Copertina, titolo, informazioni generali, poi una scritta: “Fatti e nomi sono di pura fantasia. Chi vi si volesse riconoscere commetterebbe solo un inutile peccato di vanità”. La frase, arcinota, è di Andrea Camilleri. Chi l’ha inserita nelle pagine iniziali del suo primo libro è Roberto Oliveri del Castillo. Napoletano, magistrato, dal 2000 al 2013 a Trani, poi a Bari. Nel 2015 il suo nome è associato a un piccolo caso editoriale che ha avuto riverberi tutt’altro che letterari. Quella famosa citazione di Camilleri si trova infatti in Frammenti di storie semplici, il romanzo scritto dal giudice e pubblicato a fine 2014 da Città del Sole, case editrice di Reggio Calabria. Oliveri del Castillo racconta gli intrallazzi e i giochi di potere di un ufficio giudiziario in provincia di Bari: procuratore capo, magistrati, giudici, poliziotti, avvocati e imprenditori tutti insieme appassionatamente in una sorta di accolita criminale in grado di piegare la giustizia agli interessi personali. Ruolo supremo per fini terreni, insomma.

Licenza letteraria? Può essere. Nelle storie narrate dal giudice, però, sono in molti a vedere fatti realmente accaduti: alcuni addirittura si riconoscono nei personaggi del libro, siano essi vittime o carnefici. E ne parlano tra loro. Come si fa a saperlo? Perché mentre ne parlano sono intercettati da chi sta indagando sul Sistema-Trani, inchiesta della Procura di Lecce che a gennaio 2019 ha portato in carcere il pm Antonio Savasta, il gip Michele Nardi e un ispettore di polizia, mentre nel registro degli indagati sono finiti un altro pm (Luigi Scimè) e tutta una serie di avvocati e imprenditori. Figure e ruoli diversi, ma tutti accomunati da un minimo comun denominatore, almeno a sentire l’accusa: Trani e un giro di intrallazzi, soldi e indagini deviate o create appositamente per estorcere denaro a qualche facoltoso imprenditore in cambio della fine della sua vicenda giudiziaria. Uno di questi è Francesco Casillo, di Corato, il re del grano: in Aula ha ammesso di aver pagato oltre 400mila euro al Sistema per far archiviare nel nulla un’indagine che lo aveva portato in carcere al pari di due suoi fratelli e una sorella.

La storia di Casillo, però, è davvero troppo simile a quella di tal Granello, imprenditore vessato dal Sistema deviato della giustizia e raccontato in Frammenti di storie semplici. Storie, appunto. Perché nel libro del giudice scrittore sono tante le vicende raccontate. Per molti sono anche troppe, tanto che qualcuno prova almeno a silenziarle. E’ il caso del magistrato Savasta, che nel 2016 cerca di bloccare la presentazione del libro a Barletta, la sua città. Lo si legge sempre nelle carte dei pm di Lecce. Non ci riesce e manda qualcuno alla presentazione, dove però ci sono i carabinieri che stavano indagando e annotano il comportamento degli amici del pm. Non che la prima presentazione fosse andata liscia. A giungo 2015 Oliveri del Castillo presenta il suo libro a Bari: dopo pochi giorni dalla Procura di Trani (città mai nominata nel libro) parte un esposto disciplinare e penale (che non porterà a nulla) in cui si prefigurava una lesione del prestigio della magistratura. Successivamente il Csm convoca il giudice scrittore per sentirlo nell’ambito di un procedimento di incompatibilità ambientali riguardante altri magistrati in servizio a Trani. Nel giugno 2016, a Palazzo dei Marescialli Oliveri del Castillo conferma che i personaggi del libro non sono identificabili con i suoi ex colleghi di Trani, ma aggiunge che alcuni dei fatti raccontati nel romanzo prendevano spunto da cronaca giudiziaria nazionale e locale e vicende professionali adattate e modificate. Stessa, identica versione confermata di lì a pochi mesi anche ai pm di Lecce che indagavano sul Sistema Trani.

