Sullo sfondo ci sono le frizioni tra la cosca Rosmini e gli Zindato per il controllo del territorio di Modena, un quartiere della zona sud di Reggio Calabria. Al centro dell’inchiesta “Cemetery boss”, invece, ci sono gli interessi economici della ‘ndrangheta nell’edilizia e il monopolio sui lavori al cimitero. L’ordinanza di custodia cautelare è scattata stamattina all’alba. La Squadra mobile ha arrestato 10 persone: 9 sono finiti in carcere con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso. Il decimo, invece, è accusato di concorso esterno con le cosche. Si tratta del funzionario pubblico Carmelo Manglaviti, responsabile del servizio cimiteri per il Comune di Reggio Calabria.

L’inchiesta, coordinata dal procuratore Giovanni Bombardieri e dai sostituti della Dda Stefano Musolino e Sara Amerio, ha consentito di ricostruire gli assetti e le dinamiche criminali della cosca Rosmini, federata alla famiglia mafiosa dei Serraino, guidata dal “capo società” Franco Giordano che anni fa aveva subito un attentato. Nei confronti di Franco Giordano, il giudice per le indagini preliminari ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere così come per alcuni elementi di vertice e componenti della famiglia mafiosa: Nicola Alampi, e Salvatore Claudio Crisalli detto “Peppe”.

In carcere sono finiti anche Demetrio Missineo e Rocco Richichi, ritenuti esponenti della cosca Zindato che opera nello stesso territorio, il quartiere Modena, dei Rosmini. Il responsabile pro tempore dei servizi cimiteriali del Comune Carmelo Manglaviti è ritenuto responsabile di aver favorito la cosca Rosmini nei processi di imposizione del monopolio sui lavori edili all’interno del cimitero di Modena, assurgendo ad uomo chiave nello scacchiere del sodalizio criminale.

Stando alla ricostruzione della Dda di Reggio Calabria, il funzionario comunale è accusato di aver permesso al referente imprenditoriale della cosca, Franco Giordano, e agli altri sodali Salvatore Crisalli e Massimo Costante di operare indisturbati nella realizzazione di ogni lavoro edile all’interno del cimitero di Modena: dalla tumulazione e estumulazione delle salme all’edificazione e ristrutturazione delle cappelle funerarie:

Il tutto senza essere titolari di alcuna ditta. Nessun’altra impresa edile si poteva avvicinare senza essere autorizzata dai Rosmini che, in questo modo, erano di fatto i padroni del cimitero comunale, diventato la base amministrativa della cosca. Era lì, infatti, che gli uomini del clan ricevevano clienti, stipulavano accordi, formalizzavano vendite con i privati cittadini che richiedevano interventi edili all’interno della struttura cimiteriale.

Determinanti, per gli investigatori della mobile di Reggio Calabria, si sono rivelate le intercettazioni telefoniche e ambientali. Ma anche le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia tra cui c’è un nuovo pentito, Federico Greve, che oggi sta spiegando ai pm le dinamiche interne alle famiglia Rosmini di cui faceva parte. Nell’inchiesta “Cemetery Boss” vengono contestate anche alcune intestazioni fittizie e l’omicidio di Franco Fabio Quirino, ucciso nel marzo 2014. Per il delitto, però, non è stata emessa la misura cautelare dal gip Domenico Armaleo.

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