Esattamente 42 anni fa, il 22 maggio, veniva approvata la Legge 194, che riconosce alle donne il diritto di decidere se terminare o portare avanti una gravidanza senza dover essere perseguite per legge: fino a quella data, infatti, l’interruzione volontaria di gravidanza era un reato. La battaglia per la 194 – portata avanti, in particolare, da Adele Faccio e dalla radicale Emma Bonino – era una battaglia per il diritto di scelta, ma anche per il diritto alla sicurezza e alla salute: per abortire con la necessaria assistenza medica, non in un sottoscala. Una battaglia che, avvertono le associazioni, non è ancora conclusa: in questi mesi di lockdown, tra reparti chiusi, mancanza di servizi per l’orientamento e ritardi, interrompere la gravidanza è stato difficoltoso per molte donne.

L’associazione Luca Coscioni ha comunicato di aver ricevuto circa 33 richieste di aiuto al giorno da parte di donne che cercavano informazioni: “Nonostante l’interruzione di gravidanza abbia sempre un carattere d’urgenza e rientri nelle prestazioni inderogabili anche secondo il decreto del Ministro della Salute, alcuni ospedali stanno riducendo, altri sospendendo, gli accessi alle pratiche per l’aborto, senza fornire chiare informazioni, con enormi differenze da regione a regione”.

“Da testimonianze dirette apprendiamo che, troppo spesso, l’accesso all’IVG è negato o reso difficile da percorsi ad ostacoli – dichiarano Filomena Gallo e Mirella Parachini (Ass.Luca Coscioni), Anna Pompili (AMICA) e Sara Martelli (coordinatrice Aborto al Sicuro) – Ad ogni anniversario della legge che disciplina il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza, emerge la mancanza di volontà politica nell’applicazione di questa norma che ha avuto il merito di evitare gravi danni alla salute delle donne”. Poi spiegano che è impossibile guardare ai dati perché “il ministro della Salute Roberto Speranza non ha ancora depositato la relazione al parlamento sulla 194, siamo fermi ai dati relativi al 2017, e neppure il Ministro di Grazia e Giustizia ha inteso presentare una relazione prevista dalla stessa legge 194, in questo caso siamo fermi al 2016″.

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