Mafie

Giancarlo Siani, la Camorra continua a pagare da 35 anni le “mesate” ai killer ergastolani del giornalista. Sostegno anche alle famiglie

La notizia è contenuta nell’indagine dei carabinieri che oggi, coordinati dalla Dda di Napoli, hanno portato a compimento una operazione contro la criminalità organizzata di Marano. Per i due assassini del cronista del Mattino, e per le loro famiglie, il flusso di denaro è rimasto ininterrotto, per tutto questo tempo, nonostante il controllo degli affari illeciti sia passato per le mani di addirittura tre clan, spesso entrati in conflitto armato tra loro

Guerre di camorra, cambi di al vertice del potere criminale, faide tra gli stessi clan un tempo alleati. Negli ultimi 35 anni è successo di tutto nella geografia del potere mafioso in Campania. Una sola costante non è mai cambiata: il sostegno economico versato dalla camorra ai due killer ergastolani del giornalista Giancarlo Siani, trucidato sotto casa, nel quartiere Vomero di Napoli, il 23 settembre 1985. A premere il grilletto sul cronista del Mattino a bordo della sua Citroen Mehari furono Ciro Cappuccio e di Armando Del Core. Che da 35 anni beneficiano di un sostegno economico erogato anche alle loro famiglie. Un welfare di camorra trasversale, nel senso che a stipendiare i due assassini e i loro parenti sono stati negli anni diversi clan, a volte anche in guerra tra loro.

La notizia è contenuta nell’indagine dei carabinieri che oggi, coordinati dalla Dda di Napoli, hanno portato a compimento una operazione contro la criminalità organizzata di Marano di Napoli. I militari hanno notificato 16 misure cautelari emesse dal gip nei confronti di altrettante persone ritenute legate al clan Polverino, accusate di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e all’intestazione fittizia di beni, reati aggravati dal metodo mafioso.

Non è una novità che i clan paghino le cosiddette “mesate“, cioè gli stipendi, anche ai familiari dei “caduti nell’adempimento del dovere criminale” – cioè chi viene ammazzato – o a chi finisce in carcere, senza mai rompere il patto di fedeltà alla camorra. Il fatto inedito in questa vicenda è che per i due killer di Siani, e per le loro famiglie, il flusso di denaro sia rimasto ininterrotto, per tutto questo tempo, malgrado il controllo degli affari illeciti sia passato per le mani di addirittura tre clan: prima i Nuvoletta, poi i Polverino e infine gli Orlando.

Per Paolo Siani, fratello di Giancarlo, quest’indagine dimostra che la lotta alle mafie “non può essere lasciata solo ai magistrati e alle forze dell’ordine. Non bastano le manette e gli arresti. C’è bisogno di un grande intervento sociale sul territorio. C’è bisogno di ridare opportunità e speranza, perché il vero welfare che da benessere ai cittadini è quello dello Stato, non certo quello criminale”.

Per le famiglie Cappuccio e Del Core, “foraggiati” separatamente in cella, il welfare criminale non è venuto meno neppure quando tra i Polverino e gli Orlando, sono sorti attriti “armati“. Una circostanza che ha spinto gli inquirenti a ritenere che i servigi resi da questi due assassini – che con le loro famiglie non hanno mai rotto il vincolo criminale con i clan – fossero considerati di grande autorevolezza dai boss liberi. Dopo aver ammazzato Siani – che aveva 26 anni – Cappuccio e Del Core tornarono nel loro covo per festeggiare con i boss che avevano impartito l’ordine stappando una bottiglia di champagne. A decidere che Giancarlo dovesse morire furono i clan Nuvoletta e Gionta, con i boss Angelo Nuvoletta e Luigi Baccante. Una punizione per lavare l’onta dell’infamia. In un articolo Giancarlo scrisse che l’arresto di Valentino Gionta fu reso possibile grazie a una soffiata dei suoi alleati, i Nuvoletta, appunto.

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