In una nota la Procura retta dal Pg Salvi spiega che dalla procura di Perugia sono giunti "ulteriori atti" dell’inchiesta sul pm romano la cui valutazione è "indispensabile ai fini delle considerazioni conclusive sulle azioni disciplinari esercitate e sulle eventuali nuove azioni da assumere". Per quanto riguarda Cosimo Ferri, toga "prestata" alla politica e ora senatore di Italia viva, la pg spiega poi che la Consulta ha dichiarato "inammissibile" il suo tentativo di bloccare l’utilizzo delle intercettazioni delle sue conversazioni con il magistrato sotto inchiesta
Dalla procura di Perugia sono giunti “ulteriori atti” dell’inchiesta sul pm romano Luca Palamara, la cui valutazione è “indispensabile ai fini delle considerazioni conclusive sulle azioni disciplinari esercitate e sulle eventuali nuove azioni da assumere“. Lo scrive la procura generale della Cassazione in una nota che lascia presagire l’arrivo di nuove atti d’incolpazione nei confronti dei magistrati registrati con Palamara. Tra questi anche Cosimo Ferri, toga prestata alla politica (è senatore del partito di Matteo Renzi) che – dice sempre la Suprema corte – si è appena visto rigettare dalla Consulta il ricorso per essere stato intercettato indirittamente dal trojan installato sul telefonino di Palamara.
A distanza da un anno dalla notizia sull’indagine, il caso nomine continua a provocare scosse di terremoto nel mondo della magistratura. Le nuove intercettazioni dall’inchiesta di Perugia, con l’Anm andata in pezzi dopo le dimissioni del presidente e del segretario, hanno portato il guardasigilli Alfonso Bonafede e dover mettere in cima alla sua agenda una riforma del Csm per depotenziare la grande influenza delle correnti.
Ma neanche la magistratura è rimasta ferma. Dopo la chiusura dell’indagine la procura umbra ha inviato tutti gli atti in Cassazione, visto che la procura generale è titolare dell’azione disciplinare sui magistrati. Sono arrivate talmente tante carte che il pg della Suprema corte Giovanni Salvi ha dovuto costituire una apposita task force di sostituti incaricata di passare al setaccio tutte le chat, le conversazioni, gli sms conservati nel cellulare di Palamara, ex presidente dell’Anm e ‘kingmaker‘ del risiko delle nomine che un anno fa ha travolto il Csm.
“Il 22 aprile 2020 sono pervenuti dalla Procura di Perugia ulteriori atti”, che si stanno valutando anche in vista di “nuove azioni da assumere”, spiega la nota diffusa dal Palazzaccio. Sono diverse decine di migliaia gli sms e le chat, in larga parte di contenuto estraneo al procedimento processuale, che sono da analizzare. Per andare avanti rapidamente “è stato costituito un apposito gruppo” di ‘ermellini, e il Pg Salvi – titolare dell’azione disciplinare, come il Guardasigilli – assumerà “le sue determinazioni conclusive non appena sarà completato questo lavoro, e ciò in tempi molto stretti”.
Si scava dunque alla ricerca di altri eventuali illeciti disciplinari, dopo la pubblicazione delle intercettazioni dalle quali è emersa la fitta rete di toghe che avrebbero contattato Palamara per ottenere favori legati alla carriera, e non solo. In “tempi brevi“, assicura la Procura della Cassazione tutto il materiale sarà analizzato e si deciderà se mettere altri magistrati, registrati dal trojan iniettato nel telefonino di Palamara, sotto incolpazione.
Il pg Salvi ricorda di aver già “esercitato l’azione disciplinare” nei confronti di Palamara, sospeso da funzioni e stipendio, e anche nei confronti dei componenti del Consiglio superiore della magistratura Corrado Cartoni, Paolo Criscuoli, Antonio Lepre, Gianluigi Morlini e Luigi Spina, tutti dimessisi in seguito alla tsunami deflagrato a Palazzo dei Marescialli. Per quanto riguarda Cosimo Ferri, toga “prestata” alla politica e ora senatore di Italia viva, la pg della Suprema corte spiega che la Consulta ha dichiarato “inammissibile” il suo tentativo di bloccare l’utilizzo delle intercettazioni delle sue conversazioni con Palamara. La Procura della Cassazione sottolinea che anche per lui è già in corso l’azione disciplinare: “Per ciò che riguarda il dottor Cosimo Ferri – scrivono gli ermellini – deputato della Repubblica per il quale pure è stata iniziata l’azione disciplinare, la Corte costituzionale ha oggi deciso sul conflitto di attribuzione dallo stesso sollevato, dichiarandolo in ammissibile“. Il parlamentare renziano sosteneva di essere stato illegittimamente sottoposto, in via indiretta, a intercettazioni in assenza dell’autorizzazione della Camera e poi, sulla base di tali intercettazioni, all’azione disciplinare esercitata dal Pg. La Consulta gli ha dato torto.