CIWF (Compassion In World Farming) Italia e Legambiente lanciano l'idea di un sistema nazionale univoco e volontario di etichettatura che, con una chiara grafica, tuteli i cittadini veicolando informazioni trasparenti. La deputata LeU Rossella Muroni ha presentato una proposta di legge. I vantaggi: "Aiuta i consumatori e i produttori a distinguere, un passo verso la conversione economica e l'addio agli allevamenti intensivi"
Una proposta di legge per un sistema volontario di etichettatura dei prodotti di origine animale e un altro sistema che si basa sul metodo di allevamento per il settore suinicolo. Entrambi sono stati lanciati da CIWF (Compassion In World Farming) Italia e Legambiente, in conferenza dalle proprie pagine Facebook, insieme alla deputata LeU Rossella Muroni, firmataria della pdl 2403. Per quanto riguarda la proposta delle associazioni, attraverso una chiara tabella sono stati delineati i quattro livelli che definiscono diversi potenziali di benessere negli allevamenti dei suini e che devono essere indicati chiaramente in etichetta. In questo modo la parola ‘biologico’, ad esempio, potrebbe significare qualcosa di concreto e tangibile: accesso all’aperto sempre disponibile, gestazione, parto e allattamento liberi, lettiera vegetale, ma anche certificazioni e svezzamento oltre i 40 giorni. Le due iniziative nascono, infatti, proprio dal bisogno di chiarezza riguardo alle informazioni veicolate sulle etichette. “Nonostante la crescente sensibilità dei cittadini in Italia manca una certificazione univoca e volontaria, ma garantita dal pubblico, sul benessere animale in zootecnia”, spiega la deputata che, raccogliendo l’appello di Legambiente e CIWF Italia, ha presentato il testo, firmato anche dai colleghi del Pd Stefania Pezzopane, Lucia Ciampi, Serse Soverini, Debora Serracchiani, del M5s Lorenzo Fioramonti, di Sinistra Italiana Erasmo Palazzotto, di LeU Federico Fornaro e del gruppo misto Alessandro Fusacchia.
LE ETICHETTE VAGHE E FUORVIANTI – “Le etichette sui prodotti di origine animale sono sempre più vaghe, spesso fuorvianti – spiegano le associazioni – confondendo così, invece che aiutare, i consumatori che sono alla ricerca di prodotti più rispettosi del benessere animale”. E penalizzano anche gli allevatori che si impegnano a fare meglio “perché non c’è modo per farsi riconoscere nella giungla dei claim ‘benessere animale’, ‘genuino’ e ‘naturale’”. Sono oltre 5mila gli allevatori di suini all’aperto e oltre 8mila gli allevatori che stanno investendo, in questi mesi, per un miglioramento del benessere dei suini nelle proprie stalle, come dimostra l’esperienza di Arnaldo Santi, responsabile marketing di Fumagalli Industria Alimentari, allevatore e produttore virtuoso, da anni è impegnato in un reale miglioramento delle condizioni dei suini nei suoi allevamenti. Allo stato attuale, però, nessuna norma nazionale riconosce valore al suo percorso.
LA PROPOSTA DI LEGGE – La proposta di legge prevede l’istituzione di un sistema nazionale univoco e volontario di etichettatura che, con una chiara grafica, tuteli i cittadini veicolando informazioni trasparenti. Se applicato, il sistema assicurerà che le attività zootecniche e di gestione della fase di allevamento siano esercitate in conformità a norme tecniche ben definite e specifiche. La verifica del rispetto delle norme tecniche verrebbe eseguita da organismi terzi accreditati. I prodotti agroalimentari conformi al sistema sarebbero riconoscibili da parte dei consumatori grazie a una specifica etichetta che indichi, in maniera chiara e trasparente i livelli di benessere disponibili per quella specie in ordine crescente, il metodo di allevamento per ciascun livello, il livello a cui appartiene il prodotto in questione e l’eventuale uso di gabbie in allevamento. Si prevede un’adesione volontaria al sistema e aperta a tutti gli operatori che si impegnano ad applicare la relativa disciplina e si sottopongono ai controlli previsti.
LA PROPOSTA DI ETICHETTATURA – L’etichettatura secondo il metodo di allevamento potrebbe rappresentare anche uno strumento a disposizione del governo per indirizzare i fondi verso allevamenti che hanno migliori caratteristiche di sostenibilità, producono prodotti con migliori qualità nutrizionali, hanno bisogno di un minore uso di antibiotici e possono, quindi, diventare la cifra del nostro Made in Italy all’estero. I criteri principali della tabella sono relativi a densità di allevamento, arricchimenti ambientali, uso delle gabbie, modalità di castrazione, svezzamento e accesso all’aperto. Si sottintende che acqua e cibo devono essere disponibili in quantità adeguata e in modo da limitare la competizione, che l’alimentazione deve essere equilibrata e in relazione alle caratteristiche specifiche degli animali al fine di evitare qualsiasi impatto negativo sul loro benessere. Per ciò che riguarda invece l’uso del farmaco, il trasporto e la macellazione devono essere rispettati almeno i criteri minimi di legge e le relative raccomandazioni del ministero della Salute.
UN NUOVO PERCORSO – “Si apre un percorso di trasparenza di cui il sistema alimentare italiano ha urgentemente bisogno – dichiara Annamaria Pisapia, direttrice di CIWF Italia Onlus – perché questa etichettatura potrà fornire ai cittadini le informazioni necessarie per capire le vere condizioni di vita degli animali da cui derivano i prodotti che consumano”. Per Antonino Morabito, responsabile benessere animale di Legambiente, “l’esigenza di rafforzare gli impegni nell’approccio ‘One Health’ e l’attuale crisi causata dalla pandemia Covid-19 hanno reso evidente, anche ai più ciechi e sordi, quanto siano insostenibili molti dei modelli economici attuali e che la minaccia per salute e ambiente passi anche dall’allevamento intensivo. Oggi la politica deve mettere in campo tutti gli strumenti e i sostegni utili a facilitare e accelerare non solo la ripresa, ma soprattutto la conversione economica. L’Italia può e deve fare la propria parte e l’etichettatura volontaria secondo il metodo di allevamento è una opportunità”.