“Visto che in tanti avete citato Di Matteo, cui va il nostro rispetto e l’augurio di buon lavoro, permettetemi – per aver vissuto una certa pagina di questo Paese – di esprimere un pensiero affettuoso al presidente emerito Giorgio Napolitano. Lui sa perché, voi sapete perché”. Lo ha detto Matteo Renzi in Senato, durante il dibattito sulle mozioni di sfiducia al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Al nome di Napolitano l’aula del Senato ha rumoreggiato e Renzi ha subito ribattuto: “Il fatto che ci siano alcuni mugugni su Napolitano vi qualifica per quello che siete e non vi fa rendere ragione dell’importanza di alcuni passaggi storici di questo Paese, ma de minimis non curat praetor”. Il riferimento di Renzi, evidentemente, è al processo sulla Trattativa Stato-mafia durante il quale l’allora capo dello Stato Napolitano fu interrogato al Quirinale. Di Matteo rappresentava la pubblica accusa di quel processo, visto che all’epoca era pm a Palermo. La procura del capoluogo siciliano era entrata in rotta di collisione con il Colle durante la fase delle indagini preliminari per la nota vicende delle intercettazioni tra Nicola Mancino e Napolitano. Il Quirinale aveva sollevato un conflitto d’attribuzione di poteri davanti alla Consulta, ottenendo la distruzione di quelle quattro registrazioni, il cui contenuto è sempre rimasto segreto.
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