I braccianti partiranno da Torretta Antonacci (San Severo) e attraverseranno le campagne per arrivare fino alla prefettura di Foggia. Lì una delegazione di lavoratori consegnerà quella frutta e verdura che rischiava di marcire nei campi per cui, tra polemiche politiche e prese di posizione estreme, si è deciso di trovare un accordo e di procedere sulla strada della regolarizzazione dei voluta dalla ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova e inserita nel decreto Rilancio. Che, evidentemente, seppur salutata da molti come un passo in avanti contro lo sfruttamento nei campi (e necessaria anche per evitare ulteriori emergenze legate alla salute pubblica), ha lasciato l’amaro in bocca ai diretti interessati. Per questo la mobilitazione di oggi e la giornata di sciopero cui aderiscono anche le Sardine, promosse dal sindacalista Usb Aboubakar Soumahoro, in prima linea nelle battaglie contro il caporalato. Alla base della protesta, in primis, la mancata regolarizzazione di molti dei migranti che lavorano nei campi italiani senza permesso di soggiorno o con regolare contratto, esclusi dalla cosiddetta ‘sanatoria’ per motivi burocratici.

COSA PREVEDE IL DECRETO RILANCIO – Il testo definitivo ha subìto alcune modifiche rispetto alle bozze precedenti del decreto. Restano le due strade disegnate dall’articolo 103 ‘Emersione di rapporti di lavoro’ del dl pubblicato in Gazzetta Ufficiale, ossia quella che prevede che i datori di lavoro possano regolarizzare i braccianti attualmente in nero e quella attraverso cui saranno gli stessi migranti irregolari senza lavoro a poter chiedere un permesso per cercarne uno. Nel primo caso la regolarizzazione dei lavoratori stranieri costerà ai datori di lavoro 500 euro per ogni lavoratore (cento euro in più rispetto all’ultima bozza), contributo forfettario che dovrà essere versato a seguito dell’istanza, da presentare dal 1 giugno al 15 luglio 2020. Si potrà, dunque, dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare o concludere un nuovo contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale. Sono esclusi dalla sanatoria i datori di lavoro che si sono macchiati di reati quali favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia o dall’Italia verso altri Stati, e ancora intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

IL PERMESSO TEMPORANEO – Qualora non si proceda alla regolarizzazione, la norma dà un’altra possibilità: i cittadini stranieri con permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019 possono richiedere un permesso di soggiorno temporaneo valido per 6 mesi dalla data di presentazione dell’istanza. Se, trascorsi i sei mesi, il cittadino esibirà un contratto di lavoro subordinato o i documenti che provano lo svolgimento dell’attività, il permesso verrà convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Il contributo per la procedura, in questo caso, è pari a 130 euro. Gli stranieri, però, devono risultare presenti sul territorio nazionale alla data dell’8 marzo 2020, senza che se ne siano poi allontanati e devono aver svolto attività di lavoro nei settori elencati: agricoltura, allevamento e zootecnia, pesca e acquacoltura e attività connesse; assistenza alla persona, lavoro domestico, antecedentemente al 31 ottobre 2019. E anche la selezione di alcuni settori (in pratica rientrano soprattutto braccianti agricoli, colf e badanti) con l’esclusione di altri dalla sanatoria, è una delle ragioni della protesta. Anche in questo caso sono previsti dei limiti: non saranno ammessi alle procedure quei cittadini stranieri nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione, che risultino segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali, in vigore per l’Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato, che risultino condannati, anche con sentenza non definitiva o che siano considerati una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato.

LE ACCUSE DELL’USB – Per l’Usb il decreto Rilancio ha dato luogo “con uno strettissimo spiraglio irto di sbarramenti e condizionalità, alla regolarizzazione per mera utilità di mercato anziché garantire il diritto alla vita”. Il testo, prosegue il sindacato, ha precluso loro nei fatti il rilascio di un permesso di soggiorno per emergenza, convertibile per attività lavorativa, che consentisse due atti basilari: l’iscrizione all’anagrafe e la scelta di un medico di base. Per le Sardine “nessuno avrebbe dovuto essere escluso da una regolarizzazione che era necessario estendere a tutti per tutelare la salute, la sicurezza, i diritti dei 600mila migranti che vivono e lavorano in condizione di irregolarità nel nostro Paese”. Una cifra che, dicono, salirà “fino a quasi 800mila persone man mano che i decreti sicurezza continueranno a produrre i loro effetti (come la cancellazione della protezione umanitaria)”. Così le Sardine aderiscono allo sciopero, chiedendo a tutti i cittadini di non acquistare frutta e verdura nei supermercati per tutta la giornata.

I LIMITI DEL TESTO – Già nei giorni scorsi, operatori del settore, sindacati ed esperti avevano manifestato perplessità su alcuni punti: la mancanza di incentivi per i datori di lavoro che dovrebbero regolarizzare i braccianti ‘perdendo’ quel rapporto di potere con i lavoratori ad oggi senza diritti, i settori totalmente esclusi dalla sanatoria (tra cui artigianato, logistica, edilizia), i tempi burocratici contrapposti all’urgenza di raccogliere frutta e verdura nei campi. Secondo Coldiretti, infatti, la regolarizzazione non risolverebbe i problemi dei raccolti perché i primi lavoratori interessati dalla sanatoria ci saranno solo alla fine di settembre ed è per questo che ha già chiesto i corridoi verdi per non far marcire i prodotti nei campi. Un punto, però, su cui già si è espressa la ministra Bellanova, garantendo che i lavoratori stranieri saranno disponibili dal giorno in cui andranno a fare la dichiarazione e avranno un attestato per cercare lavoro. I primi saranno a disposizione quando sarà pronta la piattaforma che si attende da anni, come ha ricordato la stessa ministra. Per quanto riguarda gli effetti sullo sfruttamento dei braccianti nei campi, c’è da sottolineare che la regolarizzazione non va a toccare (e probabilmente non era neppure lo strumento giusto) diversi aspetti legati alle condizioni in cui lavorano i braccianti nei campi, come il cosiddetto lavoro grigio che riguarda anche chi può contare su un contratto regolare ma viene comunque sfruttato. Aspetti legati più che altro a una filiera agroalimentare colma di distorsioni e per migliorare la quale pochi passi sono stati fatti.

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