Ok, l’Organizzazione mondiale della Sanità farà l’inchiesta sull’origine del Covid-19 ma al momento “opportuno più prossimo”, dice la mozione approvata dall’Assemblea. Se l’essenza dei documenti degli organismi sovranazionali è nei dettagli, allora nel nostro caso essi sfumano l’urgenza dell’indagine indipendente sulla gestione della pandemia da Coronavirus – e forse la prepotenza con cui è stata chiesta.
La mozione votata dall’Assemblea annuale dell’Oms, redatta nella sua stesura finale dall’Unione europea e dall’Australia, dimostra che non sarà facile inchiodare Pechino alle sue presunte responsabilità, come preme Washington. Le domande che ci poniamo sono tante: perché il virus si è sviluppato in maniera drammaticamente ampia soprattutto dove esiste un concentrato di attività industriali o di agricoltura industriale? In particolare dove sorgono i grandi allevamenti – Lombardia e Veneto ne hanno una alta concentrazione.
E poi: cosa rafforza quel pericoloso mostriciattolo e lo fa rapidamente mutare? La responsabilità dei danni prodotti sono da attribuire a Sars-Cov-2 o al funzionamento dei sistemi sanitari nazionali? E infine, e soprattutto, chi è il responsabile della sua diffusione? Secondo il dottor Antonio Onorati, esperto di sistemi agricoli ed esponente di Ari, l’Associazione rurale italiana (organizzazione contadina affiliata a livello mondiale a La Via Campesina, 200 milioni di iscritti in tutti i continenti) sarà molto difficile trovare la pistola fumante, cioè il Paese canaglia in questione.
Onorati invita a riflettere sui protagonisti del famigerato laboratorio di Wuhan. Come è noto, è stato il giornale inglese Dailymail a raccontare della sperimentazione sui pipistrelli svolta nell’ambito di un progetto finanziato con 3,7 milioni di dollari dall’Nih (Istituto superiore della sanità degli Usa): dunque, gli Stati Uniti sono un importante ‘azionista’ dell’Istituto di virologia di Wuhan, il laboratorio più ‘attenzionato’ della Terra, avendo investito molto denaro nelle ricerche che lì vengono realizzate.
Il laboratorio è classificato come P4, cioè progettato per svolgere attività con materiali infetti o esperimenti microbiologici che presentano, o sono sospetti di presentare, un alto rischio sia per chi lavora in laboratorio sia per la comunità. Non è finita. Sempre seguendo le analisi dell’esponete dell’Ari e le notizie di fonti aperte, scopriamo che a Wuhan c’è davvero un sacco di gente.
Infatti, il laboratorio è stato costruito anche con la collaborazione della Francia, fin dall’inizio. Una parte del personale si è formata al laboratorio P4 Jean Mérieux a Lyon e nel febbraio 2017 il primo ministro francese Bernard Cazeneuve inaugurò l’avvio del laboratorio.
Leggiamo dal sito della Presidenza della repubblica francese che riporta l’accordo di cooperazione bilaterale: “La Francia e la Cina condurranno ricerche congiunte di punta sulle malattie infettive ed emergenti, appoggiandosi sul laboratorio P4 di Wuhan”. Successive agenzie di stampa ci informano che dopo la visita del primo ministro nel 2017 la Francia ha investito nel laboratorio di Wuhan un milione di euro l’anno.
Ricapitolando: se il virus fosse sfuggito da quel laboratorio, erano in tre ad impugnare la pistola fumante. Non sarà facile accusare il “regime cinese”: se hanno responsabilità, le hanno divise con gli altri.