“Monument kulture mbrohet nga populli”: per 27 mesi ha resistito, come “monumento culturale protetto dalla gente”. Ma all’alba di domenica, il Teatro Nazionale di Tirana è caduto sotto i colpi delle ruspe: il prezioso esempio di architettura italiana degli anni ’30 deve lasciar spazio ad una mega struttura avveniristica, dietro la quale si celano forti dubbi di speculazione edilizia. Quella che è stata la più lunga occupazione per la difesa di un bene pubblico in terra d’Albania, animata non dall’opposizione politica ma da quella civica, rischia, però, di essere un boomerang per il premier Edi Rama.
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Tirana 2
Due anni di dissenso organizzato e motivato, con agganci in mezza Europa, non si cancellano in pochi minuti, mettono radici. E fanno lievitare la protesta: nel pomeriggio di ieri, si è tornati a manifestare non più o non solo “per” il teatro cancellato, ma soprattutto “contro il ritorno della dittatura”. Parole forti, non usate a caso: sono 64 le persone fermate domenica dalla polizia e ciò che artisti e attivisti denunciano è la ripresa di metodi già visti durante il regime, di cui, a 30 anni di distanza, la memoria è viva in ogni angolo del Paese. Non si tratta, insomma, “solo” di una questione culturale e in causa sono chiamate anche le istituzioni italiane, da cui ci si aspettava una presa di posizione forte mai arrivata, al contrario, ad esempio, di quella tedesca.
Il blitz e gli arresti – All’alba di domenica il blitz, in piena emergenza Covid. Un’azione fulminea, messa in atto in 15 minuti. Le voci di un intervento proprio in questo momento di quarantena e restrizioni si erano fatte più insistenti negli ultimi giorni: ci si aspettava l’arrivo delle ruspe per le due di notte di domenica e fino alle 4 del mattino un migliaio di persone ha presidiato la piazza. Poi, quando i manifestanti sono tornati a casa, alle 4.30 sono arrivati oltre mille agenti di vari dipartimenti di polizia. L’abbattimento è iniziato quando all’interno c’erano ancora gli attori Neritan Liçai e Julinda Emiri e il regista Robert Budina, portati via dai poliziotti, che hanno circondato l’area per consentire ai mezzi di tirare giù il teatro italiano, esattamente alle spalle di piazza Skanderberg. Per tutta la giornata, le proteste si sono spostate sul boulevard ‘Deshmoret e Kombit’, lì nonostante i divieti di manifestazioni pubbliche e assembramenti imposti dalla normativa sul Covid, di cui, secondo gli oppositori, si è approfittato.
Accuse incrociate tra manifestanti e forze dell’ordine – L’organizzazione “Alleanza per la protezione del teatro”, composta da artisti e cittadini che negli ultimi due anni si sono fortemente schierati contro la demolizione, chiede l’immediato rilascio di chi è ancora trattenuto nei commissariati. La Polizia, in un comunicato ufficiale diramato nelle scorse ore, ha fatto sapere di essere intervenuta su richiesta dell’Ispettorato per la protezione territoriale della città di Tirana, al fine di far attuare la decisione presa in Consiglio comunale, vale a dire l’abbattimento e la successiva ricostruzione. Tra oppositori e forze dell’ordine volano accuse incrociate: gli uni denunciano manganellate ma anche di aver agito senza un necessario mandato del tribunale di liberare l’edificio; le altre dicono che “diverse persone appartenenti ai ranghi dei manifestanti hanno sparato di tanto in tanto alle forze di polizia, con oggetti duri e bastoni, ferendo 7 agenti in servizio”, in modo comunque non grave.
Sono 64 gli albanesi fermati e condotti in caserma: sette trentenni sono stati arrestati con le accuse di “violenta opposizione a un ufficiale dell’ordine pubblico” e per “partecipazione a raduni illegali”. Di quest’ultimo reato rispondono anche altre 21 persone, e ulteriori 36 sono state destinatarie di sanzioni amministrative per violazione delle misure restrittive contro la diffusione dell’epidemia da Covid. Si preparano altre proteste.
