Nonostante il via libera per ricominciare le attività, le strutture devono fare i conti con la tradizionale chiusura a giugno: di solito l'anno accademico coincide con quello scolastico e molti proprietari si stanno chiedendo se valga la pena ripartire solo per un mese. Federazione italiana danza sportiva: "C'è molta preoccupazione, anche riguardo il prossimo anno"
“Riapriamo sapendo che ci perderemo economicamente, ma vogliamo dare il messaggio che siamo fiduciosi che possa tornare tutto come prima”. La scuola di danza La Capriola di Modena ha deciso, a differenza di altre scuole, di alzare le serrande e non rimandare a settembre il ritorno in sala. Da oggi, infatti, possono riaprire palestre e centri sportivi in Italia (a eccezione di Basilicata e Lombardia) dopo due mesi e mezzo di lockdown a causa dell’emergenza coronavirus, come previsto nell’ultimo decreto. Le scuole di danza, però, devono fare i conti con la tradizionale chiusura a giugno (di solito l’anno accademico va di pari passo con quello scolastico, quindi da settembre a giugno) e molti proprietari si stanno chiedendo se valga la pena ripartire solo per un mese. “Rimanere chiusi da inizio marzo o prima vuol dire aver perso metà anno di lavoro – dice a ilfattoquotidiano.it Piercarlo Pilani, presidente dell’Associazione maestri italiani danza sportiva (Midas) – Sicuramente c’è chi non riaprirà, perché sistemare le aule e organizzare le lezioni in base alle misure di sicurezza comporterà dei costi ulteriori”. Antonella Nichele, insegnante alla scuola Nichindanza di Roma, invece, avrebbe voluto ritornare in sala: “Avrei continuato le lezioni anche fino a primi di luglio – racconta l’insegnate – ma ho chiesto ai genitori degli allievi chi sarebbe tornato e su 80 solo in cinque mi hanno dato la disponibilità”.
In Italia sono circa 24mila le scuole di danza. Più difficile sapere il numero degli insegnanti, dato che non c’è un albo in cui iscriversi. In media ci sono circa due docenti per scuola. “La danza non è sostenuta da grandi società sportive – dice Pilani – Molti sono privati, anche realtà molto piccole che si basano esclusivamente sul dilettantismo. Tolto quello non possono sopravvivere. Per questo ora siamo in una situazione tragica”. “C’è molta preoccupazione – aggiunge il vice presidente vicario della Federazione italiana danza sportiva (Fids), Edilio Pagano – anche riguardo il prossimo anno”. Si teme di non riuscire a coprire le spese di questi mesi persi, “di non poter più riaprire”, sottolinea Pagano. “Diverse scuole aspetteranno che l’emergenza passi e punteranno a ripartire a settembre. Ma se non ci saranno allievi, sarà tutto inutile”, aggiunge Pilani. Se non passerà la paura e il prossimo anno si iscriveranno meno ragazzi, sottolinea Antonella, “è probabile che io venga licenziata”.
Come nel caso di parrucchieri, bar e ristoranti, le parole chiave sono sempre: distanza e protezione. “Richiesto dal Coni (Comitato olimpico nazionale italiano), come Fids – dice il vice presidente – abbiamo stilato il protocollo applicativo di sicurezza dando alle scuole di danza tutte le informazioni specifiche su come mettere in sicurezza le aule e le attività per prevenire il contagio. Ovviamente non soddisferà tutti, ad esempio fortemente penalizzati sono i balli di coppia, le cui coppie di solito non lo sono anche nella vita”. Quindi, anche se tutti gli alunni soliti di una scuola tornassero, ci sarebbe una selezione.
“Nel nostro caso, le aule più grandi di 200 metri quadri potranno ospitare sui 15 ragazzi alla volta – specificano Mira Giangregorio e Francesca Ronchetti, proprietarie di La Capriola a Modena -. Quelle più piccole, di 100 metri quadri, sui 7/8 ragazzi”. Consapevoli del rischio a cui vanno incontro riaprendo, hanno deciso di provarci comunque: “Arrivare direttamente a settembre dopo sei mesi di chiusura sarebbe stata più dura”, dice Giangregorio. Al momento le lezioni riprenderanno solo per il mese di giugno, ma c’è la probabilità che non saranno nemmeno tutte. “Dipende quanti allievi si iscriveranno, vedremo questa settimana”, sottolinea la titolare. L’inizio ufficiale è previsto per l’8 giugno, “abbiamo ancora bisogno di tempo per organizzarci”, dice Francesca. Infatti, bisogna adattare la scuola alle nuove norme: spogliatoi e sale contingentati, la distanza di minimo due metri per fare lezione, ad ogni cambio di turno tutto deve essere sanificato. “Abbiamo perso molto, ci siamo fermati nel momento più intenso sia dal punto di vista economico che artistico – aggiunge Mira – Avevamo 500 iscritti e in programma quattro saggi di fine anno a giugno. Una grave perdita”.
Poi c’è anche chi, durante la quarantena, non si è mai fermata. Antonella, 48 anni, insegnante di danza classica, moderna e contemporanea da ormai 30 anni, spiega: “Ho cominciato a tenere le lezioni online, gratuitamente su richiesta dei genitori dei miei allievi”. Così, le camere e i salotti di bambini e ragazzi si sono trasformati per un’ora al giorno in sale di danza o palcoscenici di teatro. Al momento in cassa integrazione, però, l’insegnante non sa ancora per quanto potrà beneficiare di questa condizione. “Ho un contratto ciclico che va da settembre a giugno”, racconta. “Scaduto quello, probabilmente dopo non prenderò più niente. Ho dato la possibilità di riprendere le lezioni, ma i genitori hanno bocciato l’ipotesi per paura o per risparmiare e a quel punto dovrò interrompere le lezioni online gratuite. Alcuni ragazzi però, mi hanno chiesto di fare lezione privata a pagamento”.