John Elkann tira dritto: conferma l’intenzione di chiedere la garanzia statale sul prestito da 6,3 miliardi di euro per Fca Italy e che non ci sarà alcuna rinuncia al maxi-dividendo straordinario da 5,5 miliardi di cui 1,6 alla holding Exor previsto nell’intesa per la fusione con Psa. Il presidente di Fca non arretra nonostante da più parti sia stato fatto notare come da un lato il gruppo chieda una garanzia miliardaria allo Stato, prevista dalle norme contenute nel decreto Liquidità, e dall’altro non ci sia alcuna rinuncia alla cedola per l’operazione con la casa automobilistica francese. “I termini dell’accordo con Psa sono scritti nella pietra e vincolati”, ha detto Elkann, nella conference call con gli analisti sui conti del 2019, a proposito del dividendo straordinario da 5,5 miliardi che verrà staccato nel 2021 alla conclusione dell’operazione di fusione.
Per quanto riguarda il prestito chiesto da Fca Italy e finito al centro del dibattito politico – visto che il gruppo Fca ha sede legale in Olanda e fiscale in Gran Bretagna – il numero uno dell’ex Fiat ha spiegato che “è disegnato per aiutare il settore auto in Italia”. Intesa Sanpaolo “ci sta lavorando”, ha confermato puntualizzando che i colloqui sono in corso. Sulla linea di credito scelta per affrontare il crollo delle vendite a seguito dell’emergenza coronavirus, Elkann ha invece sottolineato: “Ogni Paese ha un diverso strumento per aiutare la sua base industriale”. Aggiungendo inoltre che si tratta di “strumenti necessari” a portare liquidità al settore automotive.
La richiesta di Fca – che varrà da sola circa il 5% di quanto messo sul piatto dallo Stato in termini di garanzie sui prestiti – ha diviso la politica. Il fronte era stato aperto dal numero due del Pd, Andrea Orlando. Quindi Leu aveva presentato due emendamenti, sostenuti anche da Carlo Calenda, che puntavano ad ampliare il divieto di distribuire cedole all’intera durata del prestito, ma il Tesoro ha dato parere negativo. Così il dividendo straordinario è salvo, essendo previsto nel 2021, mentre il gruppo si era mosso d’anticipo e aveva già annunciato prima del decreto Rilancio lo stop a dividendi per l’anno in corso.
Il leader di Azione ed eurodeputato Calenda è stato tra i più duri nei confronti di Fca. Intervenendo a L’Aria che Tira su La7, aveva attaccato: “Questa cosa non va bene. I soldi alla Fiat Fca Italia si possono pure prestare, ma allora gli Agnelli non si distribuiscano il dividendo. Noi non possiamo garantire la gestione di un’azienda, né i dividendi di Elkann”, aveva detto.
Il ministro del Sud Giuseppe Provenzano ha invece proposto di chiedere a Fca di “valutare spontaneamente di condividere con il governo italiano i suoi ‘country by country report‘, anche per rendere meno discrezionale, nel caso di una grande azienda, la scelta di offrire grandi garanzie pubbliche”. Oggi, aveva ricordato Provenzano su Facebook, “nessuno, al di fuori di alcuni alti dirigenti dell’Agenzia delle Entrate e del management internazionale di Fca, conosce con esattezza come sono distribuiti i profitti delle varie filiali e come ripartisce il carico fiscale nei vari Paesi”.
Il fronte sindacale continua a chiedere in maniera compatta che alla garanzia offerta dallo Stato corrisponda un impegno dell’azienda. “Che non ci siano delocalizzazioni, che vengano garantiti i livelli occupazionali, che non si chiudano stabilimenti”, ha avvertito Maurizio Landini. E ancora: “Visto che il gruppo sta fondendosi con i francesi di Psa, dove c’è la partecipazione dello Stato, chiedo che si apra una discussione sulla mobilità – aveva insistito il leader della Cgil negli scorsi giorni – non solo legata alle auto, ma su come produci tutto ciò che si muove. Deve diventare oggetto di discussione tra governo e sindacati per il futuro del Paese”. Anche oggi Annamaria Furlan è tornata a chiedere certezze sul punto: “Non si tratta – ha detto la segretaria della Cisl – dello Stato che presta dei soldi ma dello Stato che si fa garante di questo prestito. Io penso ci vogliano dei paletti: il vincolo occupazionale e che quelle risorse siano investite nel nostro Paese”.
Sulla questione del prestito, si era anche innestata la polemica (interna ed esterna) ai giornali di proprietà degli Elkann che avevano appoggiato l’operazione e, nel caso di Repubblica, il direttore Maurizio Molinari aveva anche detto no alla pubblicazione di un comunicato sul tema da parte del Comitato di redazione. “Altro che odio di classe, si chiama conflitto d’interesse”, aveva detto il dem Gianni Cuperlo in un’intervista a Il Fatto Quotidiano chiedendo a Fca di “riportare la sede in Italia” a fronte delle garanzie richieste allo Stato.