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di Andrea Taffi

Nello scorso fine settimana abbiamo assistito, in diverse regioni d’Italia, a scene che (a parte gli interessati) nessuno di noi avrebbe francamente voluto vedere. Va bene il desiderio di uscire, di tornare alla normalità, ma gli assembramenti no, non sono tollerati, non sono tollerabili. Ne va della sicurezza e della sanità pubblica, e, mi sento di aggiungere, anche del rispetto per chi, a causa del coronavirus, ha perso la vita.

Certo vorremmo tutti, in particolar modo chi deve amministrare il territorio, che le persone si comportassero ragionevolmente, che (ad esempio) ognuno di noi, deciso a bere un bicchiere nella piazza centrale della sua città, desistesse, accortosi che la piazza è già al limite della capienza di sicurezza o che fuori da quel locale, riaperto con tanta fatica, c’è già abbastanza gente. Piacerebbe che fosse così, ma (lo sappiamo bene) non è così.

Per istinto, prima ancora che per negligenza, irresponsabilità o menefreghismo, ognuno di noi pensa di essere immune dal contagio, crede che il virus preferisca alloggiare in altri esseri umani. È un’illusione, è vero, un’assurdità, certo, ma è così, e sembra che non ci si possa far nulla; nemmeno la forza pubblica, che non riesce a impedire gli assembramenti, le risse, i funerali affollati. Sembra strano, ma è così, e i fatti lo dimostrano.

Anche perché tutto ciò che le istituzioni locali fanno (o minacciano di fare) è ridurre l’orario di apertura dei locali, con la convinzione che le persone, chiuso il locale, se ne tornino diligentemente a casa loro, a guardarsi la televisione. L’ingorgo di Napoli alle tre di notte sta lì proprio a dimostrare il contrario, a provare che la gente, una volta uscita di casa, non ci torna, ma gira per la città, anche se tutti i locali sono chiusi da ore.

Io non sono certo dell’idea che si debba riempire la città di sceriffi, e odio le ronde, eppure non comprendo nemmeno perché, tutte le volte che si cerca di trovare una soluzione per evitare gli assembramenti, scattano le polemiche. Per esempio: ci sono gli assistenti civici, benemeriti volontari col compito (non pagato) di ricordare alla gente il rispetto della distanza di sicurezza (in città e sulle spiagge), e subito scattano le critiche, le polemiche, le preoccupazioni.

‘Che poteri hanno questi assistenti civici?’ si chiede qualcuno. ‘Cosa possono fare se qualcuno non gli dà retta e li manda allegramente a quel paese?’ si chiede qualcun altro. Beh, intanto (io credo) sono un deterrente, perché molta gente si comporta come si comporta solo perché c’è impunità, perché sa (o crede di sapere) che nessuno andrà a dirgli niente.

Se, come sostiene il sindaco di Milano, i richiami al buon senso non servono, proviamo a farli fare, quegli stessi richiami, dal vivo, da soggetti preposti a questo, e vediamo cosa succede, vediamo come risponde la gente. Io credo che le cose miglioreranno, molto di più che interrogarsi su quali poteri dare agli assistenti civici.

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