Giustizia & Impunità

Sicilia, corruzione nella sanità: 10 arresti. C’è anche il commissario Covid che nel 2013 finì sotto scorta dopo aver denunciato tangenti

Secondo gli investigatori della Guardia di finanza le tangenti riguardavano le gare indette dalla Centrale Unica di Committenza della Regione Siciliana e dall’Asp di Palermo. Ai domiciliari Antonino Candela, da poco coordinatore per la crisi sanitaria e che anni fa era finito sotto scorta per aver denunciato le spartizioni della sanità siciliana. In carcere l'attuale direttore dell'Asp 9 di Trapani, Fabio Damiani

La stecca del 5% era destinata ai manager della sanità in Sicilia. Compreso il dirigente Antonino Candela, da poco nominato coordinatore per l’emergenza coronavirus in Regione, che da ex direttore dell’Asp 6 di Palermo nel 2013 era finito sotto scorta per aver denunciato le spartizioni della sanità siciliana. Da stamattina è ai domiciliari, mentre è in carcere l’attuale direttore dell’Asp 9 di Trapani, Fabio Damiani, 55 anni, che dal 2016 è stato responsabile della ‘Consip siciliana’ da cui passano i principali affidamenti.

Dieci gli arrestati (due in carcere) dai finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria, ma sono diciotto gli indagati dei pm di Palermo Giacomo Brandini e Giovanni Antoci, coordinati dal procuratore aggiunto Sergio Demontis, per un flusso di oltre 1,8 milioni di euro di tangenti. In buona parte sarebbe stato incassato attraverso due faccendieri che erano diventati l’interfaccia dei dirigenti. Mentre Candela era raggiungibile attraverso il faccendiere Giuseppe Taibbi, 47 anni, anche lui ai domiciliari, per parlare con Damiani bastava contattare Salvatore Manganaro, 44 anni, un ex dirigente in congedo anche lui arrestato in carcere. Le microspie lo hanno filmato con una valigetta che conteneva una tangente da 100mila euro, poi scomparsi anche attraverso l’utilizzo di trust fraudolenti. Mentre un altro indagato, ignaro delle microspie piazzate dagli investigatori, confessa a un suo interlocutore: “All’assistenza tecnica mi busco io personalmente 15mila euro al mese… io per nove anni m’incasso quindici mila euro senza fare un’emerita m…”. Secondo gli investigatori il giro di mazzette ruotava intorno alle gare indette dalla Centrale Unica di Committenza della Regione Siciliana e dall’Asp 6 di Palermo per un valore di quasi 600 milioni di euro.

Ai domiciliari – su disposizione del gip Claudia Rosini – anche gli imprenditori che, in cambio dei favori negli affidamenti e nei rinnovi dei contratti, pagavano le tangenti ai dirigenti delle aziende ospedaliere. Si tratta di Francesco Zanzi, 56 enne originario di Roma e Roberto Satta, cagliaritano di 50 anni, amministratore delegato e responsabile operativo della Tecnologie Sanitarie Spa, Crescenzo De Stasio, 49 anni, direttore unità business centro sud della Siram e il responsabile operativo per l’isola, Angelo Moltisanti, 51 anni, che è anche amministratore delegato della Sei Energia scarl. Sottoposto a misure cautelare ai domiciliari anche l’imprenditore Salvatore Navarra, 47enne di Caltanissetta, titolare di una società di servizi di pulizia già emerso nelle indagini sull’ex presidente della Confindustria siciliana, Antonello Montante, nonché Ivan Turola, 40enne di Milano, ritenuto il referente occulto della Fer.co con la quale aveva ottenuto alcuni lotti di un’ultima gara, adesso sospesa.

Le accuse contestate da gip a vario titolo sono di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, induzione indebita a dare o promettere utilità, istigazione alla corruzione, rivelazione di segreto di ufficio e turbata libertà degli incanti. Sottoposte a sequestro le sette società utilizzate – con sede in Sicilia e in Lombardia – oltre che di 160mila euro, cifra delle tangenti di cui è stato accertato il versamento. Altre due persone sono state sottoposte al “divieto di esercizio dell’attività”. “È preoccupante che ancora una volta, in indagini di pubblica amministrazione, corrotti e corruttori utilizzano gli stessi metodi per sottrarsi alle indagini, tipici degli ambienti mafiosi”, dice il colonnello Gianluca Angelini, comandante del Nucleo di polizia economico finanziaria.