“Siamo delusi dall’Italia, è ora di intervenire” – “Ci aspettiamo ancora il massimo – dicono al fattoquotidiano.it dall’Alleanza per la protezione del teatro – una reazione con vigore. È stato commesso un crimine legale e morale domenica. Nonostante il fatto che in questi 27 mesi l’ambasciatore italiano (Alberto Cutillo, lo scorso ottobre) sia intervenuto solo una volta sulla demolizione, in un’intervista rilasciata al giornale Panorama; nonostante il fatto che in questi mesi nemmeno l’Istituto Italiano di Cultura sia intervenuto, benché il suo ufficio si trovi a 300 metri di distanza dal Teatro, è importante che lo Stato italiano intervenga. Se l’Albania per l’Italia ha ancora un valore, è l’ora di reagire. La nostra delusione è già enorme”.
“È lecito chiedersi che cosa faccia l’Ambasciata italiana e il connesso l’Istituto di Cultura in questi casi. Non dovrebbe essere compito loro quello di salvaguardare il patrimonio artistico e architettonico italiano in Albania?”. A incalzare è un gruppo di architetti e docenti dell’Università La Sapienza di Roma – Marco Petreschi, Nilda Valentin e Antonino Saggio – e dell’Università di Bari, la professoressa Anna Bruna Menghini, tutti profondi conoscitori dell’architettura albanese e con esperienza di docenza negli atenei del Paese delle Aquile. Hanno firmato un documento molto critico: “Il centenario della nascita di Tirana Capitale si sarebbe potuto celebrare in modo più degno. Questa demolizione – hanno scritto – fa ritornare indietro nel tempo, quando si distruggevano le chiese e le moschee con la violenza politica di un regime dittatoriale annullando ferocemente qualsiasi tentativo di opposizione. Che differenza c’è oggi con la tanto acclamata democrazia albanese, che agisce con gli stessi metodi abbattendo il Teatro Nazionale di Albania? Questa era un’opera universalmente nota dell’eccellenza architettonica italiana, ammirata e pubblicata in moltissimi libri e riviste scientifiche in quanto uno dei primissimi esempi in Europa di prefabbricazione realizzata a Milano e montata, con brevetto esclusivo, nel 1938 a Tirana in pochissimo tempo. Che differenza c’è col regime dello scorso secolo quando addirittura si finisce per esautorare e denigrare tutti gli intellettuali che si sono opposti a questo scempio?”.
La presa di posizione tedesca – A fronte del silenzio istituzionale italiano, ha un peso maggiore la dichiarazione preoccupata dell’ambasciatore tedesco Peter Zingraf: “Il crollo del Teatro Nazionale a Tirana all’alba, in quella forma che abbiamo visto, è difficile da capire”, ha scritto, invocando dialogo e trasparenza. Si attende una presa di posizione anche dell’Unione Europea: la commissaria europea alla Cultura, Marija Ivanova Gabriel, è stata interessata della questione da Sneška Quaedvlieg-Mihailovic, segretaria generale di Europa Nostra, la federazione pan-europea per il patrimonio culturale presieduta da Placido Domingo. Già nel marzo scorso, questa organizzazione non governativa, in stretto contatto con l’Unesco, aveva inserito il Teatro “Kombetar” dell’Albania nella lista dei sette luoghi più a rischio di estinzione in Europa, sulla base di una selezione che tiene conto di valore architettonico, difesa dei cittadini, ruolo di catalizzatore di valori e cultura. Essere presenti in quell’elenco significava due cose: riconoscimento pubblico che non si aveva dalle istituzioni in patria e, soprattutto, aiuto concreto per investire nel restauro.
Il nuovo complesso edilizio: centri commerciali, alberghi e un nuovo teatro – Invece, in poche ore si è fatta piazza pulita di un pezzo di storia: al suo posto nascerà il “farfallino” progettato dallo studio danese Big, con un nuovo teatro all’interno di un mastodontico complesso edilizio con quattro torri destinate a centri commerciali, alberghi e servizi. Investimento stimato: 30 milioni di euro. “Voglio assicurarvi che il nuovo teatro nazionale avrà il consenso di tutti domani”, ha commentato il premier Rama, che si è scagliato contro presunti disturbatori “professionisti”, che avrebbero massacrato anche altri progetti prima dell’avvio dei cantieri. “Anche di questo progetto ritardato da decine di anni – ha proseguito Rama – parlerà il lavoro completato, che darà alla comunità teatrale la scena nazionale dignitosa che non ha mai avuto”. La distruzione del Kombetar, però, rischia di provocare altri strascichi dentro al tessuto culturale albanese e di gettare ombre sull’immagine che il governo sta cercando di rendere accattivante e simpatica al resto d’Europa.
