Poche ore alla ripartenza per i luoghi in cui rimettersi in forma. Ecco le linee guida su accessi, appuntamenti, spogliatoi, distanze di sicurezza. Il gestore: "I primi 15 giorni saranno una sorta di stress test per vedere se l'organizzazione funziona". E ci sono anche esperimenti alternativi come attività all'aperto o a casa. Secondo la International Fitness Organization si stimano perdite per un miliardo di euro con oltre 200mila posti di lavoro a rischio
Sta per scattare “l’ora x” anche per centri sportivi e palestre: il 25 maggio potranno riaprire in tutta Italia salvo che in Lombardia, dove bisognerà attendere ancora fino al 31 maggio. Un settore fortemente in crisi per la prolungata chiusura: secondo la International Fitness Organization si stimano perdite per un miliardo di euro (nei primi cinque mesi dell’anno) con oltre 200mila posti di lavoro a rischio. Nel 2019 le palestre italiane contavano 5,5 milioni di abbonati, che ora torneranno in palestra con ingressi limitati – magari prendendo un appuntamento – stando attenti a rispettare le distanze e disinfettando tutto, dai tappetini ai pesi, dopo ogni uso.
L’ambiente chiuso e la respirazione più intensa sotto sforzo infatti rendono necessarie cautele extra, soprattutto per evitare il temuto ‘droplet’, l’esalazione veicolo di contagio. Un rientro su cui pesano molte incognite: sia perché si va verso l’estate, quando tradizionalmente le palestre si svuotano, sia perché nessuno sa quale sarà la risposta dei cittadini. Se prevarrà la voglia di tornare ad allenarsi o la paura del contagio. Un rischio che la Federazione Italiana Fitness definisce gestibile: “Abbiamo sempre avuto rigide misure di igiene – spiega il segretario generale Roberta Fadda – ora si tratta di intensificarle e di chiedere un’attenzione in più agli utenti”. Massimo Galli, direttore Malattie Infettive Ospedale Sacco Milano, ha definito le aule più pericolose delle sale pesi: “In palestra non ci stai 5 ore e probabilmente è più facile a mantenere il distanziamento“.
“Siamo stati i primi a chiudere e temevamo di essere fra gli ultimi a riaprire – spiega Fabio Perego, gestore della Sound Danza e Fitness di Lissone, una palestra fuori Milano – Le linee guida ricevute dal governo lasciano molta libertà di interpretazione e delegano ogni valutazione dei rischi al responsabile legale che poi agisce di conseguenza. Una responsabilità enorme, sono io che devo valutare i rischi di contagio nelle diverse situazioni della mia palestra, non ci sono divieti specifici. Per questo i primi 15 giorni di apertura saranno una sorta di stress test per vedere se l’organizzazione funziona o se ci sono delle modifiche da fare, me anche come si comportano le persone”. Dalle mascherine agli spogliatoi, ecco quali saranno le nuove regole da seguire.
Si potranno usare ancora gli spogliatoi? – Sì. Le linee guida ne consentono ancora l’utilizzo seppur con alcune regole. L’indicazione è quella di arrivare in palestra già cambiati ma si potrà comunque accedere agli spogliatoi in un numero contingentato in base agli spazi a disposizione delle singole strutture e si dovrà rimanervi giusto lo stretto indispensabile. Gli spazi dovranno essere riorganizzati sia nella zona degli armadietti che nelle docce, in modo da assicurare le distanze di almeno 1 metro tra i presenti. Tutti gli indumenti e oggetti personali devono essere riposti dentro la propria borsa, anche qualora depositati negli appositi armadietti. Le linee guida raccomandano ai gestori di non consentire l’uso promiscuo degli armadietti e di mettere a disposizione sacchetti per riporre i propri effetti personali qualora non si avesse a disposizione una borsa, così da evitare contatti con le superfici comuni. “L’indicazione è di arrivare in palestra già con l’abbigliamento giusto e di cambiare solo le scarpe – prosegue Fabio Perego della Sound Danza e Fitness – ma comunque serve uno spazio dove cambiarle: meglio gli spogliatoi delle aree comuni. Noi daremo la possibilità di cambiarsi a chi arriva ad esempio direttamente dal lavoro. Lasciamo anche la possibilità di usare le docce, ma solo due su quattro”.
