Un tunisino che si trovava in quarantena sulla nave Moby Zazà, in rada a Porto Empedocle è morto dopo essere precipitato in mare. Il suo corpo privo di vita è stato ritrovato alla foce del fiume Naro, a circa 5 miglia dalla nave. La procura agrigentina, con il sostituto Sara Varazi, ha aperto un fascicolo d’indagine per capire le circostanze che hanno portato alla morte dell’uomo, se si sia volutamente gettato in mare, attorno alle 4.30 di mercoledì, e nel caso per quale motivo.

A lanciare l’allarme “uomo in mare” sono stati i connazionali della vittima. La Guardia di Finanza e la Capitaneria di porto hanno avviato le ricerche con le motovedette. Si sono anche alzati in volo un elicottero e un aereo della Guardia costiera.

Il corpo del 28enne è stato scaraventato con violenza verso la foce del fiume dalla furia del mare, che in quel momento era forza 5. Difficile pensare, affermano gli investigatori, che il giovane abbia voluto raggiungere a nuoto la costa agrigentina viste le condizioni proibite. Anche se al momento dell’incidente – è precipitato dal ponte 6, da un’altezza di circa 15 metri – il tunisino indossava il giubbotto salvagente.

“Poteva essere accolto a terra ma è morto su una nave-quarantena, l’invenzione creata dal governo al solo scopo di giustificare la decisione incomprensibile di dichiarare non sicuri i porti italiani. Per i naufraghi si è rivelata una nuova prigione”, ha scritto su Twitter la ong Sea Watch commentando la morte del migrante.

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