Giustizia & Impunità

Philip Morris, indagati l’ex ad in Italia e altri 2 manager della multinazionale del tabacco per concorso in corruzione di funzionari pubblici

Si allarga ai vertici italiani della multinazionale del tabacco l’inchiesta della Procura di Roma sulla presunta rete corruttiva che vede al centro alcuni funzionari del Ministero Economia e Finanze e un collaboratore dell'azienda: per i magistrati in cambio di posti di lavoro, alloggi e utilità varie di dipendenti dell’Agenzia dei Monopoli, avrebbe ottenuto il ritardo dell’aumento dei prezzi delle sigarette, soffiate sull’arrivo dei controlli e informazioni top-secret sulla concorrenza. Philip Morris al Fatto.it: "No comment, eserciteranno il loro diritto alla difesa"

L’aumento dei prezzi delle sigarette ritardato di qualche giorno, la soffiata sull’arrivo dei controlli e le informazioni top-secret sulla concorrenza. Il tutto in cambio di posti di lavoro, alloggi e utilità varie di dipendenti dell’Agenzia dei Monopoli. Si allarga ai vertici italiani della Philip Morris, nota multinazionale del tabacco, l’inchiesta “Cassandra” della Procura di Roma sulla presunta rete corruttiva che vede al centro alcuni funzionari del Ministero Economia e Finanze. Fra gli indagati, infatti, ci sono anche Eugenio Sidoli, ex presidente ed ex amministratore delegato della Philip Morris Italia, e due dirigenti della stessa società, Gianluca Bellavista (direttore relazioni esterne) e Nicola Fogolin (corporate affairs). Per loro l’ipotesi di reato è concorso in corruzione insieme a Leo Checcaglini, collaboratore esterno a contratto della Philip Morris, colui che si interfacciava materialmente con i funzionari pubblici, già raggiunto il 5 dicembre scorso da un provvedimento di custodia cautelare.

La determina gennaio approvata in ritardo – Dall’indagine condotta dal pm Alberto Pioletti, emerge come Checcaglini – informando costantemente Sidoli, Bellavista e Fogoli – fosse riuscito ad ottenere all’inizio del 2018 dalla direttrice dell’ufficio circolazione tabacchi, Concetta Anna Di Pietro, “l’approvazione ritardata della determinazione con la quale il direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli fissa i prezzi di vendita al pubblico dei tabacchi lavorati (prezzo medio ponderato)”. La stessa funzionaria aveva “fornito informazioni riservate sul prezzo delle sigarette applicato dai produttori concorrenti della Philip Morris Italia”, ovvero British American Tobacco e Japan Tobacco International. Il funzionamento della battaglia sui prezzi è spiegato dal giudice per le indagini preliminari che ha firmato il provvedimento del 5 dicembre scorso: “Ogni anno – si legge – intorno al 18/20 gennaio, il vicedirettore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli è solito adottare una determina con cui fissa i prezzi di vendita al pubblico dei tabacchi lavorati, calcolati sulla base di un’accisa determinata in riferimento al prezzo medio ponderato delle sigarette”. Tale decreto “emesso in ritardo, finisce inevitabilmente per incidere sul prezzo di vendita delle sigarette e, di conseguenza, sugli introiti della società beneficiaria del suggerito ritardo”. Alla Di Pietro, gli emissari Philip Morris avrebbero permesso di ottenere un alloggio a Bologna per un stage di 6 mesi, la promessa di assunzione per il nipote e per il genero in una società di spedizioni e la promessa di assunzione in tabaccheria per una conoscente.

I “ganci” all’Agenzia e le assunzioni promesse – Non è tutto. Secondo gli investigatori, c’erano altri due “ganci” dei vertici della multinazionale del tabacco nell’agenzia monopoli. Massimo Pietrangeli, all’epoca dei fatti direttore centrale accertamento e riscossione, “soggetto totalmente asservito agli interessi della Philip Morris Italia srl”, si legge, che informava Checcaglini dei “futuri controlli” disposti da lui stesso nei confronti dei tabaccai, e soprattutto gli avrebbe passato informazioni riservate sulla richiesta di aumento dei prezzi formulata dalla concorrenza. Pietrangeli, a sua volta, era diventato direttore centrale grazie all’ausilio di Fabio Carducci, direttore della direzione centrale accise, che secondo i pm avrebbe partecipato al passaggio dei documenti top-secret. Anche Pietrangeli e Carducci avrebbero ricevuto utilità: per il primo, oltre alla nomina a direttore centrale, anche un lavoro “più remunerativo” per la compagna; per il secondo, l’assunzione in banca del figlio.

Philip Morris Italia: “A disposizione delle autorità” – Il gruppo Philip Morris è uno dei colossi mondiali del tabacco, che comprende tra i suoi marchi anche Marlboro, Merit, L&M, Muratti, Chesterfield, Virginia Slims e Diana. Contattata da Ilfattoquotidiano.it, la Philip Morris Italia fa sapere che “è stata informata della decisione presa dall’ufficio del pm di chiudere le indagini preliminari su due dipendenti e un ex dipendente dell’Azienda che avranno ora l’opportunità di esercitare i loro rispettivi diritti di difesa”. In questo momento, si legge nella nota, “non riteniamo appropriato fornire ulteriori commenti. Ribadiamo che l’azienda prende sul serio il rispetto della legge e ha procedure e controlli ad ampio spettro che disciplinano le interazioni di dipendenti e consulenti con funzionari governativi”. La “Philip Morris Italia – concludono – intende cooperare pienamente con le autorità”.