Il testo, approvato in Gazzetta ufficiale a una settimana dal varo, dispone che le aziende potranno chiedere altre 5 settimane di ammortizzatori entro il 30 agosto e le successive quattro solo dall'1 settembre. L'esperto: "Chi ha iniziato la cassa a marzo finirà la proroga a metà giugno e poi dovrà attendere tutta l'estate". Prevista una svolta sul trattamento in deroga ora gestito dalle Regioni, ma prima servono un decreto interministeriale e un regolamento. Arriva un miliardo di garanzie per i prestiti del Sure e della Bei. E per recuperare risorse vengono usati anche i 3 miliardi stanziati per incentivare i pagamenti elettronici
Confermata la promessa di una svolta sulla cassa integrazione in deroga, che da ora in poi andrà chiesta non alle Regioni ma direttamente all’Inps che entro 15 giorni potrà anticipare il 40% della somma dovuta. Ma sul fronte della cig ordinaria per Covid la versione definitiva del decreto Rilancio appena pubblicato in Gazzetta ufficiale – una settimana dopo il varo in Consiglio dei ministri – non risolve il problema del “buco” che rischia di aprirsi a metà giugno, quando molte aziende finiranno le settimane di cassa e dovranno attendere settembre per chiederne altre. Il testo contiene poi, come previsto, la proroga del divieto di licenziare, che si allunga a cinque mesi a far data dal 17 marzo. Ma resta l’incognita dei tre giorni rimasti “scoperti” tra la scadenza del cura Italia e l’entrata in vigore del nuovo provvedimento.
Per gli ammortizzatori, chiesti finora per 7,2 milioni di persone, vengono stanziati in tutto oltre 18 miliardi. E la novità delle ultime ore è che per recuperare risorse a copertura del maxi provvedimento da 266 articoli il governo ha dato fondo ai 3 miliardi che erano stati stanziati l’anno scorso per il bonus Befana con cui avrebbe dovuto essere premiato chi paga con moneta elettronica.
La cassa ordinaria e il rischio buco a giugno – Ai datori di lavoro che hanno ridotto l’attività a causa della pandemia viene data la possibilità di chiedere altre nove settimane di trattamento di integrazione salariale o assegno ordinario con causale Covid, dopo le nove concesse con il cura Italia. Arriva uno stanziamento di 11,5 miliardi, che finalmente sbloccherà le domande rimaste incagliate causa esaurimento dei fondi. Ma c’è un altro problema, fa notare Vincenzo Silvestri, consigliere nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro: “La proroga prevede che altre 5 settimane possano essere chieste entro il 30 agosto e le successive quattro dall’1 settembre al 31 ottobre”. Risultato: “La stragrande maggioranza delle aziende, che ha iniziato la cassa a marzo, ha finito le prime nove settimane già ora. Chiedendone subito altre cinque, finirà anche quelle poco dopo la metà di giugno”. E a quel punto rimarrà a secco, perché per la nuova domanda si dovrà attendere settembre. Nel frattempo i licenziamenti sono giustamente bloccati, per cui l’impresa, anche se alle prese con un forte calo del fatturato, dovrà pagare i dipendenti con le proprie forze. L’unica deroga è prevista per le aziende dei settori del turismo, fiere, congressi e spettacolo, alle quali sarà consentito chiedere altre quattro settimane anche prima di fine agosto.
Le novità per velocizzare la cassa in deroga… – Anche per la cig in deroga le settimane aggiuntive seguono lo schema “5+4”. La principale novità sta però nell’iter della richiesta e dell’erogazione, che ridimensiona il ruolo delle Regioni colpevoli secondo il governo di eccessive lentezze nell’autorizzazione delle domande: ad oggi meno di 200mila beneficiari sono stati pagati, un quinto di quelli per cui l’Inps ha ricevuto gli estremi. Da ora in poi i trattamenti in deroga saranno concessi direttamente dall’istituto previdenziale, “previa verifica del rispetto dei limiti di spesa“. La domanda andrà presentata entro 15 giorni dalla sospensione dell’attività lavorativa e l’Inps dovrebbe autorizzarla e disporre l’anticipazione del 40% delle ore autorizzate entro 15 giorni da quando la riceve.
…e il rischio di nuovi ritardi: “Acconto non prima di luglio” – L’avvio della nuova procedura sarà però tutt’altro che rapido: prima (entro 15 giorni) va emanato un decreto interministeriale di Lavoro ed Economia per regolare le modalità di attuazione e la ripartizione delle risorse. Inoltre l’Inps deve regolamentare le modalità operative del procedimento. E comunque per far partire le domande bisognerà aspettare 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto. Secondo il consulente del lavoro Enzo De Fusco, “le molte aziende che hanno già terminato le vecchie 9 settimane non potranno presentare le domanda prima di fine giugno” e “non è difficile prevedere che il pagamento del solo acconto delle prime 5 settimane non arriverà prima di metà luglio. Quindi i lavoratori anche con questa nuova procedura dovranno attendere due mesi prima di vedere una parte dei soldi della cassa integrazione”. Peraltro, con il metodo dell’acconto “i lavoratori potrebbero essere costretti a restituire le somme ricevute dall’Inps, visto che in questa fase di incertezza l’effettiva cassa integrazione utilizzata sul singolo lavoratore potrebbe risultare inferiore al 40% dell’acconto che è calcolato invece sulle ore programmate”.
Parte l’iter per i prestiti del fondo Sure – Il decreto fa anche partire l’iter per la partecipazione dell’Italia al fondo Sure, lo strumento di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione nello stato di emergenza che insieme ai prestiti della Bei e del Mes fa parte del primo “pacchetto” approvato dall’Eurogruppo e dai leader europei. Viene stanziato per ora un miliardo come “controgaranzia” per consentire la partecipazione dell’Italia sia al fondo di garanzia paneuropeo della Banca europea degli investimenti (Bei) sia al Sure. Quest’ultimo ha a disposizione 100 miliardi per concedere agli Stati membri che siano interessati dei prestiti a condizioni favorevoli e bassi tassi con cui finanziare schemi come la cig (“regimi di riduzione dell’orario lavorativo e misure analoghe, comprese quelle destinate ai lavoratori autonomi”). La relazione tecnica ricorda che in base al regolamento gli Stati membri possono controgarantire lo strumento prestando garanzie incondizionate per un importo parametrato al reddito nazionale. Dunque “qualora l’Italia optasse per la stipula dell’accordo, controgarantirebbe rischi per un ammontare pari a 3,184 miliardi di euro“. A firmare l’accordo di garanzia dovrà essere il Tesoro.
Gli aiuti di Regioni e Province per evitare licenziamenti – L’articolo 60 del capo II, dedicato agli aiuti di Stato, stabilisce poi che anche Regioni e province potranno muoversi autonomamente per riconoscere sovvenzioni con cui coprire i costi salariali ed evitare così i licenziamenti. Le sovvenzioni devono avere durata non superiore a un anno e non superare l’80% della retribuzione mensile lorda dei lavoratori beneficiari.