Accessi contingentati e su appuntamento: gli allenamenti ora vanno prenotati – Chi segue i corsi è abituato ad andare in palestra a determinati orari, ma per chi era abituato ad avere gli attrezzi sempre a disposizione, magari anche ventiquattr’ore su ventiquattro, il cambiamento si farà sentire. Le linee guida prevedono infatti che le palestre regolamentino il più possibile tutte le attività, con accessi contingentati e su prenotazione per controllare le presenze. L’indicazione è infatti di redigere un programma delle attività il più possibile pianificato e conservare l’elenco delle presenze per un periodo di 14 giorni. “Per ottimizzare la gestione abbiamo deciso di creare una app tramite cui prenotare non solo i corsi ma anche gli accessi alle sale con gli attrezzi: se non c’è più posto l’allenamento si fa da casa, seguendolo in diretta streaming. Abbiamo calcolato che nelle sale attrezzi non potranno esserci più di 15 persone contemporaneamente, quindi potranno entrare 5 persone ogni 30 minuti, dall’apertura fino alla chiusura della palestra. In questo modo si evitano anche assembramenti per gli spogliatoi e c’è il tempo di sanificare”.
La possibilità di usare spazi aperti – “Finché il meteo ce lo consentirà poi sfrutteremo anche lo spazio che abbiamo all’aperto, dove i rischi si abbassano ulteriormente”, aggiunge Perego. “Molte palestre stanno lavorando insieme ai Comuni per trovare degli spazi all’aperto, con un doppio beneficio: si riducono i rischi, si sfrutta la bella stagione e si lascia la possibilità a più persone di partecipare rispetto a una sala normale”, aggiunge Marco Neri. Come a Livorno, dove il sindaco Luca Salvetti ha annunciato la sua disponibilità a incontrare i gestori per trovare soluzioni comuni.
Se non si riesce ad andare in palestra, la palestra arriva a casa – Con il contingentamento degli ingressi e i corsi a numero chiuso ci sarà il rischio di non trovare posto o di non poter partecipare alla lezione che ci interessa. Ma se non riusciremo a andare noi in palestra, internet e i social la porteranno a casa nostra, un po’ come già successo durante questa quarantena in cui in molti si sono allenati nel salotto di casa. “Pensiamo anche a quanti sono in smartworking, a chi non si sente sicuro a venire o alle mamme costrette a casa con i figli piccoli perché asili e scuole sono chiuse: la possibilità di seguire i corsi in diretta da casa o avere a disposizione un archivio con videolezioni da eseguire quando si ha tempo è utile. Per questo abbiamo creato anche un nuovo abbonamento solo digitale. Il video può essere una valida alternativa temporanea ma il contatto diretto, la partecipazione e il confronto di persona sono importanti anche a livello psicologico in questo ambito”.
Parola d’ordine: distanza di sicurezza – Le linee guida hanno fissato ad almeno 1 metro la distanza da mantenere tra le persone che non svolgono attività fisica e almeno 2 metri invece durante l’attività, con particolare attenzione a quella più “intensa”, ovvero quella con un indice metabolico più elevato che comporta una maggiore emissione di “droplet”. Per esempio: chi fa allenamenti cardio o HIIT dovrà avere un distanziamento maggiore rispetto a chi invece fa yoga o pilates. Marco Neri spiega che agli associati della Fif ha consigliato di dividere la capienza delle sale per 5 metri quadrati “abbondando”, in modo da regolarsi in anticipo sulla capienza. “Certo, questo penalizza – e non poco – le piccole palestre”. “Nelle sale corsi abbiamo delimitato delle postazioni di 4 metri quadrati ciascuna, delimitate tra loro da un corridoio di 50 centimetri in modo da garantire il rispetto delle distanze – prosegue Perego dalla sua palestra -. Tutte le sale sono poi già dotate di finestre e di un sistema di areazione, per cui il ricambio d’aria non è un problema. Anche nelle sale, abbiamo provveduto a distanziare ulteriormente gli attrezzi, dividendoli in due sale e tracciando anche lì sul pavimento dei riquadri per garantire il rispetto delle distanze”. Alla fine dei corsi o dei turni, tutto il materiale utilizzato – dai tappetini ai manubri – verrà disinfettato. Nessuna limitazione per chi si fa seguire da un personal trainer, se non le protezioni standard: “È vero che la distanza è ravvicinata, ma è lo stesso rapporto che si ha con l’estetista o con il parrucchiere – aggiunge Neri – parliamo di categorie che per mestiere hanno un’attenzione particolare a igiene e salute“.
