Già giudice a Napoli, il magistrato scelto dal guardasigilli è attualmente sostituto procuratore generale in Cassazione e capo delegazione del Greco. Al ministero di via Arenula ha già lavorato avendo ricoperto il ruolo di Direttore Generale del Dipartimento per gli Affari di Giustizia tra il 2014 e il 2018. Prende il posto di Baldi che si è dimesso dopo le intercettazioni con Palamara pubblicate dal fattoquotidiano.it
Raffaele Piccirillo è il nuovo capo di gabinetto di Alfonso Bonafede. Il ministro della giustizia ha scelto un magistrato esperto nella lotta alla corruzione per l’incarico più delicato di via Arenula. Piccirillo, infatti, è capo della delegazione italiana presso il Gruppo di Stati contro la corruzione del Consiglio d’Europa, cioè l’organo di Strasburgo – noto soprattutto con l’acronimo di Greco – che ogni anno valuta il livello di avanzamento dei vari Paesi sul fronte dell’anticorruzione.
Il guardasigilli ha già chiesto al Csm il collocamento fuori ruolo di Piccirillo. Prende il posto di Fulvio Baldi, che si è dimesso da capo di gabinetto dopo la pubblicazione sul fattoquotidiano.it di alcune intercettazioni con il pm romano Luca Palamara: con il magistrato sotto inchiesta a Perugia l’ex capo di gabinetto parlava di nomine e colleghi da piazzare al ministero. Nelle carte dell’inchiesta si legge Baldi che a un certo dice all’ex presiente dell’Anm (che lo chiamava “Fulvietto”): “Se no che cazzo li piazziamo a fare i nostri?”. Parole che non sono piaciute a Bonafede. Il guardasigilli non ha apprezzato le logiche correntizie rivendicate nelle conversazioni telefoniche con Palamara e Baldi è stato costretto a fare un passo indietro.
Dopo due settimane in cui la reggenza è stata affidata a Mauro Vitiello, il ministro ha deciso di avvalersi della collaborazione di Piccirillo. Casertano d’origine, già giudice per le indagini preliminari a Santa Maria Capua a Vetere e a Napoli, il magistrato è attualmente sostituto procuratore generale in Cassazione. Al ministero di via Arenula ha già lavorato avendo ricoperto il ruolo di direttore generale del Dipartimento per gli Affari di Giustizia tra il 2014 e il 2018. Adesso va ad occupare l’incarico più importante dopo quello del ministro. Sulla sua scrivania, infatti, passano tutte le pratiche più delicate: le leggi, le nomine, i fascicoli giudiziari. Tra questi ultimi anche gli atti inviati dalle procure quando a finire sotto inchiesta sono i magistrati, affinché il guardasigilli possa esercitare l’azione disciplinare.
Piccirillo entra al ministero mentre il mondo della giustizia italiana sta affrontando uno dei momenti pià delicati di sempre. Lo tsunami, generato dallo scandalo sulle nomine pilotate al Csm, sembra non finire mai e ha travolto nelle ultime ore persino l’Anm. Per questo motivo il ministro Bonafede ha rimesso al centro dell’agenda una riforma del sistema d’elezione del Consiglio superiore. “Questa settimana – ha annunciato ieri il guardasigilli – porterò all’attenzione della maggioranza il progetto di riforma, su cui tra l’altro avevamo già trovato un’ottima convergenza poco prima che scoppiasse la pandemia”.
Come capo delegazione del Greco, Piccirillo ha collaborato alla stesura del dossier di 15 pagine che nell’autunno scorso ha riconosciuto per la prima volta all’Italia di aver “fatto progressi nella prevenzione della corruzione nel sistema giudiziario ma molto resta ancora da fare per mettere in opera tutte le raccomandazioni che le sono state rivolte, in particolare per quanto riguarda i parlamentari“. In quell’occasione Greco aveva quindi sottolineato anche che “è necessario dimostrare che un livello accettabile di conformità con le raccomandazioni può essere raggiunto entro i prossimi 18 mesi”.
Cognato di Federico Cafiero De Raho – la sorella Paola, pure lei in magistratura ha sposato il procuratore nazionale Antimafia – Piccirillo si era fatto segnalare nel 2014 quando, dopo essere stato nominato al ministero, aveva dichiarato al Corriere della Sera: “Nutro diffidenza per chi viene indicato da una comunità, spesso con il sostegno della stampa, come simbolo dell’antimafia, perché inevitabilmente innesca un meccanismo di deresponsabilizzazione del contesto sociale nel quale questo avviene”. A proposito delle correnti in magistratura, invece, Piccirillo disse: “La divisione in correnti non è un problema in sé. Le logiche che sottendono alle promozioni sono, per certi versi, ben peggiori, dato che si fondano su dinamiche trasversali”.