Quattro persone arrestate a Livorno e un notaio interdetto con le accuse di associazione a delinquere al riciclaggio e alla truffa: raggiravano persone che aveva urgenza di vendere case, alberghi e terreni promettendo l'interesse di magnati e facoltosi imprenditori esteri. Ventotto le truffe messe a segno in danno di 53 persone
Trattative per l’acquisto di case, alberghi e terreni con interessamenti di sceicchi arabi e magnati americani e interventi nelle pratiche per avere mutui o prestiti. Ma tutto era falso, simulato, millantato. Una lista di 28 truffe finanziarie e immobiliari internazionali per un valore di 150 milioni di euro nei confronti di 53 vittime che a Livorno ha portato a 4 arresti – due in carcere e due ai domiciliari – e una misura interdittiva per un notaio in un’inchiesta che conta in totale dieci indagati. Gli accertamenti sono stati condotti dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Livorno e coordinata dal procuratore Ettore Squillace Greco: i finanzieri hanno perquisito sedi di dieci imprenditori non solo a Livorno, ma anche a Firenze, Pisa, Cecina, Follonica e in provincia di Salerno. I reati contestati vanno – a vario titolo – dall’associazione a delinquere al riciclaggio e alla truffa.
L’associazione a delinquere, secondo le accuse, era composta da un nucleo di 5 persone che operava in mezza Italia: dalla Toscana alla Puglia passando per Piemonte, Liguria, Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna, Umbria, Campania. Quello che la Procura ritiene ideatore e promotore di tutta la macchina si chiama Nicola Calderini, 39 anni, direttore della società britannica Sts Investment, al quale i finanzieri hanno sequestrato tre auto di lusso per un valore di 260mila euro e hanno confiscato la sua prestigiosa villa sul lungomare di Livorno che ha un valore di mercato di 3 milioni di euro. Era questo, davanti alla Terrazza Mascagni, il “set” in cui entrava in scena il braccio destro e autista di Calderini, Mike Berni, che di volta in volta si fingeva un “magnate straniero”, il delegato di un gruppo imprenditoriale e altre qualifiche di fantasia solo per rassicurare le vittime della truffa.
Calderini e la truffa all’ex viceprefetto – Il nome di Calderini non era nuovo agli investigatori livornesi: era stato lui la “vittima” della vendetta sventata con tanto di esplosivo di Giovanni Daveti, ex viceprefetto di Livorno, arrestato a maggio 2018 in un’inchiesta per associazione a delinquere e reati fiscali in cui emergevano i suoi rapporti con l’esponente di ‘ndrangheta Giuseppe Belfiore. Secondo il gip, Daveti e il suo amico Stefano Del Carratore sarebbero stati truffati proprio da Calderini e dal suo collaboratore Doveri che si erano presentati come rappresentanti di un facoltoso imprenditore cinese simulando l’interesse per l’acquisto di un immobile in comodato d’uso alla Curia: per farlo va costituita una società inglese a carico dei truffati che quindi versano sul conto di Doveri 8mila euro, prima che gli indagati si dileguino rendendosi irreperibili. Per questo Daveti incaricherà un uomo, Davide Alpe, di “trovare dell’esplosivo” per un attentato intimidatorio, poi sventato dalle forze dell’ordine.
“Beppe” Doveri e la villa confiscata – Oltre a Calderini e Berni, i due “collaboratori diretti”, Giuseppe Doveri e Bilbil Muca, sono finiti agli arresti domiciliari mentre è scattata l’interdizione per otto mesi per Valerio Vignoli, presidente in carica del consiglio notarile distrettuale di Livorno, che secondo i pm avrebbe avuto il compito di conferire autorevolezza all’affare. Anche Doveri è un nome noto ai pm di Livorno: nel 2018 era già stato condannato in via definitiva per bancarotta fraudolenta per il fallimento della Turmar spa. E proprio la sua villa in stile Liberty vicino al lungomare di Livorno era già stata sequestrata una volta: negli ultimi mesi Doveri l’aveva messa a disposizione di Calderini ed era qui dove spesso avvenivano le “trattative” per le operazioni fittizie. Oggi la villa è stata confiscata definitivamente.
I casi di truffa e il finto “Mike” – L’indagine è partita dalle denunce dei 53 cittadini e imprenditori truffati. Il modus operandi dell’organizzazione era sempre il solito: le vittime avevano bisogno di vendere case, alberghi e terreni non facilmente commerciabili e a quel punto intervenivano la presunta banda dei cinque. Prima lusingavano le proprie vittime promettendo guadagni facili millantando di fantomatici interessi di fondazioni arabe, magnati americani o cinesi e banche croate e poi, per completare l’acquisizione, chiedevano alle vittime di costituire una società di diritto inglese (“Limited”) versando una somma di denaro, di solito 30mila euro. Una volta incassati i soldi, gli indagati si rendevano irreperibili.
Tra i 28 casi di truffe, un ruolo determinante lo gioca Mike Berni, 55 anni nato in Germania, che proprio per la sua origine straniera si fingeva a volte “magnate americano” altre “imprenditore straniero”. Il suo pseudonimo in versione a stelle e strisce era “Mike Stancey”: in un caso, riportato dal gip, Calderini e Berni avevano convinto un architetto a versare 24.000 euro davanti al notaio Vignoli per costituire una società inglese e permettere l’acquisto di una casa a Venezia dicendo di essere, il primo “figlio di famosi imprenditori nel campo navale” con una moglie che faceva l’avvocato “di fama internazionale” mentre Mike “Stancey” si diceva addirittura “coniugato con la proprietaria della prima fabbrica di armi russa e mondiale”.
I casi di presunta truffa hanno riguardato ville a Crespina, Casciana Terme e San Miniato (Pisa), Livorno e isola d’Elba ma anche appartamenti sparsi per la Toscana, terreni nella laguna di Venezia fino a forniture per arredi e un’aspirapolvere folletto per un valore di duemila euro acquistata con un assegno bancario da un conto estinto.
Nell’ordinanza il gip di Livorno Marco Sacquegna motiva le misure cautelari con l’esigenza “primaria” di “spezzare il vincolo associativo ed il collegamento tra i sodali in quanto questo costituisce la struttura portante grazie alla quale i partecipanti all’accordo criminale hanno potuto dare attuazione al programma illecito”. Il pericolo di reiterazione del reato di truffa, secondo il giudice, sarebbe stato concreto: “Le preoccupanti capacità affabulatorie di Calderini – si legge nell’ordinanza – e quelle non meno allarmanti di insinuarsi con facilità in quelle situazioni nelle quali è maggiormente appetibile la sua promessa di guadagni, proprio là dove è più ricco il bottino, indica che, se lasciati liberi di agire, Calderini e soci possono reiterare truffe ai danni dei malcapitati, come del resto dimostra inequivocabilmente l’implementazione del catalogo di contestazioni nelle more della richiesta cautelare”.
Foto di Lorenzo Amore Bianco