, per ora, i requisiti previsti dal decreto Liquidità per ottenere la garanzia statale su un prestito bancario. Come quello da 6,3 miliardi – pari al 25% del fatturato realizzato in Italia – che Fca Italy sta negoziando con Intesa Sanpaolo e su cui punta ad ottenere la garanzia di Sace. Operazione finita al centro del dibattito politico perché il gruppo che fa capo agli Agnelli-Elkann chiede sostegno all’Italia pur avendo sede legale in Olanda e fiscale a Londra. Del resto la Commissione europea non consente di escludere dagli aiuti pubblici le aziende basate in altri Paesi europei, anche se fiscalmente sono “zone grigie” che consentono di fatto di pagare meno tasse. Quindi, mentre i sindacati chiedono una discussione sul merito (uso dei soldi, garanzie sull’occupazione e sulla salvaguardia delle fabbriche italiane), in Parlamento si cerca di inserire nel decreto in fase di conversione qualche paletto aggiuntivo. E il ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano, si augura che perlomeno Fca come “atto di buona volontà e senso civico” condivida con il governo i rapporti che dettagliano come sono distribuiti i profitti e il carico fiscale nei vari paesi in cui opera.
Il prestito garantito “per supportare i pagamenti alla filiera” – La linea di credito chiesta dalla controllata operativa italiana dovrebbe essere garantita al 70% da Sace. Avrebbe durata di tre anni e, stando al comunicato di Fca, sarebbe “destinata esclusivamente alle attività italiane e al sostegno della filiera dell’automotive in Italia, composta da circa 10mila piccole e medie imprese, a seguito alla riapertura degli stabilimenti italiani, avviata a fine aprile” dopo la firma del protocollo per la sicurezza. Tutte le erogazioni “sarebbero gestite attraverso conti correnti dedicati, accesi con Intesa San Paolo al solo scopo di supportare la gestione operativa dei pagamenti alla filiera italiana dei fornitori”. Fca impiega in Italia circa 55mila persone in via diretta mentre le 5.500 società fornitrici italiane impiegano altri 200mila lavoratori. Il 40% del fatturato della componentistica automotive deriva da commesse del gruppo. La nota ricorda che è stato confermato il piano di investimenti da 5 miliardi per le fabbriche italiane annunciato nel 2018 per il triennio 2019-2021.
Le condizioni del decreto Liquidità – Ma quali condizioni dovranno essere rispettate per ottenere quel prestito? I paletti previsti dal decreto Liquidità, ora in fase di conversione in legge, sono piuttosto blandi. Sede in Italia: Fca Italy lo rispetta. Rinuncia a distribuire dividendi per un anno: il gruppo si è mosso d’anticipo e ha annunciato lo stop già la settimana scorsa. Ma l’anno prossimo è già previsto per i soci di Fca – tra cui la Exor degli Agnelli – un maxidividendo straordinario in sede di fusione con Psa. Due emendamenti di Leu, sostenuti anche da Carlo Calenda, puntavano ad ampliare il divieto di distribuire cedole all’intera durata del prestito, ma il Tesoro ha dato parere negativo. Poi c’è la formula che impone la “gestione dei livelli occupazionali attraverso accordi sindacali”: una frase vaga che di fatto non richiede il mantenimento dei posti di lavoro, ma solo la negoziazione con i rappresentanti dei lavoratori. Infine, il prestito deve essere “destinato a sostenere costi del personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia”. Questo andrà valutato nel corso dell’istruttoria con Sace. Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri a Quarta repubblica ha dato tutto per fatto: “Abbiamo detto a Fiat che con il prestito ci devono pagare investimenti in Italia”.
Emendamento anti delocalizzazioni – Quanto allo spauracchio di una – ulteriore – delocalizzazione delle attività, il testo iniziale non prevedeva nulla di specifico. Una norma ad hoc è prevista dal decreto Dignità, ma riguarda gli aiuti di Stato tout court e non le garanzie. Nel passaggio parlamentare è però stato approvato, in commissione congiunta Finanze e Attività produttive, un emendamento della deputata dem Stefania Pezzopane e del collega Diego Zardini che “impone alle aziende che usufruiranno del prestito Sace la non delocalizzazione“. E Gualtieri ha sottolineato anche questo, affermando che è già stato chiesto a Fca e si tratta di un “impegno aggiuntivo rispetto a quelli esistenti” fra cui “rafforzare e confermare tutti gli investimenti in Italia”.