Mondo
Albania, il Teatro Nazionale di Tirana demolito tra le proteste: fermate 64 persone. Deluse le associazioni: “Lo Stato italiano intervenga”
L'edificio, costruito nel 1938, era un esempio di eccellenza architettonica italiana. I manifestanti hanno presidiato la zona tutta la notte, denunciando "metodi già visti durante il regime", poi all’alba di domenica l blitz. Al suo posto nascerà un complesso edilizio con centri commerciali, alberghi e servizi
“Monument kulture mbrohet nga populli”: per 27 mesi ha resistito, come “monumento culturale protetto dalla gente”. Ma all’alba di domenica, il Teatro Nazionale di Tirana è caduto sotto i colpi delle ruspe: il prezioso esempio di architettura italiana degli anni ’30 deve lasciar spazio ad una mega struttura avveniristica, dietro la quale si celano forti dubbi di speculazione edilizia. Quella che è stata la più lunga occupazione per la difesa di un bene pubblico in terra d’Albania, animata non dall’opposizione politica ma da quella civica, rischia, però, di essere un boomerang per il premier Edi Rama.
Due anni di dissenso organizzato e motivato, con agganci in mezza Europa, non si cancellano in pochi minuti, mettono radici. E fanno lievitare la protesta: nel pomeriggio di ieri, si è tornati a manifestare non più o non solo “per” il teatro cancellato, ma soprattutto “contro il ritorno della dittatura”. Parole forti, non usate a caso: sono 64 le persone fermate domenica dalla polizia e ciò che artisti e attivisti denunciano è la ripresa di metodi già visti durante il regime, di cui, a 30 anni di distanza, la memoria è viva in ogni angolo del Paese. Non si tratta, insomma, “solo” di una questione culturale e in causa sono chiamate anche le istituzioni italiane, da cui ci si aspettava una presa di posizione forte mai arrivata, al contrario, ad esempio, di quella tedesca.
Il blitz e gli arresti – All’alba di domenica il blitz, in piena emergenza Covid. Un’azione fulminea, messa in atto in 15 minuti. Le voci di un intervento proprio in questo momento di quarantena e restrizioni si erano fatte più insistenti negli ultimi giorni: ci si aspettava l’arrivo delle ruspe per le due di notte di domenica e fino alle 4 del mattino un migliaio di persone ha presidiato la piazza. Poi, quando i manifestanti sono tornati a casa, alle 4.30 sono arrivati oltre mille agenti di vari dipartimenti di polizia. L’abbattimento è iniziato quando all’interno c’erano ancora gli attori Neritan Liçai e Julinda Emiri e il regista Robert Budina, portati via dai poliziotti, che hanno circondato l’area per consentire ai mezzi di tirare giù il teatro italiano, esattamente alle spalle di piazza Skanderberg. Per tutta la giornata, le proteste si sono spostate sul boulevard ‘Deshmoret e Kombit’, lì nonostante i divieti di manifestazioni pubbliche e assembramenti imposti dalla normativa sul Covid, di cui, secondo gli oppositori, si è approfittato.
Accuse incrociate tra manifestanti e forze dell’ordine – L’organizzazione “Alleanza per la protezione del teatro”, composta da artisti e cittadini che negli ultimi due anni si sono fortemente schierati contro la demolizione, chiede l’immediato rilascio di chi è ancora trattenuto nei commissariati. La Polizia, in un comunicato ufficiale diramato nelle scorse ore, ha fatto sapere di essere intervenuta su richiesta dell’Ispettorato per la protezione territoriale della città di Tirana, al fine di far attuare la decisione presa in Consiglio comunale, vale a dire l’abbattimento e la successiva ricostruzione. Tra oppositori e forze dell’ordine volano accuse incrociate: gli uni denunciano manganellate ma anche di aver agito senza un necessario mandato del tribunale di liberare l’edificio; le altre dicono che “diverse persone appartenenti ai ranghi dei manifestanti hanno sparato di tanto in tanto alle forze di polizia, con oggetti duri e bastoni, ferendo 7 agenti in servizio”, in modo comunque non grave.
Sono 64 gli albanesi fermati e condotti in caserma: sette trentenni sono stati arrestati con le accuse di “violenta opposizione a un ufficiale dell’ordine pubblico” e per “partecipazione a raduni illegali”. Di quest’ultimo reato rispondono anche altre 21 persone, e ulteriori 36 sono state destinatarie di sanzioni amministrative per violazione delle misure restrittive contro la diffusione dell’epidemia da Covid. Si preparano altre proteste.