Controllo della temperatura e misure di prevenzione – Le linee guida prevedono la possibilità di rilevare la temperatura corporea, impedendo l’accesso a chi superi i 37,5 gradi.”L’utilizzo del termoscanner non è obbligatorio ma solo raccomandato, in ogni caso io farò ogni giorno il controllo della temperatura a tutti i miei dipendenti e ai clienti, anche come garanzia per farli sentire più sicuri – spiega Perego -. Ho fatto installare degli schermi protettivi in plexiglas sui banconi della reception e degli istruttori in sala pesi, così da avere una tutela in più. Ma, anche qui, non sono cose esplicitamente indicate dalle linee guida, le ho decise io in base alla mia valutazione dei rischi”. All’ingresso dovranno poi essere posizionati dei dispenser di gel disinfettante con cui sanificarsi le mani a tutti coloro che entrano e escono. Questione mascherina: l’utilizzo non è obbligatorio durante le attività fisiche, ma resta comunque consigliato nelle aree comuni, soprattutto al termine dell’allenamento. Massima attenzione a areazione e pulizia. “Cose che avvenivano normalmente anche prima – spiegano dalla Federazione Fitness – ma che ora verranno intensificate”.
Estate, paura, corsi online: le incognite sulla risposta dei clienti – Tutti questo però, avrà anche delle ripercussioni economiche, oltre che legali, sui gestori delle palestre che si trovano a fare i conti con una riduzione degli accessi e una ripartenza che arriva alla soglia dell’estate, quando la gente è più portata a fare sport all’aperto o a interrompere i corsi, con alle spalle le perdite dei mesi in cui di solito si lavora a pieno ritmo. “Alcuni non riusciranno a riaprire – spiega Neri della Fif – Al mancato guadagno ora si aggiungono le spese extra e una concorrenza agguerrita dei grandi centri”. Le più penalizzate sono le scuole di karate, o di arti marziali: sport che prevedono un contatto ravvicinato e che per ora sono ancora fermi. “Quello che vediamo noi è la voglia di provarci, sperando che le persone, dopo mesi a casa, abbiano voglia di tornare ad allenarsi in palestra”, spiega il segretario generale della Federazione. Bisognerà fare i conti però con la concorrenza dei corsi online, scoperti in massa dagli italiani durante il lockdown: “Ma su Internet non tutto quel che si trova è efficace o va bene per i singoli – continua Roberta Fadda – Nei centri si ha la garanzia di professionalità e attenzione individuale”. Senza contare la dimensione sociale: “Oltre alla parte tecnica c’è il valore aggiunto dell’empatia e dell’energia del gruppo, a cui abbiamo dovuto rinunciare in questi mesi”. Anche Perego conferma i dubbi di molti altri gestori: “Non sappiamo come sarà la risposta della gente alla riapertura, i conti si faranno a medio e lungo termine. In queste settimane di chiusura abbiamo comunque dovuto fare i conti con gli affitti e le bollette. Io e i miei 25 collaboratori siamo rimasti senza stipendio, abbiamo chiesto gli aiuti del governo ma non a tutti sono già arrivati”, aggiunge. Oltre al fatto che ora si pone il problema delle coperture assicurative: “Ho già contattato la nostra assicurazione per aumentare la copertura, in via precauzionale, in modo da essere tutelati se dovessero esserci persone positive”.
Le incognite per i lavoratori – Sono circa 40mila i dipendenti del settore, cui si affiancano oltre 150 mila addetti impegnati in federazioni sportive e società dilettantistiche, stando alle domande per il contributo di 600 euro pervenute al Ministero dello Sport lo scorso mese di marzo. Ma si stima che la platea possa superare le 500mila unità. A accendere i riflettori sulla questione sono anche i sindacati di categoria, Slc Cgil, Fisascat Cisl, Uilcom, Felsa Cisl, Nidil Cgil, Uiltemp: “Il riconoscimento dell’indennità anche a questi lavoratori – affermano – rappresenta una prima attenzione verso un mondo di invisibili. Ora è fondamentale riavviare quanto prima il tavolo di confronto istituzionale per giungere a una corretta regolamentazione della figura del lavoratore sportivo, che non si basi più solo sulla semplice distinzione tra dilettantismo e professionismo”. La Federazione Fitness racconta di aver ricevuto molte richieste di aiuto per il bonus nei primi mesi: “Se consideriamo tutte le figure che gravitano attorno al mondo dello sport – allenatori, professionisti, tecnici, società che si occupano di impianti e attrezzature – arriviamo a circa un milione di persone in totale. Secondo il Coni, lo sport in Italia vale l’1,7% del Pil del Paese, quindi 30 miliardi – conclude Neri – deve essere tutelato non solo per il suo valore sociale, ma perché intrinsecamente connesso alla salute e alla prevenzione“.