Secondo l'accusa una parte del 'documento Bologna', cioè l’appunto manoscritto sequestrato al capo della P2 quando fu arrestato in Svizzera, non sarebbe stato allegato al verbale di interrogatorio del capo della P2 del 2 maggio 1988. Il finanziere in servizio all'epoca, intercettato dopo l'interrogatorio: "Anche a me girano le palle ma loro hanno ragione, hanno ragione... le carte che hanno loro sono giuste, sono, cioè se fossi io al posto loro avrei fatto le stesse cose"
C’è una manina che ha manomesso i documenti dell’interrogatorio di Licio Gelli nel 1988, dopo l’arresto in Svizzera. È l’ipotesi della procura generale di Bologna che indaga sulla strage del 2 agosto 1980. Nel registrato degli indagati c’è il nome di un militare della Guardia di Finanza, all’epoca in servizio a Milano, che partecipò all’interrogatorio del maestro venerabile della loggia massonica P2. La circostanza emerge dagli atti della nuova inchiesta, che ha individuato proprio in Gelli, morto nel 2015, il mandante e finanziatore dell’attentato alla stazione.
Secondo l’accusa una parte del ‘documento Bologna‘, cioè l’appunto manoscritto sequestrato al capo della P2 quando fu arrestato in Svizzera, non sarebbe stato allegato al verbale di interrogatorio del capo della P2 del 2 maggio 1988. Gelli fu interrogato davanti al giudice istruttore di Milano Renato Bricchetti, nell’ambito dell’inchiesta sul crac del Banco Ambrosiano.
Nel documento c’era l’intestazione ‘Bologna – 525779 – X.S.‘, con il numero corrispondente ad un conto corrente acceso alla Ubs di Ginevra dallo stesso Gelli. Proprio la prima pagina del documento, riproducente il nome della città emiliana, non sarebbe stata fotocopiata da uno dei finanzieri, in modo tale, per l’accusa, da non far emergere nell’interrogatorio alcun riferimento a Bologna, luogo di commissione dell’attentato per cui Gelli è stato condannato per depistaggio. A quanto pare la posizione del finanziere, sentito dalla Procura generale nei mesi scorsi, è stata al vaglio degli inquirenti e potrebbe essere destinata all’archiviazione per prescrizione.
L’indagato, intercettato nel maggio del 2019 mentre parla con un collega, dice: “Guarda un pò io non so che cazzo … se qualcuno ha messo la manina, non lo so... con quelle prove che hanno.. hanno ragione.. quindi io devo dare atto che loro hanno ragione a contestarci…”. La registrazione è agli atti dell’inchiesta, visto che sembra riferirsi ad alcune omissioni commesse, sempre all’epoca, cioè tra il 1987 e il 1988, nell’informativa sul ‘Documento Bologns. I due finanzieri, intercettati prima e dopo le audizioni, dicono tra le altre cose: “Anche a me girano le palle ma loro hanno ragione, hanno ragione… le carte che hanno loro sono giuste, sono, cioè se fossi io al posto loro avrei fatto le stesse cose”.