Si chiama Salvo il Koso e Francesco Facchinetti rivendica la paternità dell’invenzione nella forma che porta questo nome. Simile a un cavatappi (e infatti era nato proprio per stappare le bottiglie), è diventato il simbolo della Fase Due: ora serve per aprire le maniglie, schiacciare i pulsanti degli ascensori, digitare i numeri del bancomat… il tutto senza il rischio di esporre le nostre mani a un possibile contatto con il virus. L’oggetto è entrato in produzione da pochi giorni e già spopola anche grazie alla griffe di Francesco Coveri, l’art director dell’omonimo brand di moda.
Eppure, non è tutto oro quel che luccica. Infatti nelle ultime ore Facchinetti ha lanciato una polemica furiosa sui suoi social. “L’Italia è un Paese incredibile, ma è anche il Paese con più furbetti in assoluto. Con più persone che credono di essere più furbe delle altre”, sono le prime parole del suo sfogo. Cos’è successo? L’ex “capitano” della musica ha denunciato pubblicamente un’azienda che avrebbe preso spunto (un po’ troppo, a suo dire) dalla sua idea. “Non ho mai detto di averlo inventato io, anche se prodotto interamente in Italia e disegnato così l’abbiamo fatto solo noi. Nessuno inventa niente, casomai si migliora quel che già c’è. Caso strano perché che questa Hook Marketing, con il marchio simile alla mia società Hook Communication, manda proprio una mail a un mio talento per chiedergli di pubblicizzarli un aggeggio simile al mio Salvo il Koso. Se pensate di essere intelligenti, mi dispiace ma intelligenti non siete”.
La chiosa di Facchinetti è serafica: “Sono felicissimo se un sacco di aziende improvvisamente si mettono a produrre degli aggeggi simili a Salvo il Koso. Sono felice anche se queste aziende targettizzano il loro pubblico sui miei talenti (cioè sui creator e sugli influencer che sono seguiti dalla sua agenzia di managament, la NewCo Managament, ndr). Ma quando copiate tutto: il logo, il nome simile, la metodologia di marketing… un po’ di intelligenza?”.