“Siamo delusi dall’Italia, è ora di intervenire” – “Ci aspettiamo ancora il massimo – dicono al fattoquotidiano.it dall’Alleanza per la protezione del teatro – una reazione con vigore. È stato commesso un crimine legale e morale domenica. Nonostante il fatto che in questi 27 mesi l’ambasciatore italiano (Alberto Cutillo, lo scorso ottobre) sia intervenuto solo una volta sulla demolizione, in un’intervista rilasciata al giornale Panorama; nonostante il fatto che in questi mesi nemmeno l’Istituto Italiano di Cultura sia intervenuto, benché il suo ufficio si trovi a 300 metri di distanza dal Teatro, è importante che lo Stato italiano intervenga. Se l’Albania per l’Italia ha ancora un valore, è l’ora di reagire. La nostra delusione è già enorme”.
“È lecito chiedersi che cosa faccia l’Ambasciata italiana e il connesso l’Istituto di Cultura in questi casi. Non dovrebbe essere compito loro quello di salvaguardare il patrimonio artistico e architettonico italiano in Albania?”. A incalzare è un gruppo di architetti e docenti dell’Università La Sapienza di Roma – Marco Petreschi, Nilda Valentin e Antonino Saggio – e dell’Università di Bari, la professoressa Anna Bruna Menghini, tutti profondi conoscitori dell’architettura albanese e con esperienza di docenza negli atenei del Paese delle Aquile. Hanno firmato un documento molto critico: “Il centenario della nascita di Tirana Capitale si sarebbe potuto celebrare in modo più degno. Questa demolizione – hanno scritto – fa ritornare indietro nel tempo, quando si distruggevano le chiese e le moschee con la violenza politica di un regime dittatoriale annullando ferocemente qualsiasi tentativo di opposizione. Che differenza c’è oggi con la tanto acclamata democrazia albanese, che agisce con gli stessi metodi abbattendo il Teatro Nazionale di Albania? Questa era un’opera universalmente nota dell’eccellenza architettonica italiana, ammirata e pubblicata in moltissimi libri e riviste scientifiche in quanto uno dei primissimi esempi in Europa di prefabbricazione realizzata a Milano e montata, con brevetto esclusivo, nel 1938 a Tirana in pochissimo tempo. Che differenza c’è col regime dello scorso secolo quando addirittura si finisce per esautorare e denigrare tutti gli intellettuali che si sono opposti a questo scempio?”.
La presa di posizione tedesca – A fronte del silenzio istituzionale italiano, ha un peso maggiore la dichiarazione preoccupata dell’ambasciatore tedesco Peter Zingraf: “Il crollo del Teatro Nazionale a Tirana all’alba, in quella forma che abbiamo visto, è difficile da capire”, ha scritto, invocando dialogo e trasparenza. Si attende una presa di posizione anche dell’Unione Europea: la commissaria europea alla Cultura, Marija Ivanova Gabriel, è stata interessata della questione da Sneška Quaedvlieg-Mihailovic, segretaria generale di Europa Nostra, la federazione pan-europea per il patrimonio culturale presieduta da Placido Domingo. Già nel marzo scorso, questa organizzazione non governativa, in stretto contatto con l’Unesco, aveva inserito il Teatro “Kombetar” dell’Albania nella lista dei sette luoghi più a rischio di estinzione in Europa, sulla base di una selezione che tiene conto di valore architettonico, difesa dei cittadini, ruolo di catalizzatore di valori e cultura. Essere presenti in quell’elenco significava due cose: riconoscimento pubblico che non si aveva dalle istituzioni in patria e, soprattutto, aiuto concreto per investire nel restauro.
Il nuovo complesso edilizio: centri commerciali, alberghi e un nuovo teatro – Invece, in poche ore si è fatta piazza pulita di un pezzo di storia: al suo posto nascerà il “farfallino” progettato dallo studio danese Big, con un nuovo teatro all’interno di un mastodontico complesso edilizio con quattro torri destinate a centri commerciali, alberghi e servizi. Investimento stimato: 30 milioni di euro. “Voglio assicurarvi che il nuovo teatro nazionale avrà il consenso di tutti domani”, ha commentato il premier Rama, che si è scagliato contro presunti disturbatori “professionisti”, che avrebbero massacrato anche altri progetti prima dell’avvio dei cantieri. “Anche di questo progetto ritardato da decine di anni – ha proseguito Rama – parlerà il lavoro completato, che darà alla comunità teatrale la scena nazionale dignitosa che non ha mai avuto”. La distruzione del Kombetar, però, rischia di provocare altri strascichi dentro al tessuto culturale albanese e di gettare ombre sull’immagine che il governo sta cercando di rendere accattivante e simpatica al resto d’Europa.
