Il viceministro M5 ha presentato a Conte un piano in base al quale gli ad di Anas e Rfi avrebbero poteri straordinari per spendere i 110 miliardi già stanziati in base ai loro contratti di programmi e i sindaci sarebbero responsabili dei lavoro che fanno parte del piano delle opere pubbliche. Per la ministra dem, che punta a "mettere a terra 15-20 miliardi" di lavori entro 12 mesi, vanno commissariate solo poche opere prioritarie e per velocizzare le procedure basta estendere lo stato di emergenza fino al 31 dicembre
C’è una partita decisiva per la ripresa dell’economia italiana post lockdown dietro l’attacco del viceministro M5s Giancarlo Cancelleri alla titolare dei Trasporti Paola De Micheli (Pd) sulle concessioni autostradali. Il tema è quello del decreto Semplificazioni annunciato dal premier Giuseppe Conte per giugno. L’obiettivo è sbloccare decine di miliardi di opere infrastrutturali riducendo i passaggi burocratici che rallentano i cantieri. Ma la maggioranza è divisa sul modello sa seguire: per il Movimento 5 Stelle e Italia viva il faro è il nuovo ponte di Genova realizzato in tempi rapidi per gli standard italiani nominando commissario con poteri straordinari il sindaco Marco Bucci. Secondo De Micheli invece il modello Genova non è replicabile, il commissariamento dovrebbe arrivare solo per una trentina di opere prioritarie e la deroghe al Codice appalti devono essere limitate nel tempo: fino a fine anno. Le due posizioni hanno raccolto rispettivamente il consenso della sola Confindustria da un lato, dei costruttori dell’Ance insieme a sindacati e Anac dall’altro.
Cancelleri ha presentato a Conte un piano in base al quale gli ad di Anas e Rfi diventerebbero commissari delle opere da realizzare in base ai loro contratti di programmi – per un totale di 110 miliardi di fondi già stanziati – e i sindaci di quelle che fanno parte del piano triennale delle opere pubbliche, oltre che dei piccoli lavori su scuole e strade. Una proposta, quello di adottare il modello Genova per far ripartire i cantieri con zero burocrazia, che ricalca da vicino il “piano choc” da 120 miliardi auspicato dal leader di Italia Viva Matteo Renzi. Estendere il modello Genova ma anche “sospendere il Codice appalti fino al 2026” è peraltro anche una delle richieste della Lega.
Ma la ministra De Micheli dal canto suo ha inviato a Palazzo Chigi – e intende pubblicare come allegato al Def – una proposta diversa per “mettere a terra 15-20 miliardi” di lavori entro 12 mesi e 196 miliardi nei prossimi 15 anni. Il piano del Pd prevede di introdurre commissari solo per opere che richiedono la soluzione di complessità difficilmente superabile con la normale amministrazione, come i cantieri fermi per stratificazioni giudiziarie. No a “sospendere il codice appalti”, che anzi va completato con tasselli cruciali come la qualificazione delle stazioni appaltanti e correggendo gli aspetti che non hanno funzionato. Per esempio prevedendo procedure negoziali per i lavori sotto i 5 milioni. Per farlo sarebbe sufficiente estendere lo stato di emergenza fino al 31 dicembre prossimo. Questa idea vede invece sulla stessa lunghezza d’onda il Ministero delle Infrastrutture e l’Autorità Nazionale Anticorruzione, ma anche i costruttori dell’Ance e i sindacati.
Il nuovo presidente dell’Anac, Francesco Merloni, venerdì ha spiegato che si possono velocizzare le procedure in base a quanto già consentito dal codice per motivi emergenziali, a condizione però “che questo non significhi abbandonare i controlli di legalità”, come ad esempio le interdittive antimafia. Anche i costruttori si sono detti contrari al modello Genova. “Quel modello non ci va bene per come è costruito. Noi vogliamo la gara”, ha detto il presidente Ance, Gabriele Buia, sottolineando che il modello commissariale “avrebbe senso solo per opere bloccate a monte”.