di Bianca Leonardi

La Fase 2 è appena iniziata, oppure è già finita. C’è chi dice che siamo in una nuova Fase 2 o che siamo entrati nella Fase 3, che è sostanzialmente la fase del “bomba libera tutti”. Il coronavirus ci ha imposto di dover cambiare radicalmente e senza preavviso la nostra quotidianità, i nostri ritmi e le nostre abitudini: è inevitabile che ci sia la voglia di tornare ad appropriarsi di quella normalità che tanto ci manca, ma a che prezzo?

Il governo di fronte a un’emergenza sanitaria, tanto inaspettata quanto difficile da gestire, ha messo in atto fin da subito, o quasi, quelle misure restrittive che hanno permesso una riduzione dei contagi e che con fatica abbiamo rispettato per costruire un futuro che ci immaginiamo uguale ma che, inevitabilmente, sarà diverso. Ci hanno obbligato a rinunciare al nostro lavoro, ai nostri affetti, alla nostra routine e adesso, improvvisamente, ci hanno dato il via libera perché, diciamolo, questa nuova fase che un nome preciso non ce l’ha, è a tutti gli effetti un via libera.

Probabilmente in una società occidentale e sviluppata come la nostra potremmo aspettarci che, quando vengono a mancare delle regole che ci obbligano a tenere dei comportamenti, siano il buonsenso e il rispetto a regolarci. ma evidentemente la democrazia in Italia viene interpretata come un “facciamo come ci pare”.

L’informazione in tutto ciò gioca un ruolo fondamentale ma soprattutto la manipolazione di essa: l’elaborazione e la diffusione dei dati e delle notizie, secondo i principi deontologici su cui si basa la materia, dovrebbero essere elaborate con la maggior accuratezza possibile secondo la verità sostanziale dei fatti.

Ricercare la verità oggi può essere difficile e la possibilità di dire la propria opinione sempre e comunque porta a uno sgretolarsi della realtà oggettiva che ci rende padroni di adottare comportamenti inaccettabili dettati dalla maleducazione e dall’arroganza.

In questi mesi siamo stati abituati ad una tempesta di notizie tragiche, e purtroppo veritiere, dove i media ci hanno bombardato di numeri, tra contagiati e decessi, mentre adesso sembra davvero che possiamo riprendere in mano la nostra libertà: ma quale vera libertà?

Questa democrazia con cui ci riempiamo sempre la bocca non è solo “avere il diritto di fare qualcosa” e il concetto stesso di essa presuppone tutti quei doveri che siamo tenuti a rispettare perché uno stato democratico funziona solo ed esclusivamente quando ogni cittadino si assume le responsabilità nei confronti del prossimo e del proprio paese.

È scontato che le norme imposte dal governo sul distanziamento sociale e sull’utilizzo obbligatorio delle mascherine siano fondamentali ma è scontato anche che ci troviamo a vivere in un tale caos dove troppe cose sono lasciate alla libera interpretazione e questo ci porta a un superficiale “nel dubbio, lo faccio”. Tanto ormai quella pila di autocertificazioni ce la siamo buttata alle spalle, le notizie che assorbiamo come spugne dai media sono tutte così belle che ci infondono quel coraggio e quella tranquillità che si traduce in un ostinato menefreghismo.

Nelle parole del filosofo Daisaku Ikeda: “il termine libertà indica uno stato di autonomia caratterizzato dall’assenza di costrizioni, limitazioni, impedimenti e restrizioni ma l’eccesso di questa libertà può portare a una mancanza di ritegno fino alla totale perdita di rispetto per sé e per gli altri”, ed è proprio questo il caso.

L’Italia, in pochi giorni, ha assunto il volto dei furbetti dal drink in mano e la mascherina abbassata e lo scenario che si prospetta non è dei migliori: la visione è quella di una nazione che, come cani sciolti, ha iniziato nuovamente a correre senza guardare chi ha vicino, stracciando quel mediocre sentimentalismo dell’ “andrà tutto bene”, dove sembra davvero che senza l’imposizione di rigide regole non riusciamo a comportarci adeguatamente.

Noi, che gridiamo tanto alla libertà, abbiamo forse davvero bisogno di un regime autoritario?

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