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Politica
La Camera respinge la sfiducia a Santanchè: “Sulle dimissioni rifletterò”. Conte: “Siete responsabili di un disastro morale”. Schlein: “Meloni ancora in fuga”
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Tel Aviv, 25 feb. (Adnkronos) - Ofri Bibas, sorella dell'ostaggio liberato Yarden Bibas, ha criticato duramente il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, nonché i notiziari, gli utenti dei social media e i diplomatici pubblici, per aver descritto in dettaglio, contro la volontà della famiglia, gli omicidi avvenuti durante la prigionia della moglie di Yarden, Shiri, e dei suoi figli piccoli Ariel e Kfir. Pubblicare tali informazioni nonostante le ripetute richieste della famiglia è stato "un abuso fine a se stesso nei confronti di una famiglia che ha attraversato 16 mesi di inferno e che deve ancora affrontare il peggio", ha sritto Ofri Bibas su Facebook.
Netanyahu ha descritto l'omicidio dei ragazzi in modo molto dettagliato in un discorso tenuto davanti all'America Israel Public Action Committee e, mentre teneva in mano una foto delle vittime, durante una cerimonia militare tenutasi ieri, in seguito alla quale, la famiglia Bibas ha inviato una lettera di diffida a Netanyahu e ad altri uffici governativi, chiedendo loro di smettere di pubblicare dettagli non approvati sugli omicidi, riporta il sito di notizie Ynet.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - "Questa decisione lacera l'indipendenza di una stampa libera negli Stati Uniti". Lo ha detto il presidente della White House Correspondents' Association Eugene Daniels, criticando l'amministrazione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per aver affermato che d'ora in poi sarà lei stessa a decidere quali giornalisti potranno seguire gli eventi della Casa Bianca. "In un paese libero, i leader non devono scegliere le testate" da accreditare, ha aggiunto.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha dichiarato durante il briefing di oggi che l'amministrazione determinerà quali organi di stampa faranno parte del pool stampa della Casa Bianca. Attualmente la White House Correspondents Association aiuta a coordinare la copertura del pool.
La Leavitt ha affermato che alle "testate tradizionali" sarà comunque consentito di unirsi al pool, ma ha osservato che l'amministrazione consentirà l'adesione anche ad altri siti. "Sono orgogliosa di annunciare che restituiremo il potere alle persone che leggono i vostri giornali, che guardano i vostri programmi televisivi e che ascoltano le vostre stazioni radio", ha aggiunto.
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Il punto centrale del fascicolo affidato a Polizzi, lo stesso che si è occupato dell'inchiesta su Meta, è l'idea che debbano essere tassate come transazioni commerciali le iscrizioni gratuite alle piattaforme online in cambio della cessione dei propri dati personali, che hanno un valore economico, visto che consentono la profilazione degli utenti.
Solo lo scorso dicembre la procura di Milano ha notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti dei rappresentanti legali della società di diritto irlandese Meta, titolare dei social Facebook e Instagram. L'inchiesta - ancora aperta - ipotizza per il colosso l'omessa dichiarazione e mancato pagamento - tra il 2015 e il 2021 - dell'Iva per un totale di oltre 877 milioni di euro.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - La Casa Bianca attribuisce il grosso livido sulla mano destra di Donald Trump, che era visibile durante l'incontro di ieri con il presidente francese Emmanuel Macron, alle strette di mano del presidente americano.
"Il presidente Trump è un uomo del popolo", ha affermato la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt, aggiungendo: "Il suo impegno è incrollabile e lo dimostra ogni singolo giorno. Il presidente Trump ha lividi sulla mano perché lavora costantemente e stringe mani tutto il giorno, tutti i giorni".
Roma, 25 feb. (Adnkronos) - Sono due i momenti della replica di Daniela Santanchè sottolineati dalle opposizioni, che oggi hanno votato compatte la mozione di sfiducia alla ministra del Turismo. Il primo quello sull''intemerata' del tacco 12 e il glamour, della sinistra che odia la ricchezza. Un tentativo di 'buttarla in caciara' e uscire dal merito, grave, della vicenda, dicono le opposizioni. L'altro passaggio è meno di colore e più inquietante, sostengono, ed è quando la ministra ha detto che alla prossima udienza valuterà le dimissioni "ma lo farò da sola - ha scandito- con me stessa, senza nessuna costrizione e forzatura". Una sottolineatura che, secondo le opposizioni, è un chiaro messaggio a Giorgia Meloni. E fa crescere l'interrogativo: perché la premier Meloni si fa trattare in questo modo? E' la domanda dei parlamentari di minoranza in Transatlantico.
