Due voti, poche ore di differenza e due esiti che appaiono ben più di una semplice coincidenza. Dietro le quinte ancora loro: i due Mattei, Salvini e Renzi, leader sui fronti opposti ma dagli interessi (capita ormai spesso) combacianti. C’è un filo che lega Roma e Milano e per seguirlo basta osservare la cronaca. Inizia nella Capitale, intorno all’ora di pranzo: la giunta per le Immunità del Senato dice no al processo sul caso Open Arms per il leader del Carroccio e lo fa grazie ai voti dissidenti di due M5s (uno di questi da poco ex), ma anche grazie all’astensione di Italia viva. Passano poche ore, primo pomeriggio a Milano: il consiglio regionale elegge con i voti del centrodestra la presidente della commissione d’inchiesta sulla gestione della pandemia. E attenzione, non una qualsiasi: elegge la candidata renziana, quella che già aveva dimostrato carte in regola non votando la sfiducia all’assessore Giulio Gallera e oggi è la pedina che permette il colpo di mano perfetto. Le opposizioni avevano proposto un altro nome? La maggioranza se ne frega e va avanti. “Si deve dimettere”, prova a dire il renziano Ettore Rosato da Roma e non si capisce se fa sul serio o regge la parte. Si vocifera che per risolvere la situazione potrebbe anche farlo, si temporeggia qualche ora, ma di fatto il passo indietro non arriverà mai. E’ troppo tardi.
Cos’è successo? Renzi tace, Salvini pure. Ma nella maggioranza dicono che non hanno bisogno di altre prove: “Parlano i fatti”, e quello tra i “due Matteo” se non è un patto almeno è un dialogo costante nel cercare lo sgambetto giusto per far saltare l’esecutivo. “Non è una novità che i rapporti tra loro siano fluidi”, commentano da Roma mentre cercano di capire cosa succede al Nord. Per gli esponenti Pd e M5s in Lombardia, il gioco è chiaro e lo denunciano subito: “Erano d’accordo”. Più tiepidi i loro rappresentanti nazionali che sanno come a ogni dichiarazione coincidano terremoti. Il leader del Carroccio, arrivata sera, interviene e smentisce tutto. “Con Renzi siamo il giorno e la notte, con tutto il rispetto, senza dire che io sono il giorno e lui la notte”. Dopo una giornata nella quale ha ottenuto tutto quello che sperava, c’era bisogno di dire altro? E’ vero, su Open arms la partita è ancora aperta: sarà l’Aula del Senato a votare per decidere se Salvini deve salvarsi oppure no dal processo. E quali saranno i voti decisivi? Proprio quelli dei renziani che, per l’ennesima volta nel giro di poche settimane, potranno andare dal premier a battere cassa per restare “leali” all’esecutivo.
Che l’asse sia reale o solo fortuito (per loro), la cronaca racconta che per due volte nel giro di poche ore la maggioranza di governo è stata messa in difficoltà dalle opposizioni con l’aiutino del doppio gioco renziano. E se in Senato, a dare una mano a Renzi ci hanno pensato i 5 stelle, in Lombardia l’opera porta solo la firma di Italia viva. L’ipotesi Patrizia Baffi, neo esponente Iv, alla guida della commissione covid era già emersa nei giorni scorsi, ma in pochi credevano (o speravano, a seconda delle parti) che l’operazione sarebbe andata a buon fine. Una scelta inaccettabile per i dem, che hanno annunciato non parteciperanno ai lavori. “Una coalizione e una giunta che non hanno nulla da nascondere”, ha scritto su Twitter il vicesegretario Pd Andrea Orlando, “non si scelgono il presidente della commissione di inchiesta che compete all’opposizione”. Ma pure per i 5 stelle, non è possibile che le indagini interne sul modello Lombardia siano affidate a persone scelte dallo stesso centrodestra: “In Lombardia l’arroganza della Lega non ha limiti”, ha detto il capo politico M5s Vito Crimi. “Questa non è una commissione d’inchiesta: è un paravento, un tappeto sotto il quale cercheranno di nascondere gli errori e l’incapacità di gestione del duo Fontana-Gallera”. Per Matteo Salvini, “l’ennesima speculazione M5s sui morti”, ma tanto il risultato a cui puntava lo ha già portato a casa.
A Roma lo scontro è su Salvini, tenendo per ora fuori Renzi. Perché quella partita rischia di far crollare tutta la coalizione. Ma a Milano, le reazioni di Pd e M5s sono le più dure di tutte: l’amarezza per il tatticismo di alcuni, è diventata ben presto rabbia per aver perso la guida della commissione più importante per far luce sulla gestione lombarda della crisi sanitaria. “Oggi si è finalmente consumato l’accordo tra Salvini e Renzi: tu salvi il posto a me e io do una poltrona a te“, dichiara il dem Marco Carra della segreteria regionale. “A questo punto sarebbe giusto aprire una riflessione seria sul rapporto tra il Pd e Italia Viva da ogni latitudine, per evitare di essere continuamente presi per in giro da Renzi, dal momento che lo ha già fatto per molti anni nei confronti della sinistra, provando a distruggerla”. Dichiarazioni che avrebbero potuto pronunciare i 5 stelle. Tanto che il collega M5s Dario Violi si associa poco dopo: “Italia Viva oggi entra a tutti gli effetti nel centrodestra. È lo stesso gruppo politico che proprio questa mattina ha salvato Salvini da un processo a Roma. Evidentemente la Lega gli ha restituito il favore in Lombardia”.
Ma se le opposizioni fanno le opposizioni, fino a quando Renzi potrà tirare la corda nella maggioranza? Indiscrezioni serali raccontano di un Giuseppe Conte furioso: Italia viva provoca continuamente e c’è un limite anche alle mediazioni. Insomma, quello di oggi è apparso proprio come uno sfregio e anche gratuito perché, almeno sul caso Open Arms, i renziani nemmeno sono stati decisivi. “Un dispetto e basta”, commentano nella maggioranza. “Se Renzi e Salvini avessero trovato un altro modo per fare un governo, lo avrebbero già fatto”. Ma finché la via d’uscita non c’è e i sondaggi danno Iv inchiodata al 2 per cento, Renzi non andrà da nessuna parte. Anche se l’insofferenza nella coalizione è tanta. “Oggi il comportamento di Italia viva è stato più vicino alla Lega che alla maggioranza di cui fa parte”, ha detto il deputato di Leu Luca Pastorino. “Vista dall’esterno non si può non pensare che sia stato uno scambio. Lo dico, peraltro, con rammarico e senza alcun spirito polemico: non serve neanche, perché basta mettere insieme i fatti. A questo punto, però, è necessario arrivare a un chiarimento sulla natura dell’alleanza“. Eppure questa settimana era già stata risolta l’ennesima crisi con Italia viva: dopo le minacce di dimissioni rientrate della ministra Iv Teresa Bellanova di 15 giorni fa, era stata la volta del voto per sfiduciare il collega Bonafede con la minaccia (poi sventata) di votare con il centrodestra. Insomma, ogni due giorni Italia viva va convinta di stare in maggioranza e in cambio di partite che rimangono lontane dai riflettori: “Il ‘no’ alla sfiducia al ministro Bonafede”, ha concluso Pastorino, “sembrava il preludio a un confronto più chiaro nella maggioranza. Dopo pochi giorni, con un doppio colpo in poche ore, Matteo Renzi torna al punto di partenza. Alza il livello dello scontro tra gli alleati, e alla fine sembra più a suo agio con Salvini“. Logorare per chiedere sempre di più, questo è il piano. Almeno fino a quando glielo lasciano fare.