“Fca renda pubblici i dettagli su ricavi, utili e tasse pagate in ogni Paese” – Visto che escludere dal sostegno pubblico chi ha sede in altri paesi Ue non è una strada percorribile, l’altra richiesta, contenuta in emendamenti del Movimento 5 Stelle e del Pd, era di obbligare chi chiede gli aiuti a presentare un report “country-by-country” che indichi ricavi, utili e tasse pagate Paese per Paese. Proposta stoppata dal Tesoro. Tanto che al ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano, non è rimasto che chiedere a Fca di “valutare spontaneamente di condividere con il governo italiano i suoi ‘country by country report‘, anche per rendere meno discrezionale, nel caso di una grande azienda, la scelta di offrire grandi garanzie pubbliche”. Oggi, ricorda Provenzano su Facebook, “Nessuno, al di fuori di alcuni alti dirigenti dell’Agenzia delle Entrate e del management internazionale di Fca, conosce con esattezza come sono distribuiti i profitti delle varie filiali e come ripartisce il carico fiscale nei vari paesi”. Guardando al futuro, poi, “l’Italia non deve perdere di vista l’obiettivo fondamentale nell’interesse nazionale: agire in Europa per modificare un equilibrio che tollera il dumping fiscale di troppi Paesi membri, non limitare questa battaglia a livello extraeuropeo”.
Le richieste dei sindacati – “Mi fa un po’ sorridere che in Italia si sia aperta una discussione adesso su dove è la sede legale del gruppo Fca”, ha commentato il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, a “L’aria che tira” su La7. “La mia organizzazione dal 2013-14 l’ha sollevata, adesso si scopre dopo sei anni che esiste questo problema che peraltro non riguarda solo Fca. Deve essere un tema che affronta il governo, perché il problema riguarda tutta l’Europa e i paradisi fiscali“. In generale i sindacati, informati della richiesta di finanziamento sabato scorso, pur con diversi accenti sono compatti nel chiedere una discussione sul merito: per che cosa saranno usati i soldi – su questo la nota Fca dà qualche risposta ma serviranno i dettagli – e a quali condizioni. Landini ha fissato i suoi paletti: “Che non ci siano delocalizzazioni, che vengano garantiti i livelli occupazionali, che non si chiudano stabilimenti”. E ancora: “Visto che il gruppo sta fondendosi con i francesi di Psa, dove c’è la partecipazione dello Stato, chiedo che si apra una discussione sulla mobilità non solo legata alle auto, ma su come produci tutto ciò che si muove. Deve diventare oggetto di discussione tra governo e sindacati per il futuro del Paese”.
Una posizione particolarmente vicina a quella dell’ex premier Romano Prodi, secondo cui il finanziamento “è legittimo” ma è cruciale “capire qual è la strategia della Fiat sul settore dell’auto, visto che per molti aspetti l’azienda è uscita dal settore e ha perseguito strategie alternative. Fatte queste valutazioni, penso che si possano dare questi soldi ma bisogna imporre il rispetto dei patti presi, cosa che non c’è stata in passato”.
Dal canto suo Marco Bentivogli, leader della Fim-Cisl, intervistato da Repubblica – dove gli articoli sul prestito hanno scatenato forti tensioni all’interno della redazione – concorda sul fatto che “un’azienda italiana non dovrebbe mettere la sede legale in Olanda, Paese free rider che fa dumping fiscale ai danni degli altri Paesi dell’Unione”. Ma sul prestito non ha dubbi: “Dopo due mesi di blocco della produzione quei soldi servono a garantire lo stipendio dei dipendenti e il pagamento dei fornitori di tutta la filiera. Fca Italia chiede un prestito per fare da garante alla filiera che non riesce ad accedere alla liquidità promessa alle piccole imprese dal decreto liquidità”.
D’accordo il segretario generale Fismic Confsal Roberto Di Maulo secondo cui “con questo prestito si potrebbe dare respiro a tutte le società della filiera, in quanto il 40% della componentistica italiana è destinato alla Fca”. I segretari generali di Cisl e Fim Torino-Canavese, Domenico Lo Bianco e Davide Provenzano., hanno invece rimarcato che la richiesta di finanziamento deriva dalla “assenza di un sostegno finanziario diretto al settore dell’auto, sia a livello nazionale sia a livello locale, e di una politica industriale in grado di salvaguardare il comparto anche rispetto ai competitor esteri”.