Giuseppe Conte intervenendo in aula nelle dichiarazioni di voto ha dato una sua versione: "Ci sono solo due plausibili spiegazioni. La prima è che lei, Santanchè, ricatta Meloni. Può darsi che all'opposizione abbiate condiviso segreti che oggi mettono in imbarazzo la presidente del Consiglio e allora comprenderemmo perché ogni giorno Meloni dice che non è ricattabile... La seconda è che Fdi dopo aver avuto come motto 'legge e ordine', oggi che siete al potere si sentite casta intoccabile. Il caso Delmastro è l'esempio di questa vostra convinzione di essere al di sopra della legge".
Anche Elly Schlein si rivolge alla premier Meloni: "Cosa le impedisce di far dimettere Santanchè? Come è possibile accettare in silenzio, dopo che Santanchè ha detto che del pressing di Fdi se ne frega, che lei e solo lei decide se dimettersi come se non esistesse una presidente del Consiglio?". E insiste: "Meloni è stata campionessa mondiale di richieste di dimissioni e oggi ha disertato quest'aula, come fa non vergognarsi della sua incoerenza, come fa a non rendersi conto di quanto sia vigliacco il suo atteggiamento di continua fuga da quest'aula e dalla realtà? Dove si è nascosta la premier? Forse sta registrando un altro video, un contributo da inviare a una convention fra motoseghe e saluti nazisti?".
Conte ribatte anche al passaggio 'tacco 12' della ministra: "Lei ha detto che odiamo la ricchezza, ma non dica baggianate, siete voi che avete fatto la guerra ai poveri, che odiate i poveri. Noi odiamo o meglio ancora contrastiamo, la disonestà". Una questione, quella dei tacchi e delle borsette, che fa sbottare Schlein: "Lei viene qui a difendere le borsette, chi difende gli italiani dalla bollette? Noi non siamo qui per fare un processo ma per porre una gigantesca questione di opportunità politica: davanti ad accuse così gravi, per non ledere le istituzioni, avrebbe dovuto dimettersi".
La segretaria del Pd si rivolge quindi alla maggioranza: "Speriamo in un sussulto della maggioranza e dei singoli parlamentari. Se oggi salvate Santanchè dimostrate che a voi interessa difendere i vostri più che difendere l'onore delle istituzioni. Questa non è difesa nazionale, è difesa tribale". Per Elisabetta Piccolotti che interviene a nome di Avs, "il problema non è la ricchezza della ministra, il problema è che quando si è ricchi e non si pagano" gli stipendi ai lavoratori e si umiliano "le persone più povere".
Anche Iv, Più Europa e Azione che non avevano sottoscritto la mozione di sfiducia, hanno comunque dichiarato il voto a favore in aula. "Noi sappiamo che la mozione di sfiducia non sarà approvata, ma chiunque si è accorto che la ministra Santanchè non è sfiduciata da coloro che hanno presentato questa mozione ma dalla sua stessa maggioranza, dalla premier Meloni", dice Davide Faraone di Iv. Per Azione Antonio D'Alessio spiega: "Le mozioni di sfiducia non ci piacciono" e "la ministra non è colpevole fino a prova contraria" ma "è il quadro complessivo che finisce con il restituirci una politica rispetto alla quale scivolano via situazioni che non consentono una azione della ministra libera di condizionamenti". Linea simile a Riccardo Magi di Più Europa: "Per noi Santanché dovrebbe dimettersi" non per le questioni giudiziarie, ma "perché ha inanellato una serie di fallimenti da ministro". Intanto in serata l'aula ha respinto la sfiducia con 206 voti.
Londra, 25 feb. (Adnkronos/Afp) - Il primo ministro britannico Keir Starmer ha confermato che ospiterà colloqui sull'Ucraina con gli alleati nel fine settimana, dopo essere tornato dall'incontro con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump alla Casa Bianca. "Ospiterò diversi paesi questo fine settimana per continuare a discutere di come procedere insieme come alleati alla luce della situazione che ci troviamo ad affrontare", ha detto ai giornalisti.