Memoriale Coronavirus

Gian Carlo Ceruti, il sindacalista con 3 lauree diventato presidente della Federciclismo. “Rilanciò i velodromi, poi arrivò il doping”

MEMORIALE - LE STORIE DIETRO I NUMERI, PER RICORDARE CHI NON C'E' PIU. Vertice della Federazione negli anni di vittorie indimenticabili come quelle di Marco Pantani e delle medaglie d’oro alle Olimpiadi, ma anche nel periodo buio degli scandali doping. Martinello: "La federazione italiana seguì quella internazionale. La mia critica fu ed è questa: conoscevano bene come stavano le cose, poi fecero parte del plotone di esecuzione. Ceruti è stato un dirigente competente, appassionato vero"

Gian Carlo Ceruti è stato il presidente della Federazione ciclistica italiana negli anni di vittorie indimenticabili come quelle di Marco Pantani e delle medaglie d’oro alle Olimpiadi di Paolo Bettini, Antonella Bellutti e Paola Pezzo. Il suo mandato, iniziato nel 1997 e durato fino al 2005, è stato anche quello del periodo controverso del doping. Ceruti, un dirigente con la bicicletta nel cuore, è scomparso il 31 marzo scorso a Crema. Un altro uomo di sport che il coronavirus si è portato via a 67 anni.

Silvio Martinello, oggi apprezzato commentatore Rai, è stato ciclista su strada e pistard, campione olimpico nel 1996 nella corsa a punti. “Uomo colto e intelligente, Ceruti amava molto studiare – dice a ilfattoquotidiano.it – è stato un dirigente competente, appassionato vero di ciclismo. Lo avevo conosciuto prima della scalata dirigenziale, quando organizzava il Memorial Baffi al Velodromo di Crema. Erano serate di settembre molto piacevoli, ne ho un bel ricordo”.

Dopo la conquista di ben 28 “Sei giorni”, l’ultima a 39 anni, Martinello si ritira nel 2003. “Nella prima parte del suo mandato – continua – è stato un dirigente molto attento anche alla pista, che infatti ritornò ad avere in quel periodo un ruolo fondamentale”. Il giro d’Italia delle piste in 11 tappe porta la sua firma.

“Fui molto critico invece per quanto riguarda il suo secondo mandato. Ci furono scandali doping, che a mio parere gestì in maniera non ottimale. Furono anni bui per il ciclismo. La federazione italiana seguì quella internazionale. La mia critica fu ed è questa: i dirigenti conoscevano bene come stavano le cose, prima avevano tollerato, poi fecero parte del plotone di esecuzione. I dirigenti sposarono la teoria delle procure e della caccia alle streghe. Era certamente una situazione complicata da gestire, ma dimostrarono incapacità nel risolvere il problema. Il povero Marco Pantani ebbe qualcosa di simile ad una persecuzione, non so quante procure indagarono contemporaneamente su di lui”.

Nel 2005 Renato Di Rocco diventò presidente di Federciclismo e Ceruti si ritirò a vita privata. Prima del ciclismo, aveva lavorato nel mondo sindacale, per vent’anni alla Fiom di Cremona. La sua grande passione per la cultura e l’istruzione gli fece prendere tre lauree, l’amore sincero per la bicicletta lo portò a scrivere un paio di libri sul ciclismo. Il giorno della sua scomparsa lo ha ricordato con un tweet anche il ct della Nazionale italiana Davide Cassani.

*Immagine tratta da youtube