E chi era il procuratore capo di Trani nel periodo a cui si riferiscono le indagini dei pm salentini? Carlo Maria Capristo, procuratore capo di Taranto, arrestato il 19 maggio dalla Procura di Potenza, competente per i reati commessi dai magistrati del capoluogo ionico. Secondo chi indaga, tramite un suo uomo di fiducia (il poliziotto Scivittaro, anche lui arrestato) Capristo aveva cercato di condizionare il lavoro di una giovane pm di Trani per favorire tre imprenditori pugliesi (i fratelli Mancazzo, arrestati). Insomma, per i magistrati di Potenza Capristo avrebbe cercato di controllare la Procura di Trani anche dopo il suo trasferimento, tanto che chi è arrivato dopo di lui, Antonino Di Maio, è indagato per favoreggiamento nella stessa inchiesta. Tutto a Trani, come in quel piccolo ufficio giudiziario del Sud Italia raccontato nel libro di Oliveri del Castillo (che in estate ha in uscita un secondo romanzo Indagine su un burattinaio, sempre per Città del Sole).

Il 19 maggio, però, succede anche un altro fatto. A poche ore dall’arresto di Capristo, una donna di Molfetta pubblica la copertina di Frammenti di storie semplici sulla sua pagina Facebook, accompagnata da una sola parola: silenzio. Quella donna è Mariangela Azzollini, nipote di Antonio Azzollini, ex senatore di Forza Italia, per 12 anni e mezzo presidente della Commissione Bilancio di Palazzo Madama. Negli ultimi anni il senatore è finito al centro di due grossi scandali giudiziari: la presunta truffa al porto di Molfetta (città di cui Azzollini è stato sindaco) e il crac della casa di cura Divina Provvidenza di Bisceglie. Accuse gravissime, una su tutte: associazione per delinquere. In entrambe le inchieste a indagare era la procura di Trani, che per due volte chiede l’arresto del parlamentare di Forza Italia. Invano. Perché il Senato salva Azzollini, che in una audizione davanti alla Giunta per le Immunità di Palazzo Madama si presenta – guarda caso – con una copia del libro di Oliveri del Castillo. Come sono andati a finire i processi? Per la truffa al porto di Molfetta, a dicembre 2019 il giudice ha assolto tutti con formula piena perché il fatto non sussisteva. A gennaio 2020, invece, Azzollini è stato condannato a un anno e tre mesi in primo grado per concorso in bancarotta semplice per la mancata tempestiva richiesta di fallimento della casa di cura Divina Provvidenza. Imputazione grave, ma di certo più leggera di quanto prospettato dall’accusa.

Azzollini non ha mai parlato degli arresti dei pm che lo hanno indagato e chiesto per lui l’arresto. “Non gioisco mai dei provvedimenti di restrizione della libertà personale. E ritengo che in questi casi il silenzio è il modo migliore di commentare” ha detto l’ex senatore a ilfattoquotidiano.it. A chi gli si chiede se abbia mai visto una sorta di vuoto a rendere dietro le accuse nei suoi confronti, Azzollini risponde parlando di politica: “Ho sempre pensato che le mie vicende giudiziarie erano utili ai miei avversari, ma non ho mai messo in diretta connessione l’azione della Procura di Trani con le mie vicende politiche”. Resta il paradosso: l’accusatore ai domiciliari, l’accusato eccellente in libertà. Azzollini parla di un “problema di alcuni settori della magistratura inquirente”, poi però riflette e sottolinea: “Ho dimostrato di credere alla giustizia rinunciando alla prescrizione e andando fino alla fine nei processi. Ero e sono convinto che il mugnaio di Brecht aveva ragione, c’è sempre un giudice a Berlino“. E non è Oliveri del Castillo: “No, non è lui” ride Azzollini. E a chi ricorda di quel libro portato in Senato per difendersi, l’ex parlamentare dice: “Ho solo detto che c’era un giudice che aveva scritto certe cose. E che quella situazione andava attenzionata prima”. Prima che arrestassero tutti e che quei Frammenti di storie semplici divenissero pezzi di un mosaico tremendamente complicato. “Inutile peccato di vanità“? No: le carte delle inchieste dei pm di Lecce e Potenza.

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