C’è chi per lei ha già coniato l’hashtag per il 2021. Altri la paragonano a Michelangelo alle prese con la Cappella Sistina. Oppure a Cristiano Ronaldo, cui “non puoi dire di smettere di giocare a calcio”. Lei per ora si schernisce, dice che “non è il momento di parlarne”, mentre se ne va in tour per le radio capitoline. Fatto sta che Virginia Raggi è già proiettata alla corsa verso la ricandidatura a sindaco di Roma, il cui mandato scade a giugno del prossimo anno. “Primarie o non primarie, oggi non c’è un altro candidato possibile”, confida un suo strettissimo collaboratore dopo aver letto l’intervista rilasciata il 16 maggio da Vito Crimi a Il Fatto Quotidiano, in cui il reggente del M5s metteva in discussione il vincolo dei due mandati per gli eletti pentastellati, dando quasi per automatica la ricandidatura delle sindache in scadenza, Raggi nella Capitale e Chiara Appendino a Torino.

Monica Lozzi, la “anti-Raggi” di Cinecittà’ – Le dichiarazioni di Crimi hanno avuto l’effetto di aprire il fronte interno romano. Perché nel M5s capitolino un’aspirante anti-Raggi in realtà esiste. Si chiama Monica Lozzi, 48 anni, non molto nota fuori dal Gra, ma in città reputata “il miglior presidente di municipio” fra i 13 minisindaci pentastellati eletti nel 2016. Nel Municipio VII Tuscolano, Lozzi ha contribuito in modo decisivo a uno dei risultati più vistosi dell’era Raggi: la demolizione delle villette abusive dei Casamonica al Quadraro, nel 2018. In varie occasioni pubbliche, non ha risparmiato critiche alla gestione del Campidoglio, specie su rifiuti ed emergenza abitativa. Popolarissima nei municipi e fra i colleghi minisindaci (anche non penta stellati, come l’ex Sel Andrea Ciaccheri), nei giorni scorsi ha rilasciato un’intervista a RomaToday in cui definisce “inopportune” le dichiarazioni di Crimi e ha proposto “gli stati generali del M5s romano”. A Ilfattoquotidiano.it conferma: “Non dico che Virginia non debba essere ricandidata, io vorrei solo che si analizzassero tutte le alternative e che si passi per gli strumenti di partecipazione che il M5s storicamente si è sempre dato”. C’è anche chi sostiene che ci sia il suo zampino dietro l’inedita sfiducia della presidente del IV Tiburtino, Roberta Della Casa – liquidata all’unanimità dalla sua maggioranza – molto vicina alla sindaca.

Le carte di Virginia per il bis: stadio e Metro D – Dal canto loro, i fedelissimi della prima cittadina non vedono l’aspirante rivale come una minaccia. “Monica è brava, bravissima, ma Cinecittà e il Quadraro non sono Roma”, ripetono. Piuttosto a Palazzo Senatorio guardano avanti, pensando alle carte da giocarsi per costruire la ricandidatura, sfruttando tutti i vantaggi di giocarsi la partita “in casa”. Il progetto della Metro D e la delibera sullo stadio dell’As Roma sarebbero i grandi spot. Poi altre mosse sui fronti trasporti, cultura e sport. Perfino il probabile ok alla nuova discarica nella Valle Galeria potrebbe passare come positivo, nell’ottica di salvare la società Ama, travolta dalle inchieste sui bilanci approvati prima del 2016. Quindi i rapporti istituzionali. Eccellenti con il Vaticano, ottimi con i sindaci delle grandi metropoli europee, discreti con il governo Conte e con altri primi cittadini italiani; da rivedere quelli con le categorie produttive e i cosiddetti “poteri forti”, la cui contrapposizione però non è mai stata considerata un disvalore. Anzi. Una strada già tracciata per la quale Raggi e i suoi sono disposti anche a sorvolare con forza sopra le eventuali opposizioni interne, con una consigliera già espulsa dal gruppo capitolino (Monica Montella), uno che ha scelto di dimettersi “per coerenza” (Nello Angelucci) e altre due elette in bilico (Gemma Guerrini e Simona Ficcardi).

La rivalità con il Pd. E Dessì rilancia: “Subito primare, anche con i big” – Resta il tema dell’irriducibile rivalità con il Pd. All’ombra del Cupolone l’amore fra M5s e i Dem non è mai nato. Neanche una simpatia di circostanza. Virginia si definisce una “dura e pura”, fautrice della “terza via” delle non-alleanze. Altro che “gialloverdi” o “giallorossi”. Con Nicola Zingaretti che lavora a candidature eccellenti (si fanno i nomi di Enrico Letta, Dario Franceschini e David Sassoli) c’è chi reputa questa posizione “poco lungimirante”. Fra questi il senatore Emanuele Dessì, che a Ilfattoquotidiano.it dice: “Anticipiamo il Pd e costringiamolo a sedersi al nostro tavolo: risolviamo subito il nodo del vincolo di mandato e facciamo le primarie in autunno”. E a quel punto potrebbero decidere di scendere in campo anche nomi “pesanti” del M5s. Come Paola Taverna o Roberta Lombardi, evocate proprio da Dessì. O Alessandro Di Battista – come auspicato pubblicamente dal sottosegretario agli Interni, Carlo Sibilia – da anni associato al Campidoglio nonostante le sue costanti smentite.

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