Al centro dell’indagine – avviata nel 2016 – c’è il manager Fabio Damiani, avvocato palermitano che negli anni aveva catalizzato i ruoli più importanti per l’affidamento degli appalti. Per tutti Damiani era diventato “la sorella”, da qui il nome dell’indagine “Sorella sanità”. Le indagini dei finanzieri hanno individuato quattro gare, poi rinnovate: due avviate dall’Asp di Palermo (gestione e manutenzione delle apparecchiature elettromedicali, del valore di 17.635.000 euro; fornitura vettori energetici, conduzione e manutenzione impianti tecnologici, da 126.490.000 euro) e due dalla Cuc (servizi integrati manutenzione apparecchiature elettromedicali, per un valore di 202.400.000 euro ed i servizi di pulizia per gli enti del servizio sanitario regionale da 227.686.423 euro).

“Quando abbiamo cambiato la busta e loro hanno fatto il ribasso, lo sapevano”, diceva intercettato Damiani che nel 2018, venne nominato a capo dell’Asp di Trapani dall’assessore alla sanità Ruggero Razza. Il suo sponsor era l’assessore regionale alle Attività produttive Mimmo Turano, leader dell’Udc e plenipotenziario politico della provincia di Trapani. Prima responsabile delle risorse umane, poi direttore del Provveditorato (l’ufficio che si occupa di appalti) dell’Asp di Palermo, oltre che responsabile della Cuc (centrale unica dei contratti) e presidente delle commissioni di gara contestate dai pm di Palermo. Mentre la sua nomina a Trapani era in bilico, i finanzieri hanno intercettato le ricerche di entrature, fino a quando uno degli arrestati, Ivan Turola, gli promise un incontro con un suo “parente”, l’attuale presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè. Non si sa se l’incontro sia mai avvenuto, ma sulla nomina – secondo i pm palermitani – sarebbe intervenuto il deputato regionale del centrodestra Carmelo Pullarà, per cui il gip Rosini ha rigettato una richiesta di arresto per turbativa d’asta.

Eletto con la lista Popolari e autonomisti, secondo l’accusa Pullara si sarebbe rivolto al direttore generale dell’Asp di Trapani Damiani per avere un favore per la ditta Manutencoop s.p.a. In cambio avrebbe assicurato un sostegno alla nomina di Damiani ai vertici dell’ufficio sanitario. Pullara è l’ennesimo esponente della maggioranza di Nello Musumeci a finire sotto inchiesta in meno di tre anni di mandato.

Riceviamo e pubblichiamo

In merito all’inchiesta c.d. “Sorella Sanità” avviata dalla Procura di Palermo, Rekeep S.p.A. (la “Società”), già Manutencoop Facility Management S.p.A., precisa di essere del tutto estranea alle vicende riportate da alcuni organi di stampa e che né la Società, né alcun suo dipendente risultano coinvolti nell’ambito dell’inchiesta. Sulla base di quanto appreso dagli stessi organi di stampa, Rekeep sarebbe stata citata nel contesto di dichiarazioni di terzi, esterni alla Società, in relazione alla gara indetta dalla Centrale Unica di Committenza per la Regione Sicilia relativa all’affidamento dei servizi di pulizia presso le strutture sanitarie di tutta la Regione. La Società ricusa in toto tali dichiarazioni, rispetto alle quali risulta completamente estranea. In relazione all’appalto relativo al servizio integrato di gestione energetica bandito dalla ASP di Palermo, Rekeep precisa, inoltre, di detenere una partecipazione di minoranza nella società consortile Sei Energia, costituita per dare esecuzione al contratto, e che pertanto nessun proprio rappresentante ricopre ruoli operativi in tale società, né proprio personale diretto è impegnato nell’appalto, essendo l’attività di gestione ed esecuzione dei servizi integralmente in capo alla società Sei Energia. Rekeep ritiene lesivo della propria immagine quanto riportato dai media e pretestuoso qualsiasi accostamento del proprio nome all’inchiesta citata, diffidando, pertanto, chiunque dall’operare tale associazione”.

Aggiornamento 23 maggio 2020