Le indagini, condotte dai carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Gorizia, da personale del Ros e del Gico di Trieste, nonché dallo Scico di Roma, hanno ricostruito un triangolo criminale con tre vertici (Gorizia, provincia di Belluno e zona di Napoli) e diramazioni fin oltre il confine con la Slovenia
Nel comune di Mossa, ai piedi delle propaggini del Collio, era stato scoperto un capannone pieno di rifiuti. Prova evidente di un traffico illecito, anche perché non esistevano documenti che provassero la provenienza della merce. È da quel rinvenimento fortuito che è stato ricostruito un triangolo criminale con tre vertici (Gorizia, provincia di Belluno e zona di Napoli) e diramazioni fin oltre il confine con la Slovenia. Da lì ha preso origine l’operazione che ha portato alla notifica di sei misure di custodia cautelare firmate dal gip di Trieste ed eseguite da Carabinieri e Guardia di Finanza. L’inchiesta è stata coordinata dal sostituto procuratore Antonio Miggiani della Direzione Distrettuale Antimafia di Trieste e contesta una attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti a carattere transnazionale. Le indagini sono state condotte dai carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Gorizia, da personale del Ros e del Gico di Trieste, nonché dallo Scico di Roma.
I destinatari dei provvedimenti sono due bellunesi e quattro residenti nel Goriziano. Secondo l’accusa, avrebbero smaltito illecitamente circa 4.500 tonnellate di rifiuti speciali, costituiti da “balle reggiate”, di un metro cubo l’una, di rifiuti plastici provenienti da un impianto di recupero di una società del Bellunese e da un’area dismessa che si trova a Borovnica, in Slovenia. Il materiale era stato abbandonato in un capannone industriale a Mossa, di proprietà di due società con sede a Napoli e Gorizia. Era stato adattato un varco d’accesso laterale per poter scaricare i camion – che erano stati messi a disposizione da ditte di trasporto slovene – senza correre il rischio di essere visti da qualcuno. Anche perché la folta vegetazione impediva l’osservazione. Gli investigatori hanno così dovuto utilizzare un drone per monitorare gli scarichi di rifiuti che avvenivano soprattutto alle prime ore dell’alba e per seguire i percorsi degli automezzi dal momento in cui entravano in Italia fino al capannone-discarica.
Il gip ha anche disposto il sequestro preventivo per un valore di circa un milione di euro, a tutela anche del danno ambientale causato dagli indagati al Comune di Mossa. Siccome il sequestro del capannone risale a qualche tempo fa, dopo di allora gli indagati hanno cercato siti alternativi in Friuli per poter continuare un’attività molto lucrosa. Le perquisizioni eseguite in Veneto e in Campania hanno lo scopo di rintracciare la documentazione che provi la provenienza dei rifiuti e le tappe intermedie toccate dagli automezzi.
Nel provvedimento del gip si collega questa vicenda criminale al fenomeno delle eco-mafie, al sospetto che sia riconducibile a una criminalità particolarmente pericolosa e alle dinamiche tipiche dell’area napoletana nello smaltimento di rifiuti tossici.