8. Esistono bootleg (Warsaw), live ufficiosi (Les Bains Douches, Paradiso), raccolte postume (Still 1981, Substance 1988 per Factory Records) ma i dischi ufficiali sono due: Unknown Pleasures (1979) e Closer (1980). Forse più che album potrebbero ergersi a monumenti dedicati alla passione, all’energia, alla disperazione catartica?” Ancor prima di ascoltarli, occorre guardarli; le copertine capolavoro (a cura di Peter Saville) sono una dichiarazione di intenti, i dischi – come ho già scritto – sono supportati da suoni grezzi e compiuti, perfetti nel fare riferimento alla cupa desolazione evocata nei brani, ovvero parole nelle quali, a tratti – tagliente e lancinante – compare la speranza. Tuttavia, è solo una mera illusione, situata negli abissi più profondi e impenetrabili dell’esistenza.

9. 18 maggio 1980.

“[…] C’era una busta poggiata sulla mensola del caminetto, in soggiorno. Mi piegai in avanti per prenderla e con la coda dell’occhio lo vidi: era inginocchiato, in cucina. Tirai un sospiro di sollievo, contenta che fosse ancora là. “E allora che stai facendo?” Mossi un passo verso di lui, pronta a parlare. Aveva il capo reclinato e le mani posate sulla lavatrice. Lo fissai, era così rigido. Poi la corda: non avevo notato la corda. La corda che scendeva dalla rastrelliera gli passava intorno al collo”. […]

Cfr. “Touching from a Distance – Ian Curtis & Joy Division” di Deborah Curtis, ed. Faber & Faber.

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Joy Division, quarant’anni senza Ian Curtis: 9 cose che vogliamo ricordare di lui

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